Capitolo 11

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Frodo era gravemente ferito e io non riuscivo a spannare i miei occhi dalle lacrime. Quando Granpasso riuscii a far fuggire tutti i Nazgul ebbe tempo per medicare il mio padrone, ma un attimo dopo l'oscurità della notte venne trafitta da un'intensa luce bianca. Da quella luce comparì l'Elfa più bella che avessi mai visto, anche l'unica. Aveva dei lunghi capelli neri sciolti sulle spalle, il viso candido e degli occhi lucenti come la neve.
Lei e Granpasso parlarono in una lingua che non compresi; forse Elfico, pensai. Fino a che il ramingo si caricò Frodo sulle spalle poggiandolo sul cavallo dell'Elfa. Io li raggiunsi velocemente.

"Dove lo vuole portare?" Domandai.

"Deve correre il più velocemente verso Gran Burrone. Altrimenti non ci sarà speranza. Arwen sarà più veloce."

Io annuii con riluttanza, non ero felice sapendolo lontano da me. Strinsi forte la sua mano che sporgeva dal dorso del cavallo "Padron Frodo..."
Lui mi guardò, ma nel suo sguardo non intravedevo nessuna emozione, continuava a gemere come se gli mancasse l'aria.

Io mi rivolsi a Granpasso "Non posso. Non posso lasciarlo andare." Singhiozzai.

Lui poggiò la sua mano sulla mia spalla "È in buone mani Samwise, non succederà nulla."

"Nei sei sicuro?!" Ribattei, ma non ricevetti risposta.

Quando lo vidi allontanarsi da me sentii un vuoto nel cuore. Le lacrime si posarono delicatamente sulle mie guance, non potevo fare nulla per riportarlo indietro. Non avevo scelta, aveva bisogno di cure urgenti, sempre che c'era rimasto del tempo e in tutti i momenti che camminavo verso Gran Burrone con Merry, Pipino e Granpasso sentivo vicino a me la sua mancanza. La sua risata, i suoi intensi sguardi. Frodo.

Frodo, Frodo, Frodo. Ripetevo il suo nome ogni volta che ero assorto tra i miei pensieri e ripensavo al suo profumo alla menta, ai suoi riccioli castani, ai suoi immensi occhi blu, al suo corpo sopra al mio quando giocavamo insieme. Fu la prima volta, dopo che partimmo, che ricordai la nostra infanzia e già ne sentivo la mancanza. Pregai che non gli fosse accaduto nulla e che ci saremmo rivisti il più presto possibile.

Proseguimmo per tre lunghi giorni fino a che, da lontano, intravidi Gran Burrone.
Non era facile da descrivere, ma più ci avvicinavamo più il tutto sembrava più grande di quanto avessi pensato. I giardini pensili furono la prima cosa che notai. Erano immensi, bellissimi. Il palazzo sembrava fatto di marmo, un marmo più bianco della panna che usavamo io e Frodo per fare le torte a casa Baggins. C'erano piante che non avevo mai visto, mi sembrava di essere in un altro mondo...in effetti era così.
Alcuni Elfi ci accolsero con un volto di scherno, ci riferirono che per ordini del Re Elrond potevamo alloggiare lì, per il momento. L'unica cosa che volevo io, invece, era poter vedere Frodo, ma Granpasso mi ordinò di lavarmi e riposare.

Separandomi da Merry e Pipino, mi fecero entrare nella camera da letto più grande che avessi mai visto. Il letto era il triplo del mio corpo, non arrivavo nemmeno alla metà dell'armadio, il soffitto e le pareti sembravano essere dipinte di oro puro, forse era davvero così. In fondo alla stanza c'era un bagno, grande come la mia camera ad Hobbiville. Mi lavai. Inizialmente volevo fare tutto velocemente per andare dal mio Frodo il più presto possibile. Ma il sapone e l'acqua della vasca da bagno sembravano un incantesimo. Una strana magia che non voleva farmi uscire. Stavo per addormentarmi se non fosse stato per l'acqua che mi sommerse completamente. Trasalii e uscii dalla vasca. Mi rinfilai velocemente i miei vestiti, seppure puzzolenti e incrostati di terra e sangue. Erano gli unici che avevo.

Quando uscii dalla stanza da bagno, trovai sul letto dei vestiti identici ai miei, benché con qualche ricamo in più. Profumavano di mandorle, sembravano nuovi di zecca. Li indossai velocemente, lavando i miei vecchi abiti. Quando il mio sguardo si spostò verso quel grande letto, avvertii la stanchezza avventare velocemente sul mio corpo. Una parte di me desiderava immensamente raggiungere Frodo. Non avevo ancora avuto sue notizie. Non sapevo nemmeno se era arrivato davvero a Gran Burrone, non sapevo se era vivo. Deglutii al solo pensiero di averlo perso per sempre. Immaginavo che un'altra parte di me avrebbe voluto affossare la testa sul cuscino del letto e dormire fino al giorno dopo. Il sole non era ancora tramontato e io potevo resistere ancora un po'. Dovevo vedere il mio padrone. Dovevo vederlo. Dovevo.

Wherever you are  [IN REVISIONE]Where stories live. Discover now