Capitolo XIX

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E alla fine, il giorno era arrivato.

Le speranze di Katherine che almeno il tempo ci avrebbe messo del suo erano sparite dall'alba: il cielo terso brillava sopra Vexhaben, nessuna nuvola spezzava l'azzurro.

Aveva sperato invano che il temporale di qualche giorno prima rovinasse anche quello. E Selah non avrebbe potuto farci nulla, sarebbe stato fuori dal suo controllo.

Aveva già sentito più persone rammentare quanto perfetta sarebbe stata quella giornata e ormai aveva iniziato a convivere con l'idea, anche se temeva il giorno da quando Selah si era presentata con l'anello al dito e il rametto d'edera dorato in mano.

Non poteva più farci nulla.

Erano passati ventisei giorni da Gabes e ognuno aveva portato sempre più attenzione su quel matrimonio.

Tutto stava per cambiare a Vexhaben e forse avrebbe dovuto averne paura.

Nemmeno il ventaglio ormai l'aiutava a respirare.

Anche se l'estate iniziava a lasciare il posto a temperature più fresche, l'aria nella domus rimaneva immobile, pregna di incenso. Dai bracieri appesi al soffitto si alzavano spirali grigiastre, tendenti al bianco in alcuni punti. Non sembravano muoversi, ma l'odore acre le solleticava il naso.

Chiuse il ventaglio con un gesto secco che coprì per un attimo la conversazione intorno a lei.

Aveva risposto a una domanda, poi si era persa con lo sguardo sulle decorazioni sull'altare, dove i mazzi di fiori gialli, rossi e rosa intrecciati a corone di edera spiccavano contro la pietra bianca.

«Perdonatemi. Ho bisogno di una boccata d'aria» mormorò Katherine.

Il padre le rispose con un piccolo cenno della testa, poi si immerse di nuovo nella conversazione con i consiglieri, poi un consenso diffuso di frasi di circostanza e cenni affermativi con la testa l'accompagnarono mentre scivolava sulla panca.

Non sarebbe riuscita a resistere fino all'inizio della cerimonia, anche se ancora era indecisa se l'avrebbe snervata prima il caldo o l'attesa.

Non poteva evitare che la cerimonia si svolgesse, non poteva più mettere bocca sul destino del regno: tutto era già stato deciso mesi prima e si sarebbe realizzato da lì a poche ore.

Solo il sarto aveva avuto da ridere su un ricamo quella stessa mattina.

Quando si mise in piedi, portò una mano sul petto, inchinandosi verso la statua di Xiais. Teneva entrambe le mani sollevate verso l'alto e reggeva una catena che scendeva fin sopra l'altare, con un piattino alle estremità che conteneva gli anelli e due lumini spenti.

Voltò le spalle e procedette lungo il muro con lo sguardo fisso di fronte a sé. Riaprì il ventaglio dopo qualche passo: diverse panche erano ancora vuote, segno che parecchi degli invitati dovevano ancora arrivare.

Forse avrebbero dovuto aspettare almeno un'altra ora prima dell'inizio della cerimonia. O forse meno, l'avrebbe saputo se avesse avuto un orologio.

Sistemò il medaglione d'oro e lo centrò sul petto.

Le sembrava che ogni volta che lo indossava pesasse di più. Raddrizzò la schiena, nonostante il corsetto premesse contro le costole.

Tra gli invitati già seduti, qualcuno le rivolse un saluto con un cenno della testa che Katherine ricambiò nello stesso modo. Nessuno, però, la fermò per una conversazione.

Ne sarebbe stata grata, se non avesse saputo che avrebbero trattenuto tutti i commenti per il pomeriggio e la sera: una volta a palazzo non sarebbe stato più tanto facile sfuggire ai circoli delle chiacchiere.

RequiemWhere stories live. Discover now