14. Sono qui, mi fai entrare?

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WALLACE

Seduto sulla sedia in vimini fuori in giardino, con una birra in mano, affrontavo il pomeriggio di quella domenica. Per essere l'inizio di settembre faceva abbastanza caldo e questo mi permise di restare a dorso nudo sperando di abbronzarmi un po'. Quell'estate non avevo avuto modo di andare al mare dato che il lavoro fluente non me lo aveva permesso. Ma ci sarebbe stata occasione più avanti. Per fortuna avevo la carnagione abbronzata dallo scorso anno.

Con gli occhi chiusi tentai di ignorare i mille messaggi di Sybil, dove non faceva altro che parlarmi di quanto gli piacesse Eric e mi domandava di cenare insieme... con Roxie.

Era complesso spiegarle la situazione e dirle che erano due settimane che non l'avevo vista in privato. L'ultima volta l'avevo vista venerdì al Nightmares, ci eravamo parlati, ma molto freddamente, per quanto avessi cercato di essere più amichevole possibile.

Avevo continuato a fare come promesso, quindi le avevo lasciato il tempo e lo spazio, ma iniziavo ad avere il sospetto che Roxie non sarebbe più venuta a cercarmi. Forse, aveva deciso di scappare a chilometri di distanza da una situazione che l'avrebbe portata fuori dal suo controllo.

Proprio mentre mi chiedevo se Roxie sarebbe mai stata pronta ad accettare una relazione più seria, il campanello trillò. Lasciai la birra sul tavolino di fronte, e mi alzai. Mi sgranchii la schiena nel tragitto fino alla porta. «Chi è?»

«La tua rossa preferita!»

Sorrisi tirando in giù la maniglia e aprii la porta.

Schiusi le labbra e strabuzzai gli occhi.

«Anche se tanto rossa, non sono più.» Cinguettò sorridendo sornione.

Tutta l'aria che avevo nei polmoni sparì in quel frangente. Ero senza fiato. Roxie era sempre stata bellissima ed ero sempre stato attratto da lei, ma mi ero sempre chiesto come sarebbe stato vederla col suo colore naturale, e francamente mi ero ormai arreso all'idea che non sarebbe mai successo e invece ora... ecco lì. Roxie da castana scura diventava la cosa più simile alla perfezione. Non esisteva un termine adatto per descriverla. Il castano dei capelli risaltava quello degli occhi. Roxie in modalità pseudo naturale era qualcosa di stupefacente.

«Scusa se ci ho messo tanto, ma avevo un lavoro da fare prima, come vedi.»

Porca vacca, non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Mi accasciai contro lo stipite della porta.

«Ti chiederei un parere, ma sappi che il tuo sguardo parla chiaramente e questo provoca una certa reazione al mio corpo.»

Avevo perso la capacità di parlare. Per esprimere il concetto, non trovavo i giusti termini perché erano tutti un eufemismo. «Anch'io sento una certa reazione nel mio corpo.»

Lei rise e guardò in basso. Alzò un sopracciglio. «Accidenti, lo vedo.»

Mi costrinsi a prendere un profondo respiro e lasciai che la nube che mi aveva offuscato la mente si dissipasse. «Stai bene?» Le chiesi. Avevo una tonnellata di domande da porle, ma decisi che cominciare con quella era l'ideale. Lei annuì. «Sto bene, tu?»

«Sei incantevole.» Replicai incapace di guardare altrove.

«Lo spero dopo tutte le ore spese tra tinta e piega!»

Sorrisi. «Come mai hai scelto di tornare al colore originale?»

«Ho fatto un fioretto. E poi si sa che le donne si torturano i capelli quando c'è aria di cambiamento.»

Tralasciai la prima frase, anche se mi appuntai di chiedere spiegazioni successivamente. «Cambiamenti?»

«Sono qui, no?» Replicò.

Mostrami la fiducia (#3 Nightmares Series)Where stories live. Discover now