Capitolo 17

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Izuku pov:

Erano le undici del mattino quando mi svegliai, avevo dormito molto e la testa mi faceva leggermente male.
"Kacchan?" Chiamai il suo nome con la voce impastata ma mi resi conto che ero da solo, se n'era andato.
Accesi il telefono e lessi una sua notifica.

Sono andato via perché sennò mia madre mi avrebbe rotto i coglioni.

Uscii di casa dopo aver messo sotto i denti un panino, nonostante fosse febbraio l'aria era calda e il cielo era sereno.
Senza pensarci decisi di fare una passeggiata per sgranchirmi le gambe che mi condussero alla nostra collina.
Un sorriso sincero mi apparve sulle labbra al solo pensiero di come mi aveva mostrato quel luogo a detta sua magico.

Se avrai dubbi, timori o paure vieni qui e fidati che tutto passerà.

Queste erano le parole che mi aveva detto la prima volta che mi portò qui, di sera le luci della città risultavano piccolissime, si respirava un'aria diversa e regnava la pace assoluta.

Ero ormai arrivato in cima e mi asciugai il sudore dalla fronte, un leggero venticello mi solleticò il volto e mi scompigliò i capelli...chiusi gli occhi e inalai il dolce profumo di bosco che mi circondava.
Un fruscio mi fece allarmare, abbassai lo sguardo e appena vidi Fiamma rimasi di stucco. Che ci faceva qui? Era scappata?

Mi saltò addosso e per poco non persi l'equilibrio, scodinzolava e abbaiava...voleva giocare.
"Che ci fai qui." Mi inginocchiai e iniziai a coccolarla. "Non dirmi che sei scappata, Kacchan sarà in pensiero." Mi alzai e con lo sguardo guardai a destra e sinistra, presi il telefono per chiamarlo ma Fiamma corse verso il luogo da cui era spuntata.
"Dannazione." Riposi il telefono in tasca e la seguii, scostai i rami e riconobbi il luogo, ai piedi del salice c'era una figura stesa che ronfava.

Scossi il capo e lo raggiunsi, mi parai sopra la sua testa e notai di come stesse dormendo profondamente.
Mi sedetti al suo fianco, lentamente allungai una mano nei suoi capelli e gli feci i grattini.
Era così bello, mentre dormiva i suoi lineamenti erano rilassati e non sembrava perennemente arrabbiato con il mondo.
Un mugolio di apprezzamento si levò dalla sua gola e ciò mi scaldò il cuore.
"Come devo fare con te, mi farai impazzire." Detto ciò, mentre continuavo a coccolarlo, osservai la cittadina sottostante perso tra i miei pensieri.
Era tutto così strano, mai avrei pensato di potermi prendere una cotta per il mio migliore amico...

Pochi minuti dopo iniziò a muovesi. "Ma che cazzo." Sussurrò con voce impastata.
"Buongiorno finezza." Risi e si portò una mano sulla fronte per evitare che il sole gli desse fastidio, ignorò il mio commento e si sedette. "Merda che mal di testa."
"Tieni, sicuramente è perchè hai fame." Dallo zaino cacciai un panino che mi ero portato nell'eventualità mi venisse fame, mi guardò sorpreso e accettò.

Come suo solito divorò il tutto in pochi bocconi e decisi di non controbattere, era stanco e di litigare non ne avevo voglia.
"Come mai sei qui?" Domandò pulendosi la bocca con un tovagliolo, i suoi occhi cremisi erano puntati su di me e il suo volto era più rilassato.
"Volevo fare due passi nei dintorni, ma poi ho visto Fiamma che mi ha condotto da te." Alzai le spalle e mi appoggiai al tronco del salice.
Senza rispondere si stese di nuovo e con un braccio si nascose gli occhi.
"E tu da quanto sei qui?"
"Mh, credo dalle sette."
Lo guardai con la bocca semi spalancata.
"Ho discusso con mia madre, non l'avevo avvertita che ero da te e si è incazzata." Sbuffò.
"Bimbo." Mi azzardai a dire, in un attimo lo vidi alzare il braccio, aveva un ghigno in volto da far paura.
"Ripetilo, Izuku." Si sedette e usò la voce baritonale che mi fece venire un brivido lungo la schiena.
Lentamente si stava avvicinando a me a gattoni.

Non avevo paura, perché avrei dovuto? Stuzzicarci era il nostro modo di mostrare affetto.
"Avresti dovuto avvisare tua madre, come fanno i bambini." Gli feci la linguaccia e con uno scatto mi alzai correndo verso la direzione opposta.
Ci rimase male, non si aspettava una mia reazione. "Lumaca! Prendimi se ci riesci!"
Era turbato, lo percepivo...volevo farlo sfogare e divertire perché la sua felicità per me era importante.
Iniziò a correre verso di me, come una furia.
"Hai firmato la sentenza, nerd."

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