22 • «Non è una tua scelta, questa. »

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L' odore dell' ospedale dava la nausea a Jimin. Non sopportava tutto quel bianco, le luci accecanti, i medici che andavano avanti e indietro.
Seduto su una sediolina blu, teneva le mani sul viso. Queste tremavano visibilmente ed erano ancora leggermente rosse nonostante fosse passata un' ora da ciò che era successo.
Il ragazzo non smetteva di fremere. Sentiva freddo nelle ossa e non sapeva come ricevere calore.
Taehyung che era rimasto al suo fianco, percepì immediatamente che qualcosa non andava in Jimin e non poteva essere altrimenti. Per quanto il moro si atteggiasse ad un comportamento " da duro" e ribelle, rimaneva comunque un ragazzo del liceo come tutti gli altri. E in quel momento aveva terribilmente paura.
Il biondo al suo fianco lo strinse in un abbraccio, cercando di scoprire il viso per poterlo guardare. Scoprì due occhi impauriti e umidi, pronti a sgorgare ma trattenuti da un forte orgoglio.
« Jiminie, andrà tutto bene. Io... Io spiegherò cosa è successo. Che tu stavi solo difendendo me. Okay? »
« Ho sbagliato... » Sussurrò Jimin, cercando di nascondere per l' ennesima volta la sua faccia. « Ho esagerato ma quando si tratta di te io non ragiono. Perdo lucidità e... »
« Lo so! Fidati di me, Jiminie. » Taehyung lasciò un bacio sulla sua guancia prima di strofinare i nasi in un gesto affettuoso mentre le loro dita si sfiorano in cerca di amore.
« COSA DIAVOLO È SUCCESSO JIMIN? » La voce di un adulto riecheggiò per il corridoio facendo sussultare entrambi.
Mentre Taehyung restò confuso seppur rigidamente composto, Jimin si alzò di scatto in piedi, abbassando il capo mentre l' uomo avanzava.
« Padre... Mi dispiace... » Non poté dire altro che un vigoroso schiaffone colpì la stessa guancia su cui, poco prima, era stato deposto un tenero bacio.
E poi un altro colpo. Jimin non reagì, barcollò leggermente. Taehyung, invece, non riuscì a sopportare di più.
Si alzò velocemente e si mise davanti all' altro, alzando le braccia per fermare quello che aveva scoperto, essere il genitore di Jimin.
« La prego signor Park, mi faccia spiegare. Jimin ha solo cercato di difendermi. Jimin è nei guai per colpa mia. Non gli faccia del male! » Esclamò senza fiato, percependo le dita di Jimin stringere la sua maglia dietro la sua schiena. Sapeva cosa gli stava dicendo: di non dire nulla.
Anche in silenzio cercava di proteggerlo.
« Non sono affari tuoi quello che faccio con mio figlio! » Con uno spintone, Taehyung ritornò seduto sulla sediolina, mentre Jimin veniva letteralmente afferrato e trascinato via sotto lo sguardo sconvolto del piccolo Tae. Pronto a rincorrerlo, venne fermato però da Jungkook che era appena entrato in ospedale.
Scosse il capo, tenendolo saldamente mentre si batteva. « Fidati... Sarebbe inutile! »

« COSA? » La voce di Jimin si era alzata di tono nell' ufficio del padre che, da dietro la scrivania, lo guardava austero. Gli occhi freddi, rigido. Jimin non aveva preso niente di lui. Il suo cuore era più caldo dell' estate. Non gelido come una notte di dicembre.
Il ragazzo scuoteva il capo con sgomento, facendo due passi indietro quasi a voler scappare da quella situazione.
« Non è una tua scelta, questa. Potevi decidere meglio della tua vita quando ne avevo l' opportunità. Adesso deciso io! »
« Non puoi farlo... Io non voglio! » Cercò di risultare risoluto ma la voce lo tradì. Questa vibrava debolmente.
Questo significava che...
Il suo cuore perse un battito. Sbiancò totalmente e si lasciò scivolare contro la porta sotto lo sguardo determinato del padre.
« Sei minorenne, decido io! Andrai in Giappone. Oggi stesso! »
La vita si sgretolò tra le sue dita. Con gli occhi spalancati sul nulla, Jimin teneva le mani sulle orecchie come a non voler sentire più nulla.
Aveva sbagliato ogni cosa ed ora ne stava pegando le conseguenze. Senza saperlo, gli stava togliendo tutto ciò che di bello aveva nella vita.
Gli stava togliendo l' ossigeno che ogni mattina lo faceva alzare con un sorriso.
L' amore della sua vita.
Non gli chiese più nulla. Né cosa avrebbe fatto una volta arrivato a Tokyo, né quanto tempo sarebbe rimasto.
Non aveva senso e Jimin aveva perso anche la forza di combattere, di parlare. Il sangue sembrava aver smesso di correre nel suo corpo e rimase immobile.
Fermo contro quella porta.

