Capitolo XVII

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Essere a Vexhaben non sembrava vero. Non dopo tutto quello che era successo e di cui ancora doveva convincersi non fosse un sogno. In cielo i rivestimenti dei dirigibili brillavano a diverse altezze e il ronzio dei motori arrivava a malapena.

Miriam si fermò sul ponte che attraversava lo Shellmagne: le acque scure scorrevano placide, erano quasi immobili nella cappa di fumo e afa che stringeva la zona industriale; nugoli di insetti si ammassavano sulla superficie e qualcuno saliva a ronzare e infastidire vicino alle orecchie. Si appoggiò alla balaustra di metallo e premette un ginocchio contro i ghirigori di chiusura. Chiuse gli occhi quando la struttura vibrò sotto il passaggio di una corriera.

Aveva fatto tutto il tragitto a piedi, con le gambe ancora facevano male per la discesa nella Voragine, ma non le importava. Avrebbe girato per i vicoli della città finché il pensiero che Rachel fosse morta non sarebbe stato scacciato in un angolo della mente.

Infilò la mano nella borsa e tirò fuori la ruota dentata. Era stato tutto un fallimento e non avrebbe più osato guardare in faccia qualcuno dei Sackville, tanto che aveva rifiutato l'invito di Selah di unirsi a lei quando avrebbe portato la notizia.

Erano solo lontani conoscenti, non avrebbe avuto senso la sua presenza e se c'era qualcuno che avrebbe dovuto accollarsi l'esito negativo era proprio il generale: era più colpa di Selah che propria alla fine.

Non aveva fatto altro che sostenere l'idea di Katherine e non aveva idea delle idee di Rachel: si era ritrovata nel mezzo di un disastro contro la sua volontà.

Tirò su con il naso, poi riprese a camminare a testa bassa. Infilò la ruota in una tasca esterna e rimase con la mano appoggiata lì sopra.

Il quartiere industriale si allargava sull'altra sponda: tra gli edifici spiccavano le ciminiere delle fabbriche. Il fumo che fuoriusciva creava una cappa nera, l'odore di carbone bruciato si era infilato nelle narici e pozze scure si allargavano sul pietrisco della strada, ma non aveva mai ben capito quale fosse la sostanza che le componesse.

Abbassò lo sguardo quando incrociò un gruppo di lavoratori per strada. Ridevano tra loro, si passavano bicchieri di birra da una mano all'altra.

A loro di Gabes non doveva importare.

Tutto quello che era successo li aveva sfiorati da lontano. Si fermò sul marciapiede: dall'altra parte della strada i titoli dei giornali appesi ancora parlavano del disastro, ma non c'era alcun riferimento al viaggio alla Voragine.

Dopotutto era stato un viaggio privato, non c'era bisogno che la voce si spargesse più del necessario e non si sarebbe stupita se fosse rimasto solo tra i partecipanti.

Alla città non sarebbe importato, la minaccia era passata e la vita sarebbe tornata a scorrere come sempre, scandita dal rumore delle macchine.

Inspirò a fondo.

Meglio così, si disse prima di proseguire.

C'era un senso di familiarità nella zona industriale di Vexhaben, un mondo che aveva lasciato da parte troppo tempo indietro.

Più si avvicinava e più il clangore delle macchine era assordante. Continuo e rimbombante era l'ideale per tenere nascosti i propri pensieri. Chiunque le avrebbe detto che non aveva senso struggersi per la fine di Rachel, che erano lacrime sprecate. Avrebbe voluto sentirselo dire che era così. Non la conosceva nemmeno a fondo, non le avrebbe nemmeno portato fiori sulla tomba, eppure il peso sul petto era simile a quello che aveva sentito alla morte del nonno.

Inspirò a fondo, per cercare di calmarsi, ma quando un odore acre di metallo bruciato la prese in pieno, Miriam tossì. Si coprì la bocca e il naso con la mano e aumentò il passo per raggiungere la fabbrica dei genitori.

RequiemOnde histórias criam vida. Descubra agora