Capitolo XX

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George le accarezzò una guancia, spostando poi la mano a cercare la sua, senza smettere di tenere il petto premuto contro la sua schiena.

«Buongiorno, zuccherino.»

Selah ridacchiò, mentre George si spingeva ancora più vicino.

Nessuno avrebbe creduto a quel soprannome.

Poteva essere una qualsiasi mattina, una di quelle in cui alzarsi sarebbe stato difficile, ma era impossibile pensare di rimanere ancora a lungo sotto le coperte.

«Buongiorno anche a te» gli mugolò, con la voce ancora impastata dal sonno. Non aveva sentito nessuno arrivare a svegliarli, ma poteva anche non essersene accorta.

Aveva pensato che non sarebbe riuscita a dormire, che avrebbe fissato il soffitto fino alle prime luci dell'alba, che avrebbe dovuto affrontare la giornata con solo poche ore di sonno.

George, però, non sembrava avere la minima intenzione di spostarsi.

«Vuoi fare tardi?»

«No, voglio solo godermi gli ultimi attimi di pace. Nei prossimi giorni avremmo da sistemare diverse cose» le rispose prima di darle un bacio sulla spalla.

«Pensavo che avessimo deciso di non parlare di politica oggi.»

«Oh, non solo politica. Prima o poi dovremmo decidere i nomi per i nostri figli.»

«È troppo presto per pensare al futuro.»

«Io ci penso da quando ti ho conosciuta, non vedo l'ora.»

Selah allungò un braccio, cercando di trovare la mano della figura nella penombra. Da dietro la tenda filtrava una luce più forte dei giorni precedenti: le pieghe della stoffa lasciavano uno spiraglio sulle mattonelle, una linea retta che faceva sembrare più chiaro il colore del cotto, portandolo dal rosso all'arancione, quasi giallo. Il temporale dei giorni prima doveva aver lasciato il posto a una bella giornata, più di quanto avessero sperato fino alla sera prima.

Le coperte frusciarono e i passi di George si allontanarono appena. Si portò una mano sugli occhi quando George scostò la tenda, lasciando che la luce inondasse la stanza. Si rigirò nel letto, portandosi il lenzuolo sulla faccia.

«Potevi avvertire» mugolò tornando a distendersi sulla schiena, un braccio piegato sopra la testa.

«Il temporale è passato, avremo una bella giornata oggi.»

«Meglio così Se avessi voluto sposarmi con la pioggia sarei rimasta a Frinard.»

George si lasciò sfuggire una risata, lasciando la mano appoggiata sulla tenda. «Non rifaremo lo stesso errore di Gabes oggi.»

Selah abbassò lo sguardo sulle unghie. «La soluzione l'ho trovata, sarebbe solo un peccato rovinare l'abito del matrimonio.»

«Sarà tutto perfetto oggi» le rispose tornando verso il letto e quando si sedette, Selah si sollevò quanto bastava a dargli un bacio sulle labbra.

«Come dovrebbe essere.»

«Non vedo l'ora di poterti chiamare mia regina.»

«Ancora poche ore» gli rispose Selah, mettendosi a sedere. Spostò i capelli dietro le spalle. «Porta pazienza.»

Ironico, detto da lei che aspettava quel giorno da quattro anni: ma se anche mancavano pochi giri delle lancette, le sembrava un tempo ancora troppo lungo. Non avrebbe nemmeno potuto accorciare i tempi: la giornata era stata sistemata nei minimi dettagli già da tempo. Ogni istante era scandito dal cerimoniale, ripetuto fin troppe volte nei giorni precedenti.

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