Capitolo 4

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Ricordo bene, quando Margareth aveva tirato un pugno nello stomaco di Jess, quando lo vide all'entrata della scuola.

"Lurido bastardo!" Aveva urlato.

Rimasi scioccata dalla scena, tanto che non seppi cosa dire.
"Stronza, giuro che questa te la faccio pagare..." Mormorò Jess che era accasciato a terra in preda al dolore, mentre Blake e Richard si guardavano confusi ed eccitati allo stesso tempo.

Cassie ovviamente se la squagliò prima che Maggie si riprendesse dal pugno appena sferrato.

Rick aiutò Jess ad alzarsi mentre io e Margareth andammo in classe.

Più tardi, quando all'intervallo spiegai la situazione a Blake e Richard, Jess non osò più avvicinarsi.

"Che stronzo." Affermò Rick, scuotendo la testa.

Margareth fece una smorfia. "Siete tutti uguali voi maschi, se una non ve la da, passate subito a un'altra." Disse.

"Dai Maggie, non siamo mica degli animali." Borbottò Blake.

"Sopratutto te Blake, che passi da una ragazza all'altra ogni giorno." Ribatté Mag.

Risi.

"Cosa faremo con Jess, allora? Chiese Richard.

"Non è ovvio? È fuori, come lo è Cassie.

Se volete stare con loro, bene, stateci pure, io e Eff abbiamo chiuso con loro."

"A me non è mai piaciuta Cassie." Ammise Blake. "Anche se ha un bel cul..."

Margareth gli diede un pugno sul braccio. "Sei peggio di un maiale!"

"Stai insultando i maiali, Maggie." Disse Rick, ridendo.

Quei tre mi facevano morire.

"Mi hai fatto male, scema!" Disse Blake, massaggiandosi il punto in cui Margareth lo aveva colpito.

"Io sto con Eff e Maggie." Annunciò Richard.

"Anch'io." mugugnò Blake.

Non partecipai nemmeno per un istante alla conversazione.

Non sapevo il perché, ma sentivo una barriera separarmi da loro.

Erano lontani chilomentri.

Continuai a fingere di stare bene per il resto della giornata, anche se non era così.

Non stavo affatto bene ma nessuno se n'era accorto.

Nel pomeriggio, suonò alla porta Rosso.

Altre due ore di ripetizione ci aspettavano.

Ero stanchissima, e di studiare non se ne parlava proprio.

Feci uno sforzo e provai a stare attenta ma se mi faceva qualche domanda, zero.

"Effy, ma cos'hai oggi?"

"Cosa?" Chiesi, scuotendo la testa.

Mi ero persa per un istante tra i miei pensieri.

"Stai bene?" Domandò preoccupato.

Annuii anche troppo velocemente. "Certo che sto bene."

Sorrisi.

Era il sorriso più falso che potessi fare.

"Effy, ho 20 anni, certe cose non funzionano con me."

Il sorriso svanì e rimasi a fissare il tavolo pieno di fogli.

"Cos'è che non va?"

Corrucciai la fronte e iniziai a pensare.

"Tutto e niente."

"Cosa vuoi dire?"

"Non lo so.

Ogni volta che sento di poter essere felice, quella sensazione sparisce subito e viene occupato dalla paura, dall'insicurezza.

Come se io non mi meritassi di poter essere felice.

Come se... come se ci fosse sempre qualcosa che mi vieta di esserlo davvero." Mormorai, assente.

Curvai le labbra in un triste sorriso.

"Effy.." Mi chiamò Rosso.

Mi voltai verso di lui e mi accorsi che stavo piangendo.

Le lacrime scendevano veloci e silenziose, andando a sbiadire gli appunti che avevo preso.

"Effy, tu meriti di essere felice, lo meriti davvero, credimi." Disse e mi guardò dritta negli occhi.

Quelli, erano occhi che ti dicevano sempre la verità, di qualunque cosa si trattasse.

Sorrisi.

"Perché non riesco ad esserlo allora?" Chiesi, coprendomi il volto con le mani.

Silenzio.

"Perché non stai vivendo davvero.

Quello che tu credi sia vivere, è solo una barriera che stai ponendo tra te e la vita.

Stai scappando via, anche se non te ne accorgi.

E dimmi tu, come potresti essere felice, essendo una fuggitiva?" Disse, asciugandomi le guance. "Vivere è restare, e solo restando potrai essere felice."

RED (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora