1• « Esiste il destino? »

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Il trasferimento a Seoul era stato tranquillo. Nessun bagaglio smarrito all' aeroporto, nessuna perdita dei documenti di viaggio e avevano trovato immediatamente l' appartamento. Era una residenza normale; una sala con cucina, due camere da letto ed un bagno.
Ma ciò che aveva colpito il ragazzo non era stata la casa in sé ma sapere di essere in un sottotetto e poter uscire su questo da una finestrella della sua stanza. Avrebbe passato modo del suo tempo proprio in quella zona della casa.
La madre di Taehyung era una bella donna ma troppo stanca per potersi curare con creme o trucco. Il lavoro da infermiera era già abbastanza pesante ma lei si caricava di doppi turni per poter mantenere il figlio. Era una donna forte agli occhi del ragazzo che studiava molto per poter ricambiare tutti quei suoi sforzi come meglio poteva.
Era la sua prima sera in una città straniera e si era ritrovato da solo. Non gli dispiaceva, non percepiva la solitudine, anzi. Passare del tempo con se stesso era ciò che preferiva.
Abituato ai turni serali della madre, Taehyung passava molte delle sue serate fuori casa. Non avrebbe perso l' abitudine solo perché si trovava in un posto che non conosceva.
Avrebbe trovato un luogo dove poter passare la notte a scattare meravigliose fotografie.
Con solo una macchina fotografica appesa al collo, il giovane uscì per le strade di Seoul senza una meta precisa. Semplicemente girovagando.

Esiste il destino? Il filo rosso che lega due persone come nella leggenda Giapponese. Le scelte sono state già scritte?
Jimin non aveva mai creduto al destino. Lui percorreva la strada che desiderava. Il fato non esisteva. O così pensava.
Eppure Park Jimin non era mai uscito di notte, da solo, solo per camminare. Frequentava le feste insieme ai suoi amici, usciva la sera ma sempre in compagnia. Perché aveva, quindi deciso, di gironzolare per Seoul se non lo aveva mai fatto prima?
Il desiderio di aria fresca sulle guance, forse. Qualcosa lo aveva spinto ad uscire di casa.
Fino a quel momento, l' idea di passare il suo tempo in un parco non era nel suo ideale di divertimento. Alberi, erba.
Con le mani nelle tasche del suo giubbino di pelle nera, passeggiava tranquillamente. I lampioni illuminavano tutto il percorso e l' aria di marzo non era così fredda perciò si trovava stranamente a suo agio.
Si era allontanato parecchio dall' ingresso. E quelle poche persone che aveva adocchiato inizialmente, non c'erano più.
Scoprì ben presto di non essere solo, comunque.  Sotto un grosso albero dal tronco robusto, c' era un ragazzo col viso rivolto verso l' alto.
Erano troppo lontano per vederlo chiaramente ma a Jimin sembrava un coetaneo.
Assottigliò lo sguardo per poterlo osservare meglio e, avvicinandosi un poco, poté notare qualche particolare in più.
I lineamenti non erano infantili o delicati come i suoi ma Jimin iniziò a pensare fosse il più bel ragazzo mai visto prima. Continuava a guardare verso il cielo scuro e di lui poteva vedere solo il profilo.
Nascosto dietro ad una macchina fotografica, Taehyung stava fotografando il panorama. Niente stelle. Non visibili.
Aveva trovato qualcosa che non gli piaceva di Seoul. Date le luci, le stelle sparivano. Avrebbe voluto contarle una ad una.
Lasciando cadere la macchina fotografica sul collo, un lieve broncio si dipinse sulla sua bocca.
Chissà dove vi state nascondendo, pensò il giovane, lasciandosi cadere sull' erba umida.
Jimin passò la mano tra i capelli che si erano fatti più freddi data la temperatura. Si era davvero sdraiato in mezzo al prato quello sconosciuto?
Il moro era completamente passato inosservato. Taehyung non si era minimamente accorto della sua presenza ma non era una novità dato che raramente prestava attenzione a chi lo circondava.
Non erano tanto distanti. Jimin si mise seduto sotto ad un altro albero, continuando a guardarlo in silenzio.
Di solito era il contrario; gli altri tenevano i loro occhi puntati su Jimin, quasi sempre al centro dell' attenzione. Nessuno era mai stato oggetto della sua di attenzione.
Qualcosa lo faceva restare là, con lo sguardo perso e la testa svuotata da ogni pensiero. Le gambe alzate al proprio petto, si sentiva attratto da una luce. Si chiedeva perché fosse là, cosa stava cercando nel cielo.
Con quella domanda, alzò il capo. Era solo buio ... Perché gli interessava tanto?
Forse il destino non era una sciocchezza. Forse, inconsapevolmente quel filo rosso era stato legato ai loro mignoli e loro dovevano solo scoprirlo.

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𝘿𝙖𝙣𝙘𝙞𝙣𝙜 𝙞𝙣 𝙩𝙝𝙚 𝙢𝙤𝙤𝙣𝙡𝙞𝙜𝙝𝙩. ( vmin ) Where stories live. Discover now