Capitolo 38

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Capitolo 38

Il lunedì mattina, Marco uscì per andare a lavoro. Aveva dormito in salotto, per cui, con Laura si erano scambiati soltanto uno striminzito Ciao quando lui era uscito dal bagno posto accanto alla loro camera da letto. Laura era scesa giù lasciandogli la camera libera per cambiarsi. Sperò, che con il passare dei giorni, il turbamento della domenica prima si affievolisse e Marco tornasse ad avere un umore condivisibile. 

Per quella giornata, Laura aveva due appuntamenti di lavoro, uno in mattinata e un altro nel pomeriggio. Si preparò con calma. Per un attimo pensò di inviare un messaggio a Sara per chiederle quando sarebbe rientrata, ma poi, abbandonò questa intenzione. Prima che arrivasse la sua paziente inviò un messaggio a Marco 

Come va? Stai bene? 

 Lui rispose dopo un po', con un telegrafico  No

Laura era dispiaciuta per quella situazione. Sentiva un macigno addosso, ma non aveva intenzione di ritirare quello che aveva espresso. Ormai era fatta. Con Marco avevano giocato a carte scoperte. Lui se ne doveva fare una ragione. Sperò soltanto che assumesse un comportamento maturo e ragionevole. 

Sara rientrò verso le 10.30. Laura si accorse del suo arrivo mentre era in seduta. Lo studio aveva ampie finestre che venivano schermate con leggere tende in garza di colore rosa antico ed era organizzato con un doppio accesso: uno si apriva direttamente sul cortile esterno e l'altro comunicava con l'interno della casa. Tutti sapevano che, quando Laura era in seduta, dovevano fare meno rumore possibile e sostare meno possibile nel soggiorno adiacente. Quando la paziente si congedò Laura raggiunse sua figlia su in camera, ma in procinto di bussare alla porta, la udì conversare al telefono. Bisbigliava, ridacchiava... Parlava sicuramente con Stefano, pensò. Provò compassione per se stessa. Quei momenti non appartenevano più a lei, e le sembrò che tutta la sua vita stesse avvizzendo a poco a poco come una pianta al termine della sua stagione. Poi, si allontanò. Le pareva di rubare l'intimità di sua figlia, così entrò in camera sua chiudendo la porta rumorosamente. Sara la raggiunse poco dopo, mentre Laura fingeva di occuparsi della sistemazione del letto.

"Ciao mamma" le andò incontro abbracciandola. Si vedeva che stava bene ed era felice, notò Laura. "Ho visto che stavi lavorando..." continuò Sara.

"Sì. Ero salita per salutarti, ma ho sentito che stavi al telefono".

"Sì..." confermò Sara, con occhi brillanti.

"Eri con lui?" chiese delicatamente Laura, accennando un sorriso sulle labbra. Sara annuì. "Ma non vi siete salutati poco fa?" continuò Laura, ridendo.

"Sì, ma volevo salutarlo ancora, risentire la sua voce" disse la ragazza con voce sognante, buttandosi con la schiena sul lettone. Laura provò tenerezza per sua figlia e una timida nostalgia allo stesso tempo. Le conosceva bene quelle sensazioni di euforia mista a eccitazione. Le aveva provate anche lei fino a poco tempo fa, quando telefonava a Stefano la mattina presto e lui le rispondeva con voce ancora assonnata e a lei tremavano le gambe quando lui pronunciava il suo nome.

"Sei proprio innamorata!" disse a sua figlia, riversandosi su di lei per farle il solletico sulla pancia. Risero di cuore, poi rimasero per qualche minuto sdraiate sul letto, abbracciate.

"Sì. Mi piace. E' gentile, intelligente, premuroso. Questa casa dove si recano in estate è molto graziosa e accogliente. Ha un bel giardino, pieno di piante fiorite e c'è un bellissimo albero di ulivo e nel retro c'è un grazioso gazebo con un tavolo in pietra dove ieri abbiamo pranzato" riprese sua figlia mentre guardava su, verso il soffitto. 

Incredibile. 

Sua figlia aveva osservato gli stessi dettagli e Stefano aveva iniziato ad apprezzare il gazebo nel retro della casa, pensò.

Il canto delle sireneWhere stories live. Discover now