Era passato tutto un pomeriggio. Per Taehyung era sembrata la giornata più lunga del mondo. Rinchiuso in camera, in compagnia di Namjoon e Hoseok che restavano in silenzio sapendo di non poterlo aiutare adeguatamente.
Aveva trascorso il tempo cercando di chiamare Jimin, inutilmente. Ogni volta sperava di poter sentire la sua voce e ogni volta restava deluso nel sentire partire la segreteria.
Erano ormai le 18.00 quando ricevette una chiamata da parte di Seokjin. Spaventato, rispose al primo squillo.
« Ehi Jin, hai notizie di Jimin? Non risponde al telefono e non so cosa fare. »
« Sta per partire! »
Taehyung pensò di aver capito male. Sbatté le palpebre più volte, confuso. « P - parte? E dove va? Quando? »
« Taehyung io non dovrei neanche dirtelo. L' ho promesso a Jimin. »
« QUANDO SEOKJIN? » Urlò, facendo spaventare i due amici.
« Adesso... È in aereoporto! »
La chiamata venne chiusa in quel esatto momento. Non ci fu bisogno di dire altro, Namjoon e Hoseok si alzarono in confusione totale mentre Taehyung, senza capire neanche cosa stava facendo si stava infilando le scarpe.
« Tae, cosa succede? » Chiese Hoseok quasi titubante. L' amico sembrava sul piede di guerra e non lo aveva mai visto così.
« Sta partendo. Senza dirmi nulla, se ne sta andando! »
« Noi veniamo con te! »

Così iniziò la corsa in aeroporto; da una parte Taehyung con Namjoon e Hoseok in un taxi. Dall' altra parte i suoi amici di una vita nella macchina di Seokjin.
Tutti e sei con le stesse emozioni, increduli che li stava lasciando senza spiegazioni, senza neanche uno sguardo. Niente.
Stava sparendo come polvere depositata nelle loro vite per sbaglio.
Taehyung non riusciva a dire nulla. Continuava a chiamare ma ormai il numero non suonava neanche più. Sentiva le lacrime pronte ad uscire ma non volle arrendersi alla tristezza.
Quando finalmente l' auto si fermò davanti all' aeroporto, iniziò a correre più veloce che poteva.
Il fiato corto, il cuore gli pulsava direttamente in gola.
Un abbraccio soltanto, non chiedeva di più.
Ma la sua vista si offuscò improvvisamente nel vedere gli altri tre ragazzi di fronte a lui. Capì immediatamente dai loro sguardi che era arrivato tardi.
Un urlo che non riuscì a trattenere, di rabbia e dolore, riempì lo spazio ma venne racchiuso dalle braccia di Jungkook che lo stava abbracciando.
Scoppiò a piangere non appena sentì l' abbraccio farsi più stretto perché, per quanto gliene fosse grato, non era quello l' abbraccio che aveva desiderato e che aveva appena perso.
Strinse le mani dietro la schiena ampia del ragazzo che a sua volta,  piangeva lacrime silenziose.
Anche gli altri ragazzi si avvicinarono, raggiunti da Namjoon e Hoseok, e si strinsero in un dolce abbraccio. Come a voler proteggere Taehyung da un dolore che anche loro, seppur diversamente, stavano provando.
Le loro braccia sembravano dargli quel sostegno di cui aveva bisogno altrimenti sarebbe crollato. Si aggrappò a loro senza smettere di piangere, mentre i singhiozzi scuotevano il suo corpo.

Soundtrack:


𝘿𝙖𝙣𝙘𝙞𝙣𝙜 𝙞𝙣 𝙩𝙝𝙚 𝙢𝙤𝙤𝙣𝙡𝙞𝙜𝙝𝙩. ( vmin ) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora