Capitolo 1

709 29 24
                                    

Le urla di mia madre mi fecero accapponare la pelle, mi portai le mani sulle orecchie cercando di non sentire, ma non funzionò e le minacce di mio padre aumentarono.

Volevo rendermi utile, aiutarla e salvarla da quel mostro che diceva di essere sangue del mio sangue, ma come potevo? Ero solo un codarlo.

Un altro urlo.
Un piatto frantumato a terra.
Basta così, mi alzai e come una furia mi diressi al piano di sotto parandomi davanti a mia madre.

"Lasciala andare! Cosa ti ha fatto la mamma?" Urlai con gli occhi colmi di lacrime, ma la mia forza d'animo era maggiore.
Le sue grandi mani mi circondarono i polsi, sollevandomi per poi lanciarmi lontano facendomi sbattere contro la credenza. "Sei tu il problema! Non saresti mai dovuto nascere! Ti odio."

Sgranai gli occhi e misi a fuoco l'ambiente che mi stava circondando, la mia stanza. Sospirai e mi passai una mano sulla fronte per liberarmi del sudore eccessivo.
Guardai la sveglia e notai di come fosse ancora presto.
Non ne potevo più, ogni notte sempre la stessa storia.

Decisi di alzarmi, ignorando il bruciore alle palpebre che mi chiedevano di dormire un altro po', mi diressi in bagno e ammirai il mio volto stanco con le occhiaie. Da mesi ormai gli incubi erano parte di me e delle mie notti insonni, scossi la testa per tornare lucido e mi avviai al piano di sotto, dove ero sicuro di trovare mia madre ad armeggiare con i fornelli.

Non mi sbagliai, lentamente mi avvicinai e la sorpresi da dietro, facendola imprecare a denti stretti. "Katsuki! Ti pare il modo?" Sbraitò con la paletta in mano guardandomi truce.
Ghignai e mi misi a sedere a tavola. "Sei mattiniero oggi." Guardò l'orologio da polso. "Troppo anche." Il suo sguardo tornò sui pancake, lasciando morire la conversazione sul punto di nascere.

Parlarle dei miei incubi era fuori discussione, ormai era da tempo che avevo smesso di sorridere e di vivere appieno la mia vita.
"Figliolo, come stai?" Domandò retorica, sapendo benissimo il tumulto di emozioni negative che mi portavo dentro.
Deglutii a vuoto, evitai il suo sguardo e tenni la testa bassa.
I suoi passi si fecero sempre più vicini, chiusi gli occhi e cercai di regolare la respirazione, anche solo parlarne mi lacerava dentro.
"Dovresti consultare uno psicologo." Mi accarezzò la testa ma subito mi ritrassi, alzai la testa di scatto e vidi nei suoi occhi la pietà e la compassione.
Strinsi i denti e assottigliai le palpebre.
"No. Non mi farò psicanalizzare." Ringhiai stringendo forte la presa sul tavolo.

Mi passò i pancake, continuando a guardarmi in quel modo compassionevole. "Ti farebbe bene." Continuò la sua messa in scena e sbottai. "NO! CAZZO, NON VOGLIO! SONO MAGGIORENNE E DECIDO IO COSA È MEGLIO PER ME." Le puntai un dito contro, il mio respiro si fece pesante e sentivo le vene pulsare sul collo.
Abbassò il capo e si arrese. "Voglio solo il meglio per te. Una madre non può sopportare di vedere il proprio figlio come un'automa. So che dentro di te sei confuso, arrabbiato e deluso ma parlarne di farebbe bene." Il suo tono dolce e premuroso mi fece ribrezzo, si sedette al mio fianco e cominciò a mangiare.

"Mi serve solo tempo." Voltai lo sguardo verso la finestra dove potevo ammirare l'alba. "Forse a te è servito parlarne, ma a me no. Sto bene da solo non ho bisogno di nessuno." Risposi nervoso continuando a guardare l'orizzonte.
Sospirò rassegnata passandosi una mano nei lunghi capelli biondi così simili ai miei.  "Promettimi solo che cercherai di aprirti di più con le persone." Sapevo bene a cosa stava alludendo, voleva che mi facessi degli amici ma io ero contrario a questo genere di cose.

Rimasi in silenzio e giocai con i pancake nel piatto, non avendo per niente fame.
"Katsuki so che può essere difficile ricominciare a vivere, credimi lo è anche per me." Mi appoggiò una mano sul braccio, ma non mi ritrassi, la guardai in maniera stanca perché era così che mi sentivo.
"Ci siamo trasferiti perché voglio che ti lasci il passato alle spalle, voglio che mio figlio torni a sorridere come un tempo." Mi accarezzò una guancia e di scatto mi alzai, evitando anche di mangiare.
"Vado a prepararmi." Dissi con tono basso e grave ignorando il discorso di prima.
Rendeva tutto così semplice, come se il solo problema si potesse risolvere solo parlandone. Patetico.

🎶Su di Noi🎶Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora