17. Manicomio

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Percy si stava dirigendo svogliatamente in mensa per la cena quando il cellulare gli iniziò a vibrare.
Non appena vide chi lo stesse chiamando fece un sorriso.
Erano giorni che cercava di rintracciare il suo migliore amico, ma aveva avuto sempre il cellulare staccato.
-Grover!- Rispose felice.
-Hey amico, scusa se sono stato introvabile in questi giorni, siamo stati in campeggio e bè, il cellulare non prendeva proprio.
-Tranquillo, ti sei fatto perdonare chiamando proprio adesso. Mi stai salvando da una cena a base di depressione e solitudine.
-Adesso però non continuare iniziando a ripetere citazioni depressive di un qualche poeta morto almeno cent’anni fa- sdrammatizzò il ragazzo facendo abbozzare un sorriso a Percy.
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Grover riprese – Allora, chi è che non te la da?
-Non è solo questo- si affrettò a spiegare il ragazzo dagli occhi color del mare.
-Ma come, non stiamo parlando di ragazze?
Percy sospirò e cercò di spiegare meglio al suo amico.
-Si, centra una ragazza, anzi forse anche due … Ma il punto non è se me la da o meno, io non … cioè … non voglio solo farmela, ecco.
Grover restò diversi secondi, forse anche minuti, in completo silenzio. Poi scoppiò a ridere.
-Okay, per i primi istanti ci stavo anche credendo, divertente. Adesso parliamo seriamente.
Percy sospirò – Sono serio amico.
Lo disse con tono di voce che non usava di solito, il suo migliore amico capì subito che stava davvero dicendo sul serio.
-Ti sei innamorato? Tu? Davvero? Mi sono decisamente perso qualche passaggio importante.
-Si chiama Annabeth, è stupenda Grover. Dovresti vederla, giuro è bellissima.
-Come ha fatto a non cadere ai tuoi piedi? Hai provato con “ti sei fatta male quando sei caduta dal paradiso?” o qualcosa di simile, con te hanno sempre funzionato se non sbaglio.
Percy abbozzò di nuovo un sorriso, anche se non contagiò né gli occhi né l’umore.
-Oh no, penso che se solo provo ad accennare a una frase del genere me le taglia le palle.
-Già mi sta simpatica.
-“Lavoriamo” insieme, ti giuro che non ricordo cosa le ho fatto, ma tre giorni dopo che ci siamo conosciuti mi ha baciato per distrarmi, poi mi ha piantato un calcio, dove non vorresti mai riceverlo, così potente che non sono riuscito a sedermi per un po’.
-Sei un’idiota Jackson- commentò Grover tra una risata e un’altra.
-So perfettamente di essere un’idiota, per questo sono così depresso, perché lei è così fantastica. Non è solo bella, ma anche brillante, intelligente, forte e un casino di altre cose. Non avrò mai chance con una come lei.
Grover restò in silenzio per un altro po’, forse non sapendo esattamente come consolare il suo migliore amico, di solito non avevano queste conversazioni, in effetti non avevano proprio mai avuto una conversazione del genere.
-Hai detto all’inizio che centravano due ragazze. Chi è l’altra?
-Oh, giusto. In pratica c’è stato un ballo ad Halloween.
-Cioè ieri …
Percy si corresse, pensava fosse passato molto più tempo.
-Ieri, si. Comunque c’era questo ballo ed erano le ragazze a dover invitare i ragazzi. Diciamo che io ho avuto una mezza discussione con Annabeth e alla fine ne è uscito fuori che c’era una ragazza che mi voleva, alla fine me ne sono uscito con la frase peggiore che potessi mai dire: “appena me lo chiede non perderò tempo a risponderle di si”.
-Scommetto che lei non si è ingelosita neanche un po’.
-Esatto! Non solo tutto ciò non l’ha sfiorata neanche un po’, ma quella ragazza, l’altra, quella con cui alla fine sono andato al ballo, è peggio di una cozza. Oggi mi sono nascosto così tante volte da non competere neanche con gli addestramenti fatti in un intero mese.
Grover scoppiò di nuovo a ridere.
-Fattelo dire amico, ti sei cacciato in un bel manicomio. Almeno te la sei fatta questa?
-In realtà … Non ce l’ho fatta.
-Okay, sei decisamente in un gran bel manicomio.
 
Hazel prese un bel respiro e bussò alla camera di Frank prima che ci potesse ripensare.
Le immagini della notte di Halloween gli invasero il cervello.
Frank era bellissimo nel suo smoking. Aveva anche messo una camicia viola, perfettamente in tinta con il suo vestito che aveva una gonna svolazzante fino al ginocchio.
Ed era stata la serata perfetta. Quella che magari tutte le ragazze sognano.
Non che Hazel ne sapesse molto, nella sua vita non era stata molto concentrata su tutto ciò.
E poi le cose erano diventate un vero e proprio casino. Lei aveva fatto un vero e proprio casino.
Avevano appena fino di ballare un lento ed erano a bordo pista.
Il ragazzo si era sporto leggermente in avanti per baciarla e lei si era tirata indietro, non sapeva neanche lei il motivo visto che lo desiderava tanto quanto lui.
Fatto sta che quel piccolo rifiuto la fece inciampare su uno strascico di un vestito lungo di un’altra ragazza.
Era successo tutto così in fretta che non ricordava neanche esattamente il susseguirsi degli avvenimenti.
Ricordava vagamente che stava cadendo e per restare in equilibrio si era aggrappata a qualcosa.
Quel qualcosa doveva essere la tovaglia di un tavolo, la tirò e le cose di sopra volarono giù.
Un paio di bevande finirono proprio sopra Frank rovinandogli il suo perfetto completo.
Qualcuno iniziò a sghignazzare per come l’aveva ridotto, ma a lui sembrava non importare.
Tutta la sua attenzione era concentrata su di lei, aveva uno sguardo così deluso che non aveva bisogno di essere accompagnato da nessuna parola.
Hazel entrò nella camera e tirò un sospiro per metà di sollievo, per metà di delusione quando vide che Frank non era li dentro.
C’era solo il suo compagno di stanza biondo.
La fissò per un solo secondo, poi con disprezzo commentò – Zhang non è qui.
Hazel annuì solamente, prima di andarsene si diede uno sguardo intorno, la parte di Frank era completamente messa a soqquadro, come se qualcuno stesse cercando qualcosa di davvero importante.
Si rese conto che non era poi così strano se la vista di quel ragazzo biondo gli creava un senso di familiarità e inquietudine.
 
Leo era seduto in modo quasi composto nel suo letto con il pc in grembo, controllando le ultime e-mail che gli erano arrivate di recente.
Se per recente si voleva mettere in conto il fatto che non aprisse la sua posta elettronica da diversi mesi, insomma, era molto più interessante hackerare quella degli altri.
Era tardo pomeriggio quando bussarono alla sua porta.
Tre secondi dopo entrò Calypso e, saltellando per non pestare i diversi vestiti sparsi a terra da non si sa bene quanti giorni, sia suoi che di Nico, arrivò al letto di Leo e si sedette al suo fianco.
Con un sorriso in volto gli mostrò il cellulare soddisfatta.
Lui non si concentrò subito su questo, era ancora troppo preso da  lei.
Non la vedeva da due giorni, esattamente da quando gli aveva rubato un bacio a fior di labbra.
E adesso si presentava tranquillamente nella sua stanza per mostrargli un sempl…
-Oh mio Dio! Come diamine hai fatto a passare questo livello prendendo tutte le stelle?
Lei sorrise divertita mentre Leo le strappava il cellulare dalle mani per contemplare per bene quel “miracolo”.
-Ho imparato dal migliore.
Lui la fissò con un mezzo sorrisetto, anche se era vagamente imbarazzato.
Calypso alzò gli occhi al cielo – Però adesso non montarti troppo la testa eh.
-Io? Sarai tu che ti monterai la testa rinfacciandomi questo- e indicò il cellulare – fino a quando non ti batterò con un record migliore, cosa che potrebbe richiedere giorni.
