10 ✘ 𝐆𝐇𝐄𝐓𝐓𝐎'𝐒 𝐓𝐑𝐀𝐆𝐄𝐃𝐘

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「 𝐋𝐮𝐤𝐞 」

Almeno due volte al mese io e Carter siamo praticamente obbligati da un'etica morale a presentarci a casa di nostro padre per una patetica cena di famiglia. 
Oggi è uno di quei giorni del mese, motivo per il quale salutiamo nostra madre con sguardo affranto e montiamo in moto.

L'abitazione di papà è grande circa il triplo della nostra, rifinita da un muretto in ciottoli che chiude il giardino in quello che pare un Eden a tutti gli effetti. L'erba perfettamente curata, fiori piantati da quello che pare l'occhio di un designer coi fiocchi, alberi di pesche, il vialetto sterrato senza un solo ciuffo d'erba in contrasto con il grigio dei ciottoli posizionati a regola d'arte, e un gazebo stile vittoriano che fa pendant con la facciata della casa. Sicuramente tutto opera di Hannah e del suo conto in banca; papà non è in grado di abbinare neanche maglia e pantaloni, nè tantomeno di guadagnare soldi.

Carter parcheggia davanti al cancello, scrosta distrattamente un po' di vernice dal muricciolo con il cavalletto della moto e camuffa un sorriso beffardo con un "ops".
Quando arriviamo davanti al portone della casa di Andrew Hemmings io e Carter ci facciamo il segno della croce. Ad aprirci è la sua stoica compagna, Hannah. Ci sorride a trentadue denti nel suo vestito a fiori (gli stessi fiori piantati in giardino) abbracciandoci come se fossimo davvero parenti. Mi sforzo di ricambiare la stretta e lancio un'occhiata a Carter per intimargli di fare lo stesso.

Infondo lei non è tanto male. Anzi, tolte quelle manie di perfezionismo visivo è una donna davvero gentile e simpatica. Ancora non capisco come abbia fatto una come lei a finire nelle grinfie di mio padre. D'altronde non capisco neanche coma abbia fatto mia madre, a finire per sposarsi con mio padre. 

«Ragazzi, come state? Oh, quanto siete cresciuti!» l'ultima volta che ci ha visti è stata due settimane fa, ad occhio e croce.
A meno che qualcuno ci abbia annaffiato nel sonno, non credo sia avvenuta una crescita notevole. Carter sembra pensare la stessa cosa e reprime una risata con un falso colpo di tosse. Apprezzo comunque il tentativo.
Entriamo in soggiorno. Tutto è perfettamente in ordine come l'ultima volta; non un granello di polvere, nessuna maglietta sporca lasciata a marcire sul divano e un profumo di lavanda che (pure questo) sembra andare di pari passo con il design.
Mi chiedo cosa penserebbe Hannah se venisse a farci visita. Di sicuro, alla vista della confusione abnorme che approssimativamente presenta tutta la casa, chiamerebbe i servizi sociali e si offrirebbe di ospitarci qui.

Ma le sono grato perchè diversamente da papà lei non ce l'ha con mamma. Anzi, svariate volte si è offerta di aiutarla. Per qualsiasi cosa. Peró mamma non condivide il fatto che adesso il suo ex marito sia felice con un'altra donna, quindi interpreta ogni atteggiamento di Hannah come un modo per attirare l'attenzione o fingersi una santarellina.
Nè io, nè Carter le abbiamo detto che lei e papà aspettano un figlio. In comune accordo abbiamo decretato che il solo saperlo farebbe oscillare di nuovo le fondamenta di quel poco di famiglia che ci è rimasta.

Nostro padre compare dal piano di sopra. Indossa la sua camicia da pranzo (io e Carter ci sorprendiamo entrambi nel constatare che si abbina perfettamente ai pantaloni che ha indosso) e finisce di sistemarsi i polsini quando ci raggiunge. Un sorriso più finto del nostro e la voglia comune che questa situazione scomoda finisca al più presto.
«Ciao, ragazzi».
Una stretta di mano è tutto ció che ci si puo' aspettare da uno come lui.

Il cibo è davvero buono, ma il fatto di starlo mangiando in un luogo che odio e davanti alla persona che detesto di più, è abbastanza per farmi chiudere lo stomaco con un catenaccio d'acciaio. Dopo la prima portata mi costringo a buttare giù quanta più roba possibile per compiacere Hannah, che sembra essersi impegnata davvero molto per questo pranzo in famiglia, e non voglio che le sue aspettative vengano calpestate per colpa di mio padre. Carter si accorge della mia situazione (un altro boccone e ricaccerò fuori tutto sulla tovaglia ricamata a mano), e quando Hannah è in cucina e mio padre in cantina per prendere un buon vino, mi fa cenno di passargli il piatto. Lo osservo ficcare tutto in bocca e masticare a fatica. Poi alza il pollice in aria e ingoia. «Cristo Santo», borbotta.
«Tutto okay?»
«Sono abituato a ingoiare roba.»
Soffoco una rista e papà compare dal corridoio, un Chianti tra le mani e l'espressione soddisfatta.

BOREDWhere stories live. Discover now