2 ✘ 𝐆𝐑𝐔𝐍𝐆𝐄 𝐈𝐒 𝐃𝐄𝐀𝐃

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「 𝐋𝐮𝐤𝐞 」

Ogni mia giornata scolastica vede susseguirsi cinque fasi fondamentali: alla prima ora mi ritrovo a prendere appunti con gli occhi assonnati mentre sposto continuamente lo sguardo sull'orologio. Alla seconda ora, quando già sono un po' più lucido di prima, inizio con i dubbi esistenziali e le domande senza risposta. Della serie "perché sono qui?", "perché le scimmie non si evolvono come abbiamo fatto noi esseri umani?", "sto davvero vivendo oppure è solo un sogno e io nella realtà sono un barbone tutta pappa e ciccia che è finito in coma etilico su una panchina della stazione?". Cose così mi portano al completamento della seconda fase e l'inizio della terza: desiderare ardentemente di essere morto o immaginare una serie di sfortunati eventi che potrebbero segnare la fine di tutto questo. Uno scontro frontale con un camion, overdose, impiccagione, proiettile in testa, taglio di vene. Le penso tutte, pur di pensare ad altro. Mi immagino in ognuna di queste situazioni e poi tiro un voto da uno a dieci sulla scala di dolore che potrebbero recarmi. Sono un fifone, io, quindi sceglierei senza dubbio la via più veloce. Almeno a un passo dalla morte ho bisogno di un po' di pace.

La quarta fase ha luogo tra la prima pausa e la quarta ora. È il desiderio di trovarsi altrove. In qualunque altro posto. Penso sia un desiderio collettivo; è una delle poche cose su cui vado d'accordo con mio fratello: la scuola ammazza gli adolescenti. Non lo dico per sembrare un'arrogante presuntuoso o quant'altro, lo dico perché nella mia dimensione le cose stanno così. E basta.

Poi c'è l'ultima fase, quella che poi mi porto dietro per tutto il corso della giornata. La rassegnazione. Che tanto ormai ci sono e devo accontentarmi, non è così? Si, è così. Quindi non mi importa più di nulla, vago come un guscio vuoto fino al momento in cui finalmente posso andarmene a dormire e sperare che il giorno seguente le cose andranno in modo diverso. È questo lo scopo della mia esistenza: sono qui per pormi domande sulle scimmie e poi fregarmene della risposta, perché forse non mi importa o non dovrebbe importarmi.

«Senti, Luke». Carter mi si avvicina facendosi largo tra gli altri studenti. È appena suonata l'ultima campanella e tutti si stanno riversando fuori dall'Istituto, devo piantare i piedi a terra per evitare di essere trasportato da una parte all'altra. «Io, Audrey e Calum volevamo andare a farci un giro»
«E vuoi la moto.»
Abbozza un sorriso. Dio, quanto mi manda in bestia quando fa il carino solo per chiedermi qualcosa. Lo sa benissimo che detesto quando lo fa. Ma continua a sorridere.

«Ti prego.»
«La macchina di Calum?»
«È dal meccanico, lo sai. Mica possiamo montare in tre sulla moto di Audrey.»
«Io che ci guadagno?»
«Pulisco la tua parte di stanza per una settimana.»
«Ma la mia parte di stanza è sempre in ordine. Sei tu quello che ha bisogno di aiuto.»
Ci pensa su. Sa che ho ragione. La sua parte è diventata una specie di mercatino dell'usato-discarica. L'ordine lo fa andare nel panico.
«Sta sera cucino io. Pasta. Ti piace, la adori.»
E allora mi sono già stufato di contrattare, e lui pure, quindi «Affare fatto», dico. Cerco le chiavi della moto nella tasca degli skinny e quando le lancio lui le afferra al volo. Le tengo sempre io perché Carter sa perdere qualsiasi cosa. Una volta ha persino perso nostra sorella.
«Ma torna entro le sei. Mamma e Dave se ne vanno a quell'ora e non voglio rimanere solo con Lucifero per troppo tempo.»

Lucifero è il soprannome che abbiamo affibbiato entrambi a Lily. Nonostante abbia poco meno di un anno, quella bambina si è dimostrata davvero ostile nei riguardi di qualunque essere vivente le stia attorno. Un po' mi ricorda Carter.
Fatto sta che mi rassegno di nuovo al fatto di dover prendere il pullman per tornarmene a casa. Ashton aveva l'ultima ora libera quindi se ne è andato prima e non ho nessuno che possa darmi uno strappo.
Salgo sul primo autobus che arriva, quello che di solito prendevamo io e Carter prima di avere la patente.
Quasi riesco a vederci; due stupidi sedicenni con la frangia da emo che trovano a stento due posti liberi e si infilano le cuffie alle orecchie, aspettando mezz'ora solo per poter tornarsene a casa.

BOREDWhere stories live. Discover now