28.

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Casa non è mai stata
un posto per me;
Casa era dov'era Frodo.
Casa era lui.

...

La sua risata.
Udivo la sua risata bambina da lontano.
D'un tratto chiamò il mio nome, e poi un'altra volta ancora. E non smetteva di ridere.

<Chi fa prima!> gridò la sua vocina.
Lo sentivo correre, correvo anche io, ma non vedevo nulla. Mi resi conto che entrambi galoppavamo nel campo di grano. Percepivo le spighe pungermi la pelle e saldarsi tra le mie vesti. Il vento scrollava e fischiava nelle mie orecchie.

Tenevo chiusi gli occhi, seppure avrei voluto aprirli. La luce aveva voglia di penetrare all'interno delle mie palpebre, ma non riuscivo a scorgerla.

<Stiamo volando, Sam! Stiamo volando!" Gridava e gridava, la sua voce era quasi assordante, come un improvviso rullo di tamburi. Ma il suo canto era soave, dolce come le sue membra esposte alla calda luce.

<Dove siamo?> riuscii a dire.
Lui rise ancora, percepivo le sue iridi incendiare il mio corpo al suo sguardo.
<Ma come...hai dimenticato? Non è da te, Sam.>
Correvamo ancora e ancora, non riuscivo a fermarmi. Lo sentivo davanti a me, che mi guidava non conoscendo una meta.

D'improvviso sentii Frodo fermarsi, mi fermai anche io. Ripetei nuovamente la domanda e quella volta lui rispose: <Siamo nella nostra stella, Sam. Non la riconosci, forse? Siamo in paradiso...siamo in paradiso.>

Per un istante, per un singolo istante riuscii ad aprire gli occhi e vidi il suo candido volto, come fosse un prato; le sue bianche guance come fossero la neve caduta sull'erba; le sue iridi...come fossero il mare al mattino. Gelide e piene di vita; i suoi denti come fossero la spuma di mare.
E le sue labbra...oh, quelle labbra che sapevano di sale, che erano rosse come il sangue, che erano morbide come la panna e che erano dolci come una poesia.

<Ti amo anch'io.> aveva ripetuto come l'ultima volta. Poi tutto cessò.
E vidi una luce diversa innondare le mie iridi.

...

Aprii gli occhi.
Mi trovavo su un letto abbastanza morbido, la mia testa era poggiata su un cuscino e percepivo un intenso odore di mandorle. Ero interamente rinfoderato in una coperta di Lino calda, indossavo una camicia da notte e sentii che le mie ferite erano state medicate.
Mi bloccai.
Ero vivo?
No, impossibile.
Mi ero sentito morire...in un certo senso.

Cercai di mettermi seduto, poggiando la schiena sulla spalliera del letto.
Esaminai la stanza. Era molto simile a quella dove alloggiai a Gran Burrone. Era molto luminosa, quando mi voltai verso la finestra la luce quasi mi accecò.

Un attimo dopo udii la porta aprirsi lentamente e fui sicuro che il mio cuore si fosse fermato.
Sulla soglia vidi una figura molto familiare, sgranai gli occhi incredulo.

"Gandalf..."
Il mago era diverso da come me lo ricordavo. Il suo grande cappello grigio era scomparso, per sino le sue vesti erano differenti. Mi sorrise a trentadue denti con le mani poggiate sul grembo, ma io non riuscii a muovere un muscolo.
"Significa...che sono morto davvero?" Bofonchiai.
Gandalf rise ancora di più e si avvicinò ai piedi del letto.
"No, mio caro Samwise. Sei vivo e vegeto, per nostra fortuna. Siamo riusciti a salvarti in tempo."

Salvarmi?
In quel momento capii il perché l'ultima visione che abbi a Mordor prima di perdere i sensi era proprio Gandalf. Era sul manto di...
"Aquile." Esclamò lui "Sono arrivare giusto in tempo."
La mia bocca, ancora incredula formò una O, fino al momento in cui pensai a lui.
"Dove..."
"Sei al sicuro, nella casa degli Elfi. Abbiamo-"
"Dov'è Frodo?!" Completai.

Wherever you are  [IN REVISIONE]Where stories live. Discover now