Capitolo 10

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Izuku pov:

Non avrei mai pensato che lavorare in un agriturismo fosse così faticoso.
Ero stanco e per di più faceva troppo caldo, mi scostai il sudore dalla fronte e mi diressi verso un castagno per riposarmi.
Mi catapultai ai suoi piedi e rilassai i muscoli chiudendo gli occhi, una leggera brezza mi scompigliò i capelli facendomi sorridere, era da una settimana che eravamo qui, un'eternità a detta mia.

Mario aveva affidato al biondo tutta la sua fiducia nell'insegnarmi il mestiere.
Il suo sorriso beffardo a quella richiesta mi fece rabbrividire, il mio Calvario era appena iniziato.
Non era cattivo, assolutamente e io mi trovavo veramente bene...lontano dalla città e dalle persone, solo noi in mezzo alla natura e alle bestie.
Mario ci aveva concesso il weekend libero e questo sabato infatti saremmo ritornati dalle nostre famiglie per rilassarci.

Kacchan il primo giorno mi fece fare un giro veloce della sua fattoria...era immensa, dieci ettari di alberi da frutto contornavano il perimetro del suo abitacolo e delle stalle...per non parlare degli innumerevoli campi atti ad accogliere le piante destinate agli animali. Frumento, orzo, soia, avena e altro.

Vi era anche un orto, abbastanza grande da permetterne la coltivazione di ortaggi e verdure varie, dove serpeggiavano al suo interno anche dei vigneti.

C'erano tre stalle enormi, tutte lontane tra loro per non creare scompigli, in una vi erano gli ovini e i caprini da cui si ricavano formaggi e lana. Nell'altra le mucche, sia da carne che da latte, nella terza gli avicoli, ovvero galline, oche, papere e tacchini per la produzione di uova e carne.
Il giro continuò e mi portò a vedere il luogo dove Mario teneva i trattori e le attrezzature necessarie per arare, potare e occuparsi del resto.

Era uno stabilimento abbastanza capiente da ospitare cinque trattori e due mietitrebbe e io non sapevo dove posare gli occhi, erano davvero magnifiche...emanavano potenza e mi sentivo piccolissimo.
Infine il mio amico mi fece vedere la casa di Mario, dove avremmo alloggiato per tre mesi fino alla fine della nostra estate.
Era di due piani, con un ampio cortile e un piccolo fortino dove venivano fatti pane, dolci e pizze.
Pensare al fatto che Kacchan avesse trascorso qua la sua infanzia mi rincuorava, era il paradiso.
Al piano di sopra c'erano due camere da letto e un bagno, una di esse però era diventata uno sorta di sgabuzzino e quindi avremmo dormito nella stessa stanza.

Tornai con i piedi per terra nel sentire un rumore di passi in avvicinamento.
"Oi pelandrone, prendi." Mi lanciò una bottiglia d'acqua che afferai al volo e mi alzai, togliendomi l'erba dai pantaloni.
Bevvi tutto d'un fiato e i miei occhi si posarono sulla figura del biondo davanti a me, era a torso nudo e aveva i capelli scostati dalla fronte grazie all'aiuto di una bandana...le goccioline di sudore scendevano lungo il suo addome scolpito per poi insinuarsi nei suoi pantaloncini grigi, mi accorsi solo ora di quanto fossero attillati e mi strozzai con l'acqua nel vedere come fasciassero al meglio il suo fondoschiena e il basso ventre.

"Stai bene?" Avanzò verso di me con aria preoccupata e mi battè una mano sulla schiena. Mi maledissi per quei pensieri e scossi il capo. "Si, l'acqua mi è andata di traverso, ho bevuto troppo in fretta." Deviai lo sguardo rosso come un pomodoro.

"Ma a che diamine vado a pensare?" Sussurrai a bassa voce stringendo i denti, era un bel ragazzo e su questo non c'erano dubbi ma...perché allora mi imbarazzavo nel guardarlo? E perché diavolo pensavo a quanto fosse perfetto?
"Ti muovi?!" Mi urlò vedendomi impalato sotto l'albero, lo raggiunsi e tornai lucido.

Era ormai quasi l'ora di pranzo e ci eravamo messi d'accordo per andare a mangiare all'agriturismo.
"Dai, fatti una doccia così dopo andiamo." Salì al piano di sopra e mi lasciò l'altro bagno libero, così da lavarmi.
L'acqua tiepida levò dal mio corpo ogni traccia di sudore e sporcizia, facendomi sentire pulito e profumato. Mi insaponai evitando di rimuginare sulla reazione del mio corpo a ciò che era accaduto prima in presenza del mio amico.

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