Lei ci pensò un po’ su, sempre divertita, mentre si mordicchiava il labbro.
-Si, in effetti potrei farlo, sarebbe terribilmente appagante.
Vide Leo sbuffare e mentre lei sorrideva ancora di più gli afferrò il volto con le sue piccole mani e lo attirò a se baciandolo.
Sentì il ragazzo sorridere sulle sue labbra mentre gli afferrava un fianco per portarsela più vicino.
Non fu per niente come quella notte, questo non era un bacio veloce e rubato.
Fu lento ma deciso, mentre entrambi non riuscivano a non sorridere.
Calypso riusciva ad alternare momenti di passione con quelli dolci in una maniera che faceva impazzire Leo.
Un attimo prima gli stava mordicchiando il labbro inferiore mentre giocava con la sua lingua, l’attimo dopo sfregava il naso contro il suo, in un bacio eschimese, e gli lasciava un leggero e piccolo bacio sulla punta.
La ragazza si ritrovò stesa sul letto, con Leo sopra mentre le sue mani vagavano dentro la sua larga maglietta. Non che le dispiacesse.
Nico aveva una specie di radar. Doveva averlo per forza se riusciva a interromperli ogni singola volta.
Questa fu l’unica cosa che riuscì a pensare Leo quando il suo compagno di stanza fece il suo ingresso.
Ma poi era davvero lui? Nico che rideva così tanto da aver bisogno di tenersi la pancia e asciugarsi le lacrime agli occhi? Da quando?
Okay, era tutto un sogno, doveva esserlo per forza.
-Oh, ciao- esclamò il moro normalmente, con ancora il sorriso sul viso, quando si accorse di loro. Andò tranquillamente nel suo letto e si mise a cercare qualcosa in mezzo a tutto il casino.
Come se non bastasse non era solo. C’era anche Will con lui.
Il biondo lo stava aspettando con le mani in tasca appoggiato allo stipite della porta.
Almeno lui sembrava vagamente imbarazzato.
-Ehm … facciamo subito- provò a dire con un sorriso –Ma sapete che nella lingua comune degli adolescenti, quando fate certe … ehm, insomma, quando la stanza è occupata ci si chiude dentro e ci si mette qualcosa dietro la porta?
I due ragazzi non risposero, ancora inchiodati nelle loro posizioni, anche se forse sarebbe stato un tantino meno imbarazzante se Leo avesse tolto le mani da dentro la maglia di Calypso.
Will iniziò a far vagare lo sguardo sul manicomio della stanza, poi videro una cravatta stropicciata buttata sotto una scrivania, era verde e l’aveva indossata Leo al ballo.
La prese e l’andò a ad annodare nella maniglia fuori dalla loro porta.
Poi sorrise soddisfatto – Ecco fatto!
Nico, che ormai si era messo in tasca tutto ciò che era venuto a cercare, lo fissò con uno sguardo sconvolto, poi fissò Leo.
Il ragazzo gli rispose con lo stesso sguardo.
Il moro deglutì e chiese – Ha preso quella cravatta … Vero?
Leo annuì lentamente.
Will si stava iniziando a preoccupare.
-Cosa gli avete … ?
Nico scosse la testa sconfortato e lo spinse fuori dalla stanza spingendolo per i fianchi.
-Cammina- lo incitò – E non provare a toccarmi se non ti sei prima disinfettato come si deve.
Si persero la protesta di Will quando Nico si richiuse dietro la porta.
Calypso guardò stranita il ragazzo che aveva sopra.
-Cosa avete fatto con quell’indumento?
-Fidati. Non lo vuoi sapere davvero.
Prima che lei potesse rispondere in un modo qualsiasi si ritrovò le labbra di nuovo occupate.
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Il capitolo continua su "red mission" che trovate sempre sul mio profilo perchè non a tutti potrebbe piacere quella parte.
P.s. state tranquilli che quella parte non influisce in alcun modo nella trama della storia.

MISSIONWhere stories live. Discover now