Capitolo 6

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Katsuki pov

Nevicava, faceva freddo ed ero uscito di casa in fretta e furia senza la preoccupazione di mettermi la giacca.
Camminai intorno alla casa e il mio capo era chino sulla strada, calde lacrime mi stavano bagnando le guance.
Mi sentivo un'ipocrita...Prima dicevo che mia madre era la persona a cui confidavo ogni cosa e ora?
Mi morsi la lingua subito dopo, non volevo coinvolgere Izuku in questa faccenda ecco perché mi ero comportato così.

Entrai dalla porta sul retro così da non dare nell'occhio. Volevo soltanto andare in camera mia e dormire, almeno non avrei rimuginato sulle parole di mia madre e sul mio atteggiamento scontroso.
Nel vederli parlare mi fermai a origliare in un punto nascosto della cucina.
Rievocare quei ricordi mi rese poco stabile, tremavo e il mio sguardo era fisso sul tavolo dinanzi a me.

Parlarono per quasi un'ora, Izuku fece poche domande, strano a detta sua...era molto logorroico, sorrisi leggermente e mi affacciai, sperando di non essere visto.
Ed eccoli là, sul divano l'uno vicino all'altra. Il verdino aveva la faccia piegata sul pavimento e passava la mano sulla schiena di mia madre che stava piangendo.
Avrei voluto consolarla, essere io al suo posto ma non riuscivo a guardarla negli occhi in questo momento, non la odiavo, come avrei potuto...soltanto ero deluso dal suo comportamento e mi serviva tempo per accettare il tutto.

Mi sedetti per terra, mi faceva male la testa e digrignai i denti dal dolore. Certe cose non si potevano dimenticare facilmente.
Poggiai le braccia sulle ginocchia e rilassai il capo.
La mia mente si barricò, non sentivo più nulla, ero solo chiuso in me stesso.
Non mi accorsi della figura di mia madre accanto a me, che mi guardava dall'alto.
"Katuski!" Si chinò e mi accarezzò i capelli, rimasi immobile.
"Che due palle...non ne posso più...lo odio, lo odio così tanto." Sbattei un pugno sul pavimento, sfogandomi.
"Lo so tesoro...e mi dispiace per ciò che ho fatto, ma mi fido di Izuku..."
"Devo essere io a dirglielo." Dissi di getto. Avevo paura che mi potesse abbandonare o peggio, giudicare...

Istintivamente mi alzai di scatto e mi pentii di averlo piantato in asso. "A proposito, dov'è?" Vagai con lo sguardo fuori nel salone ma non lo vidi, mi rattristai e le braccia mi caddero lungo i fianchi mollemente.

"È in camera tua, voleva stare con te non appena saresti tornato." In quel momento mi sentii più felice e sollevato, mia madre se ne accorse e mi sorrise.
"Non ti abbandonerà, stanne certo." Disse con tono ovvio lasciandomi solo in cucina.

Salii le scale lentamente, non sapevo come comportarmi e non volevo parlare di ciò che era accaduto prima e nemmeno dei traumi che mi portavo dentro...non ancora almeno, mi fidavo di lui ma non volevo farlo sprofondare nella stessa merda in cui ero io.
Ed eccomi lì, davanti la porta di camera mia...era socchiusa e con gli occhi cercai il verdino, la luce era accesa e il suo borbottare mi fece voltare lo sguardo verso la mia libreria.

Era seduto per terra mentre teneva sulle gambe un mio libro, quatto quatto entrai nella stanza in punta di piedi e, quando fui abbastanza vicino, mi sedetti dietro di lui pizzicandogli i fianchi.
"WOA-CCHAN" Urlò spaventato e appena si girò mi saltò addosso, stringendomi le braccia attorno al collo.
Dalla foga del momento caddi con la schiena sul pavimento, inizialmente rimasi fermo e immobile non credendo al suo gesto ma poi ricambiai stringendo la sua vita tra le mie braccia.

"Mi hai fatto prendere un colpo." Disse con ancora il viso sul mio petto, feci leva sulla gambe e sollevai il busto, con ancora il suo corpo avvinghiaito al mio e mi sedetti.
"Sei tu che non ci senti." Con un braccio mi allungai per prendere il libro che aveva prima in grembo. "Stavi borbottando, come tuo solito, su questo libro." Glielo mostrai e lui mi sorrise.
"È il sequel di quello che ho letto un mese fa, io non ce l'ho e non appena l'ho visto non ho resistito...scusami." abbassò il capo e strinse la mia maglietta tra le sue piccole mai.
"Tienilo, tanto è in buone mai. Io l'ho già letto e poi, abitiamo vicini non penso sia un problema." Entusiasta si alzò dalle mie gambe e scalpitò come un bambino, io rimasi seduto per terra con le braccia all'indietro e i palmi ancorati al suolo.

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