PROLOGO

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La galassia è colma di misteriosi oggetti magici. Uno di questi, forse il più effimero e difficile da individuare e possedere, è una scheggia di diamante limpida come le acque di sorgente. Il Diamante Perduto.

Qualcuno dice si tratti della settima Gemma dell'Infinito, qualcuno crede sia solo una pietra magica. E qualcun altro è certo che sia solo una favola della buona notte.

Poiché l'ultimo avvistamento della pietra da parte di un asgardiano risale a Ere fa, è difficile poter dire con esattezza quali poteri abbia. Questo diamante appare in un luogo qualsiasi della galassia, sceglie il suo portatore e resta con lui fino alla sua morte, o finché non viene donato spontaneamente ad un altro possessore. La pietra non può essere rubata, o scomparirà. Non può essere presa con la forza, o scomparirà. Non si può assassinarne il possessore per appropriarsene, o scomparirà.

È la pietra che sceglie il portatore, non il contrario. Altrimenti...

«Sì, sì, scomparirà! Ho capito!» berciò Loki chiudendo il libro impolverato. Il Dio dell'Inganno aveva messo a soqquadro la biblioteca del palazzo reale alla ricerca di informazioni su quella pietra, e quell'inutile volume dalle pagine ingiallite era l'unico che la nominasse. Il fatto che intorno ad essa aleggiasse un'aura di mistero, la rendeva decisamente interessante e Loki era certo che un gingillo di cui si sapeva poco dovesse essere fonte di grande potere. Non c'erano informazioni a riguardo e lui aveva deciso di scoprire da solo quello che voleva sapere.

Heimdall riuscirà a vedere dove si trova. Dovrò solo convincerlo a dirmelo e a farmi arrivare lì col Bifrǫst, pensò. Non era esattamente un gioco da ragazzi, ma poteva riuscirci.

Senza ulteriore indugio, uscì dal palazzo e attraversò il ponte per raggiungere il Bifrǫst e il suo guardiano.

«Loki» disse quello, salutandolo con malcelato disprezzo.

Il Dio dell'Inganno non ci badò. Avrebbe pensato poi a come vendicarsi della sua mancanza di rispetto, magari usando proprio il diamante.

«Devi osservare il cosmo e trovare una cosa per me» ordinò. Heimdall continuò a fissarlo con i suoi occhi dorati, così lui proseguì. «Si tratta del Diamante Perduto.»

«Se è perduto, come pensi che io...»

«Risparmiami le tue chiacchiere. Sei l'unico in tutta la galassia in grado di trovarlo e lo farai per me» ripeté Loki digrignando i denti per il disappunto.

«Perché dovrei farlo? Sei agli arresti domiciliari» gli ricordò, facendo anche un accenno di sorriso per schernirlo.

«Come osi rivolgerti a me in questo modo! Io sono il tuo principe!» gli gridò Loki, rosso di rabbia. Era sempre più difficile tollerare quel trattamento. Da quando Thor lo aveva riportato ad Asgard in catene, nessuno gli riservava il minimo rispetto. Dopotutto aveva solo provato a governare Midgard usando un esercito di Chitauri: una guerra tra popoli come ce n'erano state a milioni in tutto l'universo. E ora che lui decideva di cominciarne una, la conquista di un altro regno era diventata un crimine? Odino stesso aveva sbaragliato intere popolazioni e adesso cambiava le regole per tenerlo imbrigliato e sorvegliato. Come poteva poi meravigliarsi del suo odio e del suo rifiuto di considerarlo un padre?

Lo sguardo di Heimdall si spostò oltre lui e prima che il Dio dell'Inganno potesse minacciarlo per questo, una dolce voce femminile attirò la sua attenzione.

«Loki, figlio mio. Non è questo il modo di parlare.»

Lui si voltò e vide di fronte a sé l'unica persona che amasse in tutta Asgard. O, per meglio dire, in tutto l'universo.

Frigga non aveva mai smesso di chiamarlo "figlio" anche se ormai era risaputo che non lo fosse, anche dopo che lui era stato crudele e aveva quasi spazzato via New York. Lei lo amava incondizionatamente.

«Madre... volevo solo...»

