Capitolo 6

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"Cosa?" Chiesi, pensando di aver capito male.

Singhiozzò.

"Scusami, Eff, scusami." Continuò a ripetere.

Non riuscivo a capire il motivo per cui si continuava a scusare.

La spiegazione arrivò presto.

"Lo scorso mese, alla festa di Susan, eravamo entrambi ubriachi..."

"Tu e chi?"

No, non volevo sentire la risposta, non volevo, ma era troppo tardi, avevo già formulato la domanda.

"Jess." Rispose, ancor più silenziosa di prima.

Non dissi nulla.

Niente urla, niente di niente.

Ed era peggio così.

"Effy, scusami...per favore, rispondimi." Mi pregò, disperata.

La sua voce mi arrivava lontano, così lontano che, a stento la sentivo.

Mi voltai verso il soffitto, le lacrime scendevano silenziose, e nemmeno me n'ero accorta.

"Effy, scusami!" Urlò disperata. "Ti prego..."

Pianse, ancor di più di prima.

"Urlami, insultami, per favore, non stare in silenzio."Mi pregò.

Lentamente, sentii qualcosa dentro di me, crollare.

Margareth si alzò, e si asciugò le lacrime.

Prese la sua giacca e, sempre singhiozzando, mormorò un'ultima volta : "Scusami".

Uscì dalla stanza e chiuse silenziosamente la porta.

Incredibilmente, sentivo ancora il cuore battermi forte nel petto.

Sembrava voler scoppiare da un momento all'altro.

Strinsi le mani in un pugno è chiusi gli occhi.

Speravo fosse semplicemente un incubo, un orribile incubo, ma non lo era.

La mattina dopo, ero uno straccio.

Non avevo voglia di alzarmi da letto, né di andare a scuola, né di affrontare tutti quelli che vi erano dentro.

Mi trascinai in bagno, dove, mentre stavo lavando i denti, vomitai.

Mi toccai la fronte e sentii che era bollente.

Mi diedi una lavata alla faccia e pulii il vomito, stando a malapena in piedi.

Scesi in cucina e presi il termometro.

38.7.

La febbre proprio non ci voleva.

Papà, come al solito, non era ancora a casa.

Mangiai qualche cracker, anche se ad ogni boccone che mettevo giù, la nausea cresceva.

Dopo averli finiti presi una pastiglia e andai di nuovo a letto.

Dormii fino a mezzogiorno.

Quando mi svegliai, stavo già meglio.

Sentii qualcosa, appoggiato sulla mia fronte.

Era un panno bagnato.

Mi misi su a sedere e mi guardai attorno.

Sentii qualcuno salire le scale.

Presi la prima cosa sotto mano e mi preparai a lanciare, pensando che fosse un ladro o qualcosa del genere.

Notai che era in realtà papà.

Confusa chiesi : "Che ci fai qui?"

"Okay che passo più tempo in ospedale che qui, ma resta pur sempre camera mia." Borbottò.

Feci una smorfia.

Feci per alzarmi, ma prima che potessi far qualsiasi cosa, mi disse :"Devi restare a letto, e riposare."

"Da quando in qua ti preoccupi per me?" Bofonchiai.

"Effy, sono tuo padre, mi preoccupo sempre per te."

Gli lanciai un'occhiata.

Non avevo voglia di litigare con lui in quel momento.

Mi sdraiai e sospirai. "Ho fame."

"Ho preparato il brodo di pollo, ne vuoi un po'?"

Annuii, stanca.

Quando finii di mangiare, lo portò giù e risalì nuovamente. "Senti Effy, ora devo andare, stai a letto, mi raccomando."

Ecco che metteva il lavoro al primo posto un'altra volta.

Mi voltai, senza dire nulla.

Forse era la febbre, forse era perché la notte precedente avevo saputo di Jess e Margareth, ma avevo una grande voglia di piangere.

"Ritornerò questa notte."

Abbassai le palpebre e feci un lungo respiro.

Chiuse la porta e se ne andò silenziosamente.

Era tutto okay.

Sto bene, sto bene, sto bene, continuavo a ripetermi, mentre le lacrime scendevano lentamente, bagnando le mie guance.

Mi alzai e andai in bagno.

Aprii il rubinetto e feci scorrere l'acqua.

Mi bagnai le guance e la fronte.

Alzai il volto, e vidi il mio riflesso nello specchio.

Chiusi il rubinetto e sbattei le mani contro il vetro.

Inspirai profondamente, tra un singhiozzo e l'altro.

A pomeriggio inoltrato, venne Rosso.

"Mi ha chiamato tuo padre, dicendomi che avevi la febbre e che non avresti potuto studiare, è tutto okay?"

Provai a sorridere, ma finii col scoppiare a piangere.

Mi coprii il volto con le mani, e cercai di calmarmi.

Impossibile.

"Effy..." Disse e mi abbracciò.

"Non piangere."

Solo dopo mezz'ora, smisi di piangere, solo perché non avevo più lacrime da piangere.

Mi girava così tanto la testa, che non riuscivo nemmeno a reggermi in piedi.

"Aspetta..."

Rosso si abbassò e mi prese in braccio.

La facilità e la delicatezza con cui mi fece sentire come se fossi una cosa estremamente fragile.

Mi mise a letto e mi asciugò le guance.

Ero confusa e assonnata.

"Rosso..." Mormorai, con gli occhi chiusi. "...resteresti, per favore?

Sentii una sua mano stringere la mia e l'altra accarezzarmi i capelli.

"Non andartene..." continuai, incosciente di ciò che stavo dicendo "...va bene?"

"Va bene." Rispose dolcemente.

Rilassai i muscoli e lasciai al sonno, travolgermi.

RED (#Wattys2016)Donde viven las historias. Descúbrelo ahora