29 ✘ 𝐉𝐔𝐒𝐓 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐇𝐎𝐌𝐄

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" I didn't cry when you left at first
But now that you're dead it hurts

I'm not entirely here
Half of me has disappeared "

Daddy Issues, The Neighbourhood



「 𝐂𝐚𝐫𝐭𝐞𝐫 」

A un certo punto vedo decine di auto accalcarsi l'una sull'altra tra l'incrocio della Hoover con l'Eleven Mile, pochi metri davanti al ponte. Cerco di scorgere con gli occhi la moto di Audrey o quella di Michael, ma probabilmente saranno già arrivati dall'altra parte dell'ingorgo. Calum è a un paio di falcate da me, e posso quasi sentirlo imprecare mentre si prepara a tirare fuori il portafogli. Tanto avrebbe pagato lui comunque; lo fa sempre quando suo padre gli consegna i centoni settimanali.
D'improvviso adocchio la moto di Audrey. È bloccata tra alcuni veicoli e si alza dalla sella per cercare di guardare oltre il furgone fermo nel bel mezzo dell'incrocio.
Poi la vedo scendere di fretta, lasciare la moto tra le mani di Ashton mentre lui sembra confuso. Sono a poca distanza da loro quando vedo la mia ragazza iniziare a correre per strada, lasciar cadere il casco sull'asfalto e sgomitare tra la calca di persone che si è fermata a guardare qualcosa dal marciapiede del 7-Eleven. Raggiungo Ashton e mi fermo, Calum dietro di me. «Che succede?»
Ashton si stringe nelle spalle. «Non lo so, mi ha lasciato la moto ed è corsa via. Forse qualche idiota ha di nuovo tamponato. C'è sempre qualcuno che tampona in quest'incrocio.»
Scendo con un balzo e posiziono la moto sul cavalletto. «Luke e Michael?»
«Erano molto più avanti di noi, credo siano già dall'altra parte.»
Allora decido di seguire Audrey, lascio il casco sulla moto e raccolgo quello che lei ha fatto cadere a terra. Mi avvicino a una signora che se ne sta fuori dalla portiera della sua auto e «Sa che è successo?» le chiedo. Lei mi dice che non ne ha idea e allora proseguo. Sposto lo sguardo intorno a me cercando di intravedere Audrey tra la folla. Mi avvicino ad una ragazza che sta camminando nella parte opposta alla mia, una mano premuta sulle labbra. Le chiedo se ha idea di ciò che sta succedendo. Lei impiega un paio di secondi per mettere in ordine una frase. «C'è stato un incidente. Una moto è passata con il rosso e il furgone l'ha-»
Non le lascio neanche il tempo di continuare che mi ritrovo a correre e scontrarmi con chiunque mi si pari davanti. Assesto gomitate e scanso pedoni mentre ancora il mio cervello processa le informazioni. Una moto. Il pensiero che si possa trattare di Luke mi fa andare talmente nel panico da non riuscire più a sentire l'asfalto sotto i miei piedi o il rumore delle sirene della polizia farsi pian piano più forte e vicino. Poi sento un urlo. La voce di Audrey riecheggia per la strada e sovrasta le sirene. D'un tratto mi viene voglia di andarmene. Girare i tacchi, tornare a casa, ritornarmene al bar. Fingere di non sentire il cuore battere fino a far male e gli occhi farsi lucidi e le mani tremare. Lo so per certo cosa si trova oltre quell'incrocio, oltre la folla e le auto e le sirene. Però penso che se davvero adesso me ne tornassi indietro le cose cambierebbero. Non andrebbero in questo modo, non ci sarebbero sirene e passanti e auto ferme immobili.
Eppure sono già lì, e da lontano vedo Audrey chinarsi su un corpo con le mani premute sul volto.
Inizio a piangere. I polmoni stanno per esplodermi e il mio corpo sembra essere fatto di pietra. Impiego una forza sovrumana anche solo per sbattere le palpebre.
Vedo il volto insanguinato di Michael venire bagnato dalle lacrime di Audrey. Io caccio un urlo perché non riesco a trovare mio fratello.
«Luke!» la voce gracchiante mi si spezza in gola e lascia il suo nome urlato a metà. Mi guardo intorno, e nel frattempo singhiozzo e le lacrime mi appannano gli occhi e non mi fanno vedere niente. Corro e corro per quelli che mi sembrano centinaia di chilometri, ma in realtà sono solo pochi metri. E allora lo vedo.
