3 • IL MIO GIORNO FORTUNATO

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Credo che oggi sia il mio giorno fortunato.

Osservo, dal finestrino del taxi, lo sfarzo spropositato del villone tutto illuminato che troneggia sull'intera collina. Sono quasi sicura che si tratti di una costruzione antica, forse di fine '800, completamente ristrutturata e tirata a lucido. Una tenue luce giallina filtra attraverso le finestre che, soprattutto al piano terra, hanno una dimensione veramente esagerata.

Mi sono salvata dallo chemisier verdone appena in tempo, penso, e intanto scendo dal taxi e mi stringo nel cappotto per ripararmi dal vento.

«Sono agitata» dico a Luigino, che sta camminando con le mani in tasca accanto a me lungo il viale illuminato dai faretti.

«Perché?»

«Tu non lo sei?»

«Dovrei? Conosciamo tutti».

«Ma non li vediamo né sentiamo da anni» obietto.

«Parla per te» mi risponde lui.

«Tu hai continuato a sentirti con qualcuno, quindi?» chiedo. «Tipo con Richard? Nonna mi ha detto che lui e Suzy stanno insieme, lo sapevi?»

«No» dice, riuscendo nella non facile impresa di rispondere a tre domande contemporaneamente grugnendo due sole lettere. Lui fa sempre così. Per affinare l'arte della sopravvivenza senza cibo, senza acqua, senza sonno e senza espletare bisogni fisiologici, è come se avesse settato in maniera permanente l'intero suo organismo su risparmio energetico.

«E allora chi?» lo incalzo. «Con chi ti senti?»

«Con Edison».

«Edison Oldroyd? Il fratello di Aveline?»

«Sì, lui» conferma. «Giochiamo insieme».

«In che senso?» domando, sospettosa, perché quando sento la parola giocare accostata a una coppia di adulti mi vengono inevitabilmente in mente tutta una serie di temerarie pratiche sessuali.

«A Fortnite» risponde lui. «Ogni tanto».

«Perché ogni tanto? È molto impegnato? Studia all'università?»

«Ma no, ha finito da un pezzo».

«A ventidue anni?»

Ricordo che era una specie di bambino prodigio, in effetti.

«Ha una laurea in fisica e una in scienze biologiche, prese entrambe a vent'anni. Ora ha un posto da assistente».

Quindi, a quanto pare, questa grigia brughiera è una vera e propria miniera d'oro di menti illuminate. Chi l'avrebbe mai detto. Potrebbe quasi essere d'ispirazione. Sì, dovrei proprio appuntarmelo. Porto una mano al telefono sul quale ho scaricato un'app per scrittori che consente di organizzare in modo pratico e veloce capitoli e paragrafi, inserire link, immagini, note, liste e un sacco di altre cose che adesso non mi vengono in mente ma che finiranno senz'altro per diventare parte integrante del mio processo creativo.

Purtroppo, però, siamo già arrivati alla breve scalinata immacolata sulla quale si apre il massiccio portone d'ingresso. Un maggiordomo in livrea nera ci si para davanti e noi gli porgiamo i nostri inviti stropicciati.

«Prego» ci dice, «accomodatevi nel salone giallo».

Non è esattamente il casale di campagna che avevo in mente. Niente tappeti scoloriti, nessuna testa di cervo appesa alle pareti e neanche l'ombra di vivaci fuocherelli scoppiettanti nel camino rustico sui quali arrostire deliziose bruschette all'aglio.

Facciamo il nostro ingresso nell'elegante salone giallo, dove una discreta quantità di gente in ghingheri sta già assaggiando quella che mi sembra una raffinata tartare di tonno e tracannando alcolici.

MUDDY PUDDLE Where stories live. Discover now