Capitolo 4

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Il professore decise di fare lezione all'aperto, nel parco sotto la scuola approfittando del fatto che il tempo fosse buono nonostante fosse novembre.
"Che idea del cazzo." Sbuffai mentre stavamo scendendo le scale per arrivare fuori.
"Dai Katsuki, ci farà bene prendere un po' d'aria fresca."
Non dissi nulla e la luce del sole mi costrinse a socchiudere gli occhi non appena varcammo la porta.
Mi guardai attorno e mi si gelò il sangue, la mia mente mi riportò a quando ero solamente un bambino. Il luogo era così simile...

"Papà mi fai male!" Gemetti dal dolore non appena la sua mano mi strinse il polso con forza.
"Sta zitto!" Mi trascinò con sè in camera mia, approfittando del fatto che mia madre fosse uscita un attimo.
Mi lasciò cadere sul pavimento, per poi accanirsi su di me. Mi portai le mani sulla testa, ma lui sapeva bene dove colpirmi per non lasciare segni.
Trattenni le lacrime perché, se per caso avessi iniziato a piangere, mi avrebbe picchiato più forte.
Cosa avevo fatto di male?
Perché mi stava picchiando?
Ti prego, basta.

Stavo giocando al parco con dei miei compagni di classe quando all'improvviso vidi la sua macchina fuori dal recinto, senza aspettare oltre abbandonai i miei amici e a testa bassa salii in macchina.
"Allora Katsuki, perché eri al parco senza dirmi nulla?" La sua voce mi fece tremare, sempre con il capo chinato cercai di tranquillizzarmi.
"L-la mamma ha detto che potevo." Balbettai sull'orlo delle lacrime stringendo la stoffa dei pantaloncini.
"La mamma non è in casa, e tu non saresti dovuto uscire senza il mio consenso."
Tirai su con il naso. "M-ma il parco è proprio dietro l'angolo e io sono grande ormai." Mi giustificai, ma non sapevo che questo mi avrebbe portato alla rovina.
Scendemmo dalla macchina e mi fece camminare avanti a sè, il silenzio attorno a noi era assordante e potei sentire il suo respiro farsi pesante. Si stava arrabbiando.
Con un tonfo chiuse la porta e io trasalii, mi portai una mano al petto e cercai in tutti i modi di scappare, senza successo.

"Katsuki." In lontananza sentivo chiamarmi, il mio sguardo era fisso sul prato.
Un dito mi picchiettò sulla spalla. "Ei, Katsuki." Scossi la testa ed ero tornato al presente, avevo il respiro accelerato e i miei occhi vagavano ovunque per poi fermarsi sull'immagine di Izuku accanto a me che, con aria preoccupata, mi stava guardando.
"Sei rimasto a fissare il prato per dieci minuti, hai iniziato a tremare e a stringere i pugni con violenza." mise una mano sulla mia spalla che prontamente allontanai, sentivo il cuore battere all'impazzata.
"Sto bene." Dissi freddo cercando di calmarmi, il verdino non rispose e tornò a concentrarsi sulla lezione.

Passerà tutto, ci voleva solo tempo.
Il tempo era la cura a tutto.
Quante volte mi erano state dette queste parole? Avevo perso il conto.
Era un'enorme cazzata, il tempo poteva lenire il dolore ma bastava un attimo per farlo riaffiorare come se nulla fosse.

Durante il viaggio di ritorno non parlammo di ciò che era accaduto durante la mattinata, anche perché avrei negato fino alla fine pur di non farmi vedere debole.
Chiusi gli occhi e mi feci trasportare dalla musica quando d'improvviso mi sentii prendere il telefono dalle mani.
Aprii gli occhi di scatto e mi rilassai un pochino nel vedere che era Izuku.
"Che stai facendo?" Mi sporsi per prenderlo ma mi mise una mano sulla faccia per bloccarmi, mi accasciai e lo lasciai fare. Detestavo chiunque toccasse la mia roba, Izuku lo sapeva ma non mi parve preoccupato.

"Ormai ci conosciamo da due mesi, possiamo definirci amici no? Ecco, ti sto salvando il mio numero." Disse digitando velocemente sullo schermo per poi restituirmelo.
"Potevi anche chiedere." Mi rimisi le cuffiette.
"Mi piace stuzzicarti." Alzò le spalle e lo guardai di traverso. "E poi, so che dentro sei un ragazzo buono. Voglio arrivare a conoscere quella tua parte." Ammise guardandomi.

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