Mio fratello, steso a terra, la maglia imbrattata di sangue. Ha il capo voltato verso di me. «No, no no no» slitto al suo fianco, cerco di bloccare il flusso di sangue poggiandogli le mani sul capo. «Luke, mi senti? Luke- Luke, ti prego, riesci a sentirmi? Luke! Luke! Rispondi!» mi affogo con le mie stesse parole, risalgono su per la gola e poi si fermano prima che possa esalarle. Faccio scorrere la mano insanguinata sulla guancia di mio fratello. I suoi occhi azzurri mi guardano. Non si muovono. Il suo petto non si muove. Le labbra non si muovono. «Resisti Luke, andiamo. Andiamo Luke, non puoi andartene. Non puoi non puoi non puoi. Resisti, Luke» mi chino sul suo petto per cercare il battito. Non sento niente.
Quando capisco che se n'è andato e sono arrivato troppo tardi e non sono riuscito a salvarlo mi piego su un lato e vomito. Poi comincio a urlare con il suo corpo stretto al petto. Affondo la testa nell'incavo del suo collo, l'odore del sangue mi si imprime nelle narici. Comincio a dondolarlo tra le braccia.
«Va tutto bene... È tutto okay, Luke. Adesso ti salveranno. Tu non puoi andartene. Verranno a salvarti, fidati» gli occhi mi bruciano e sono disperato. «Chiamate un'ambulanza! Chiamate una cazzo di ambulanza!»
Continuo a dondolare mio fratello e a ripetergli che andrà tutto bene anche se sento il sangue caldo sulle mani e il suo corpo molle e pesante ricadere tra le mie braccia. Inizio a mordermi il labbro, il sangue comincia ad uscirmi dalla bocca e sento la carne lacerarsi sotto i miei denti. Chiudo gli occhi con quanta più forza riesco a trovare in corpo. Le lacrime vanno a bagnare i capelli di Luke, scivolano sul suo biondo miele e gli ricadono sulla fronte fino a mischiarsi con il sangue.
Continuo a stringerlo a me, a dondolarlo, pure quando sento l'ambulanza arrivare e so che tra pochi secondi verranno a separarci.
«Ti voglio bene, fratello. Scusami se non te l'ho mai detto, Lu. Scusami, perdonami Luke. Perdonami. Mi dispiace così tanto». Continuo a ripeterglielo, a mugulare quelle parole con la guancia premuta sui suoi capelli. Gli chiedo di rimanere qui con me, di ritornare. Gli dico che è ancora troppo presto e che non sono pronto. Gli chiedo di portarmi con lui e gli prometto che faró tutto il possibile per non fargli più del male, e che non finirò più nei guai e sarò il fratello che si merita.
Ma lui non risponde. Non dice niente. Non torna indietro a prendermi.
Sento una mano posarsi sulla spalla e poi la voce rotta di Calum che pronuncia il mio nome, ma si smorza ogni sua voglia di continuare a parlare e cerca semplicemente di allontanarmi dal suo corpo perché i paramedici sono arrivati per lui. Io lo scanso con una prepotenza che non riesco a controllare, mi avvinghio a mio fratello per cercare di rimandare il momento in cui lo porteranno via da me. Poi peró arriva anche Ashton e aiuta Calum ad allontanarmi, e io scalcio e urlo di lasciarci in pace e di voler andare con lui e mi affogo con le mie stesse lacrime mentre i medici si chinano sul corpo di mio fratello e «Nessun battito», dicono.
Allora inizio ad urlare ancora di più come se non lo sapessi già che Luke è morto, che se ne è andato per sempre, che non ho neanche avuto il tempo per aiutarlo e dirgli che andrà tutto bene. Mi libero dalla presa di Ashton e in un soffio riesco a sgusciare fuori pure dalle mani di Calum, e comincio a correre e correre e correre per strada fino a raggiungere il ponte. Sento le urla terrorizzate di Calum e Ashton che mi seguono, rimbombano tra le crepe dell'asfalto e mi implorano di fermarmi e stare calmo.
Sotto di noi, l'Interstatale brulica di macchine.
Neanche mi rendo conto di star scavalcando il parapetto che mi ritrovo sopra ad un fiume di clacson e motori e smog che si imprime vivido nella mia mente e salta, sembra sussurrare. Vai da lui.
Allungo un piede e chiudo gli occhi, e quando faccio per saltare le mani di Ashton e Calum sono più veloci. Mi costringono a tornare indietro e lasciare mio fratello da solo. Vengo trascinato lontano dal parapetto e mi bloccano steso sull'asfalto. Le lacrime di Calum mi finiscono negli occhi. Non sento niente. «Mi dispiace» rantola.
Non riesco a capire se gli dispiace per Luke o per avermi impedito di andare con lui. Io mi arrendo, non muovo un muscolo. «È solo.» Singhiozzo e urlo e piango con gli occhi puntati al cielo. «L' ho lasciato solo di nuovo». Ashton si passa una mano sulle guance. «Non è solo».













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