7. Un inizio.

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ROXIE

Non pranzammo. Già tanto se riuscimmo a sistemare gli alimenti in frigorifero.

Non ebbi modo nemmeno di ispezionare la casa per bene perché avevo stuzzicato così tanto Wallace, che mi aveva portato in camera da letto con una velocità disarmante. Specialmente, quando avevo rotto la custodia del profilattico con i denti e glielo avevo inserito usando principalmente la lingua. Era rimasto scioccato. Gli avevo ricordato che era una delle specialità di Roxie Gatina. Gli unici particolari che avevo notato erano: l'ordine perfetto di ogni singola cosa in quella casa, la pulizia impeccabile e la grande vetrata in mezzo al salotto che dava sul giardino, il quale circondava l'intero stabile. Era contornato da una grande siepe affinché nessuno potesse guardare all'interno. I mobili si alternavano tra il bianco e il nero in un equilibrio perfetto. E avevo avuto ragione su un'altra cosa: la casa era leggermente fuori città, isolata dalle altre. Ero rimasta sorpresa nel vedere quanto fossero ampi gli ambienti, non come la mia casina. Persino la camera aveva un letto matrimoniale dalla testata nero in contrasto con le lenzuola bianche. Io, ad esempio, avevo una finestra alla destra del letto, lui aveva un'altra portafinestra a vetro, nella quale si poteva uscire in giardino. L'aveva lasciata aperta, infatti la tenda di lino continuava ad agitarsi a causa di un lieve venticello.

Nella foga, aveva dimenticato di accendere l'aria condizionata, infatti avevo la pelle nuda imperlata dal sudore. I capelli umidi alle tempie, li legai in un chignon.

Wallace sdraiato prono, mi circondò la vita con il braccio e si avvicinò tanto da toccarmi la spalla con la punta del naso.

«Forse dovrei andarmene e lasciarti riposare, dato che hai dormito davvero poco.» Guardai i suoi lineamenti stanchi, gli occhi chiusi. Il braccio mi strinse di più la vita e fui costretta ad avvicinarmi a lui. «Non vai da nessuna parte tu.»

Alzai gli occhi al cielo. «Ma se non facciamo sesso, la mia presenza è inutile.»

Wallace sbuffò dal naso. «Allora dammi cinque minuti e sono tuo.»

Scoppiai a ridere. «Guarda che non è un male ammettere la sconfitta.»

Mi diede un pizzicotto sul braccio facendomi trasalire. «Che diavolo fai?»

«Tu non vai da nessuna parte, Roxie.»

Un sorriso mi si dipinse in volto. «Non ti starai mica affezionando, Roe?»

«Lo ero già prima che finissimo a letto.»

«Questo è un male.»

«Non lo è. E ora lasciami dormire.» Borbottò girandosi d'un fianco e trascinandomi a sé ritrovandomi con le spalle contro il suo petto. Mi circondò con il braccio, che strinsi, chiudendo gli occhi. Il suo bicipite mi avvolgeva completamente, tanto da farmi sentire minuscola in confronto. «Cinque minuti» mormorai sentendo improvvisamente le palpebre pesanti. «Solo cinque minuti e me ne vado.» La verità era che non avevo né la voglia né la forza di alzarmi da quel letto.

Wallace sbuffò una risata. «No, che non te ne andrai.» Il braccio mi strinse ancora di più impedendomi di muovermi. La stanchezza mi assalì e mi ritrovai a farfugliare, i pensieri sconnessi: «no, non me ne andrò.» E poi mi addormentai.

Non sapevo quanto avessi dormito esattamente, ma fuori il sole stava tramontando colorando il cielo di tonalità rosee.

Ero ancora posizionata nella stessa posizione e Wallace continuava a tenermi premuta contro di lui. Le tende oscillavano delicatamente scontrandosi contro la cassettiera nera.

Mi mossi leggermente per stiracchiarmi e il sedere andò a strusciarsi contro Wallace. Afferrai il suo braccio e lo strinsi come se fosse una coperta pronta a scaldarmi, eppure era estate.

Mostrami la fiducia (#3 Nightmares Series)Where stories live. Discover now