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Capitolo 20

La notte





Taehyung aveva passato la notte a piangere in silenzio nel suo letto, sepolto da pesanti coperte.

Il giorno dopo la truccatrice aveva dovuto usare una gran quantità di trucco per farlo sembrare più umano, ma ormai Taehyung si sentiva drenato. Anche durante le riprese persino Namjoon, che non alzava mai la voce, si innervosì, intimandogli di riprendersi e concludere in modo decente le scene che dovevano girare. Sul set non c'era Jimin, ma Hoseok lo aveva guardato in modo perplesso, chiedendogli se doveva portargli qualcosa e se si sentiva poco bene.

Taehyung aveva un gran mal di testa e gli faceva male l'anima ma chiese gentilmente che gli portassero un'aspirina.

Le cose non migliorarono molto il giorno dopo, né quello dopo ancora. La stanchezza emotiva gli aveva causato una stanchezza mentale che non riusciva a gestire.

Si disse che sarebbe andato tutto bene.

Andò a dormire quel giovedì sera dicendosi che il giorno seguente si sarebbe guardato allo specchio e si sarebbe detto: Non puoi andare avanti così. Non è professionale. Riprenditi!

Le cose non andarono come se le era aspettata.

Mentre dormiva, la prima cosa di cui si rese conto, fu un lento strofinio gracchiante, come qualcosa che graffiava un vetro. Lo ignorò, ancora immerso nel sonno, finché il rumore non divenne più intenso. Ad un certo punto, non poté più ignorarlo e si svegliò, rimanendo immobile nel suo letto, ad osservare la porta della sua camera da letto.

Forse si stava immaginando le cose. Forse era solo un rumore fuori la strada.

Un vetro si infranse e Taehyung scattò a sedere sul letto.

Percepì benissimo il rumore di una delle finestre che si rompeva e cascava sul pavimento di legno di casa. I vetri si spostarono, gracchiando, sotto il peso di una persona.

Qualcuno era entrato in casa sua.

Si alzò in piedi, con il cuore che batteva a mille e la paura che già gli aveva fatto smettere di ragionare: con le mani sulla porta, stava per chiudere a chiave la serratura, ma si fermò, quando capì che avrebbe fatto rumore e avrebbe fatto capire agli intrusi che era sveglio. Spiazzato, si chiese cosa potesse fare in una situazione del genere. Non aveva un'arma, era a malapena vestito, e la porta che lo separava dal corridoio era sottile e di legno compensato.

Fece un passo indietro, spaventato, all'ennesimo rumore di passi. C'era più di una persona in casa, i passi erano più numerosi, e sentiva delle voci parlottare.

Il terrore lo investì.

Un solo intruso forse l'avrebbe potuto gestire, ma non c'era nessuna possibilità che potesse ribellarsi a più di una persona. E se lo avessero preso? Se lo avessero trovato ... cosa volevano fargli? Perché erano lì?

Si guardò intorno e fortunatamente trovò il telefono sul comodino, attaccato alla presa del caricatore. Non era ancora abbastanza carico da durare più di un'oretta, ma lo staccò dalla presa e, infilatosi le ciabatte, guardò le altre due porte che c'erano nella sua stanza: una era la sua cabina armadio, l'altra era il suo bagno privato. Si diresse verso la cabina armadio, ma poi ci ripensò. Non c'era niente lì dentro con cui poteva barricarsi dentro.

Entrò nel bagno, camminando piano senza fare rumore.

Un suono più forte provenne dal suo soggiorno, qualcosa che si infrangeva con un botto ovattato.

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