12 ✘ 𝐂𝐀𝐍'𝐓 𝐇𝐀𝐍𝐃𝐋𝐄 𝐂𝐇𝐀𝐍𝐆𝐄

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「 𝐋𝐮𝐤𝐞 」

Vedo uno del terzo anno uscire dall'ufficio della Brown, e allora mi alzo dalla sedia sulla quale stavo aspettando il mio turno e con la nocca dell'indice busso alla porta. Il suo studio è aperto pure negli orari extra- scolastici, il che è un bene perché altrimenti non avrei saputo dove andare.
«Prego» la psicologa scolastica alza il volto dal fascicolo aperto davanti agli occhi, e sorride nel vedermi. Lo studio è lo stesso degli anni passati; la scrivania in mogano posizionata alla parete, gli scaffali pieni di enciclopedie ordinate per colore e altezza, la poltrona in pelle usurata e la foto di laurea appiccata sopra al computer. «Di nuovo qui, Carter?» la donna ridacchia. Io corrugo le sopracciglia. «Salve, ehm... sono Luke. Deve avermi confuso per mio fratello.» Lo fanno sempre tutti.

Lei si poggia una mano in fronte. «Ma certo, Luke! Scusami. Prego, siedi.» Prendo posto sulla poltrona davanti alla scrivania. Davvero non capisco perché tutti finiscano sempre per confondermi con mio fratello. Lui ha le spalle, i ricci e tutto il resto. I suoi occhi sono verdi, i capelli più scuri dei miei, lui ha i piercing e una mascella tagliente come un coltello. E in più è uno stronzo. Non mi piace essere scambiato per uno stronzo.

«È che vi somigliate così tanto, spesso confondo Carter per te», ridacchia.
«Carter viene ancora qui?», chiedo. Credevo che pochi mesi dopo averlo trovato quasi morto in bagno avesse smesso; non ha amai avuto voglia di raccontare i fatti suoi a degli sconosciuti, ma io ed Ashton lo abbiamo praticamente obbligato a parlare con qualcuno dopo quel giorno.
«Oh, be', è così. Non te lo ha detto?» adesso si sente a disagio. E io pure. «No», dico solo. Gioco distrattamente con i pezzi di pelle lacerati sui braccioli della poltrona. La Brown chiude il fascicolo e lo poggia sopra un mucchio di altri fogli e cartelle. Mi osserva. «Allora, come stai? Non ci vediamo da parecchio.»

«Sto- bene. Credo. Si, sto bene. Sono solo un po' preoccupato. Carter è nei casini.»
La donna davanti a me corruga le sopracciglia. «Che tipo di casini, se posso chiedere? In famiglia c'è qualche problema?»
Scuoto il capo. «No, non esattamente. In realtà non so neanche io in che tipo di problema si è andato a ficcare. Il punto è che io non posso aiutarlo, e quando non posso aiutarlo in alcun modo mi torna in mente, costantemente, il giorno in cui ha cercato di uccidersi. È- è più forte di me, comincio a rivederlo steso a terra senza sensi, e allora ci divento pazzo. Non so che fare, per questo sono venuto qui.»

«Carter ha tentato il suicidio?» dalla sua espressione deduco che non lo sapeva. Diamine, adesso siamo pari. Annuisco, lei nel frattempo diventa un po' più pallida di prima. «Quando è successo?», chiede.
«Due anni fa, all'incirca.»
Forse è preoccupata che possa arrivare qualche denuncia alla scuola. Sono sempre preoccupati che accada, dopo il suicidio di Belle Morris e Niall Horan. Tuttavia se lo sta pensando davvero non sembra dimostrarlo. «E perché mai lo avrebbe fatto?»

Decido che il danno ormai è stato commesso, e tanto vale raccontarle tutto per il solo motivo che ho realmente bisogno di parlare con qualcuno.
«Nostra madre stava da mesi chiusa in camera a deprimersi per l'abbandono di nostro padre, lui nel frattempo era andato a vivere con la sua nuova compagna. Carter ci stava male, credo. Non lo dimostrava mai, ma alla fine stava male anche lui. E poi be', è successo. Io e Ashton siamo tornati a casa da scuola e lo abbiamo trovato in bagno.» Parlarne non è che mi faccia fare i salti di gioia. Prima d'ora non avevo mai fatto mente locale e raccontato dell'accaduto, ma decido di fare un'eccezione oggi. Magari è il momento buono che il mio cervello chiuda definitivamente il capitolo.

«Ashton Irwin è il vostro fratellastro, non è così?»
Annuisco. «Sì, ma allora mamma non si era ancora messa insieme a suo padre. Io e Ashton eravamo solo amici.» In realtà era il pusher di Carter, e siccome mio fratello non era andato a scuola quel giorno dicendo di sentirsi poco bene e Ashton aveva un paio di grammi da consegnargli, ci siamo ritrovati a camminare insieme verso casa. Ma decido di tralasciare questo particolare.

BOREDWhere stories live. Discover now