«Andartene?» concluse per lui, sorridendogli. Si avvicinò, le sue vesti ricamate d'argento frusciarono sul pavimento. «Ti ho osservato, questi giorni. Pensavo avresti usato la tua libertà per riavvicinarti al tuo popolo, invece...»

«La chiami libertà?» la interruppe. «Ho sempre le guardie alle calcagna ovunque vada. E poi... io non sono asgardiano, non provo il minimo interesse a mischiarmi alla plebaglia di questo posto.»

«Ma vorresti governarla» sospirò Frigga.

Loki sfoggiò un sorriso diabolico. «Come merita.»

La regina lo osservò a lungo, poi gli mostrò il libro che fino a quel momento aveva tenuto contro il petto. «Lo hai lasciato sul tavolo della biblioteca. Devi averci letto qualcosa di interessante, se sei corso qui. Cos'è che cerchi, figlio mio?»

Era inutile mentire, a quel punto. «Il Diamante Perduto.»

La regina sollevò il mento e annuì lievemente. «Capisco. E immagino che rientri nei tuoi piani per governare questa plebaglia come merita. Loki, questa tua brama di potere ti distruggerà. Tuo padre...»

«Odino non è mio padre» tenne a precisare.

Lei lo guardò, ferita dalle sue parole. «Mi dispiace che tu creda non sia stato amato al pari di Thor. Perché non è così. Da dove arriva tutto questo rancore, tutta questa rabbia?» Frigga abbassò lo sguardo e sospirò.

Loki si sentì in colpa. Giusto un po'.

«In ogni caso, il Diamante Perduto è una leggenda» riprese Frigga con occhi lucidi. «Ve la raccontavo da bambini prima di farvi dormire. Ma sono solo storie senza fondamento. Nessuno sa dove sia, né che poteri abbia.»

«Allora sarà ancora più divertente scoprirlo» disse il Dio dell'Inganno.

Si fissarono per qualche istante e per Loki fu difficile leggere lo sguardo della madre e capire cos'avesse in mente. Poi la regina si rivolse a Heimdall.

«Per favore, cerca il Diamante Perduto e poi apri il Ponte dell'Arcobaleno per far arrivare Loki in quel luogo.»

Gli altri due sgranarono gli occhi a quell'inaspettata richiesta.

«Mia signora, io...»

«Fidati di me, Heimdall» gli sorrise Frigga.

Il dio dagli occhi dorati annuì, poi volse lo sguardo al cielo. Bastarono pochi attimi e trovò la pietra. «È a Midgard, mia regina.»

Loki lasciò cadere le braccia. «Ma perché sempre Midgard?!» sospirò esasperato.

«La possiede una giovane terrestre di Vancouver.»

«Bene» sorrise Frigga.

«Bene?» ripeté Loki con scetticismo. La regina gli accarezzò delicatamente una guancia. Gli sembrò di essere sfiorato da un petalo. «Mi permetterai di andare?» le domandò con sorpresa. Non aveva minimamente nascosto le sue intenzioni ed era ancora agli arresti domiciliari.

«Sì.»

C'era qualcosa sotto. Il Dio dell'Inganno era certo che in quel momento fosse lui, quello ingannato. Ma dopotutto sua madre gli stava concedendo ciò che lui voleva.

Così Heimdall aprì il Bifrǫst e Loki tornò ancora una volta su Midgard.

***

Ma buongiorno, gente!!!

Ve lo avevo detto che sarebbe arrivata questa FF! Per ora nulla di nuovo, se avete letto il racconto (che ve lo ricordo ancora, trovate in "After all this time? Always" nella mia bacheca). Ma ovviamente ci saranno dei risvolti che... be', vedrete se continuerete a leggere!

Cercherò di aggiornare la storia ogni domenica, se la memoria mi assiste 😅 Il buon proposito c'è, comunque, il che non è poco!

Piccola postilla: questa FF è ambientata dopo gli eventi di Avengers 1 e Loki è appunto agli arresti domiciliari, dopo aver comunque trascorso un periodo nelle prigioni asgardiane.

E niente, per ora non ho altro da aggiungere.

Alla prossima!

Bye bye!

Cla 💚

LOKI - Non c'è ingannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora