Oltre il vuoto

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Capitolo 11

La pelle prese a sfregare sul selciato di pietra grigia e presto il mio intero corpo fu ricoperto da graffi e lividi. Non sapevo cosa facesse più male, se le molteplici ferite o gli strattoni che Alby mi dava in continuazione tirandomi per i capelli. Aveva molta forza per essere uno che era appena stato punto da un Dolente.

Un gemito strozzato uscì dalle mie labbra e per mezzo secondo le urla sofferenti cessarono.
Sommersa da un dolore lancinante implorai il ragazzo di colore perché mollasse la presa, ma non sembrò dare alcun segno di assenso. Mi aggrappai con le dita alle sue braccia e cominciai a conficcare le unghie nella carne sperando che il dolore innescasse qualche sentimento in lui che non fosse la rabbia.
Prima di quanto mi aspettassi, mi lasciò cadere a terra di schiena, anche se qualcosa mi diceva che non si era fermato a causa mia, ma perché era arrivato nel punto in cui voleva andare. Battei la testa sul pavimento e gemetti una seconda volta.
L'attenzione per i dettagli fu davvero poca in quelle circostanze, non riuscii a ripercorrere nella mente la strada intrapresa da Alby neanche se avessi voluto. Se fossi riuscita a scappare non sarei mai stata in grado di tornare indietro da sola. E anche se per pura fortuna avessi dovuto farcela, probabilmente non sarei arrivata in tempo per la chiusura delle porte.

-Alby che hai intenzione di fare?- chiesi cercando il suo sguardo. Quando lo trovai mi pentii di aver guardato in quegli occhi bui dalle sfumature di un grigio-nero. Sembravano due cavità vuote, prive di umanità. Sussultai e quasi d'istinto chiusi gli occhi. Quell'immagine sarebbe rimasta per sempre a balenare nella mia mente come una forma di tortura.

"E' colpa tua!" ricordai le sue parole dette con così tanta rabbia nella voce.

Rabbrividii.

Mi dimenai tra le braccia di Alby, che mi tenevano stretta a terra, finché non finii per rinunciare, cosa che accadde in pochissimo tempo. Pensai che non sarebbe servito a niente combattere, presto Newt e gli altri sarebbero arrivati. Ero sicura non mancasse molto alla loro entrata in scena.

-Alby!- tentai ancora una volta di fargli riacquistare il controllo della sua mente, mi resi conto che era troppo tardi quando si chinò verso di me afferrandomi per il collo. Le sue dita si conficcarono ancora più affondo nell'incavo del mio collo fino a farmi quasi smettere di respirare.
Colsi, tra il rumore del vento e i grugniti di Alby, i ragazzi che gridavano il mio nome. Le loro voci rimbombavano tra i lunghi corridoi del Labirinto, non sapevo dire esattamente quale fosse la loro posizione.
L'esigenza di un profondo respiro iniziò a farsi sempre maggiore man mano che i secondi passavano inesorabili.

-Sono qui!- gridai non appena la presa sul collo si indebolì. Alby si voltò un istante verso i due corridoi alle sue spalle.
Si aspettava l'arrivo dei suoi compagni da un momento all'altro, sembrò affrettare le cose.
Le dita forti e robuste del raduraio ripresero a stritolare il mio collo sotto di esse, come la stretta mortale di un serpente. Per svariati minuti l'aria mancò di entrare nei polmoni e mi ritrovai a boccheggiare come un pesce fuor d'acqua.
Un rumore in lontananza catturò l'attenzione di Alby che allentò la stretta ancora una volta. Io al contrario ero troppo occupata a impregnare di aria i polmoni ormai essiccati.

In quel breve lasso di tempo in cui Alby fu distratto, diedi un'occhiata a ciò che avevo intorno e mi resi conto di non essere mai stata in quella zona la notte scorsa. Ero sicura di non ricordare quella specie di voragine che si apriva alla fine del Labirinto. Sembrava profonda, presto avrei scoperto quanto esattamente.

Ricordai che una volta i radurai ne avevano parlato...
"Scarpata" mi pareva la chiamassero così.

Venni trascinata di peso verso il crepaccio dove il buio pesto si stendeva come tempera su una tela. Il margine dello strapiombo era ormai a pochi passi e ad ogni centimetro di distanza che Alby copriva, il mio cuore saltava di un battito.
D'un tratto mi sentii sbilanciata.
La schiena volta verso il vuoto e il viso verso il ragazzo.
Non sentii più la terra sotto i talloni, ero in bilico con solo la punta dei piedi posata sul bordo della Scarpata e mantenuta in piedi solo dalla ferrea stretta al collo di Alby.
Un soffio di vento, che sembrò provenire dalla voragine, si insinuò tra i miei vestiti provocandomi un brivido che strisciò su tutto il corpo. Mi guardai bene dal non fare un respiro di troppo, per paura di precipitare nel vuoto prima del tempo.
Sapevo di dovermi calmare perché ciò che vedevo non era reale, ma come facevo ad essere sicura che la tecnica che avevo usato per attraversare il muro la notte scorsa, valesse anche per un burrone di queste dimensioni?

The Maze Runner - L'IniziazioneWhere stories live. Discover now