24 • UNICA COLPA? ESSERE PIÙ BELLA DI TE

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Finalmente siamo arrivati. La casa di Fox è l'ultima della strada e del paese, è più in alto delle altre ed è decisamente messa peggio. È, in effetti, una specie di fatiscente catapecchia, con il cancello scorticato e arrugginito, l'intonaco scrostato e le travi in legno del portico abusivo che avrebbero bisogno di una bella passata di cartavetrata e di impregnante.

«Accomodatevi» dice Fox. Indossa un paio di pantaloni sdruciti, una felpa e un paio di orride pantofole da signore anziano. Si scansa per lasciarci passare e, quando si accorge del grosso pacco che Danny ha sulle spalle, si affretta a prenderlo e a depositarlo sul pavimento.

«C'è il cadavere di Peter Potato, qui dentro?» domanda.

Non c'è un ingresso né un disimpegno quindi ci ritroviamo direttamente dentro un gelido e poco illuminato cucinone con il pavimento in cotto, un termocamino all'interno del quale arde un fuoco morente e un lungo tavolo che sembra sia stato fatto a mano da un falegname senza mani.

Prendiamo posto intorno al tavolo sul quale io, Danny e Aveline depositiamo le nostre lettere per il signor Davies.

«Grazie mille, ragazzi» dice Fox e, intanto, dondola sulle gambe posteriori della sedia per sporgersi alle sue spalle e prende un coltello dal cassetto. «Questa storia non finirà mai. Alla fine saremo costretti a trasferirci da un'altra parte, se vogliamo ricominciare una vita normale».

«Ci sono altre novità?» domanda Raisa.

«Purtroppo sì» risponde lui e, con il coltello, comincia ad aprire distrattamente la prima delle lettere indirizzate a suo padre. «Sono state eseguite ulteriori indagini strumentali sulla scatola cranica di Susan. Indagini che, una volta refertate, hanno confermato quanto vi ho detto l'altro giorno: Susan è stata colpita alla testa con un oggetto contundente, prima di finire di sotto».

È interessante notare come il registro delle parole che sceglie per le sue arringhe sia improvvisamente mutato: ora Suzy non si è buttata di sotto, ma ci è finita.

«Cazzo, un'altra multa» esclama, con il contenuto della busta in mano. «Sempre al solito cazzo di posto di blocco!»

«Quello tra casa mia e casa tua?» domanda Raisa. «Anche io ci ho preso una multa, una volta».

«Sì, esatto» le fa eco Fox. «Una volta. Ma mio padre ne prende una al mese. Eppure gliel'ho detto cento volte che il posto di blocco è sempre lì!»

Sono un tantino sconvolta da questa nuova versione di Fox Davies sciatta, scurrile e agitata.

«Stavamo parlando delle indagini, Fox» gli dice Danny.

«Sì, le indagini» conferma e, intanto, agguanta l'altra lettera. «Ragazzi, io non so più cosa fare. Temo sia finita. Ah, una bolletta».

«Che stai dicendo?» gli domanda Zoe, saltando in piedi.

«Che è finita» ripete. «Lunedì ci chiameranno tutti in stazione per testimoniare di nuovo. La polizia, ormai, ha capito benissimo che Susan non si è buttata».

Un silenzio sconcertato segue questa sua ultima affermazione. Che pronunciata da lui, proprio da lui, sembra più vera che mai.

«Ditemi chi è stato» riprende, a voce molto più bassa. «Mentire non ha più senso. Ditemi la verità e, ve lo giuro, cercherò di aiutarvi in ogni modo. Sempre ammesso che io riesca a mantenermi il posto in polizia, quando la verità verrà a galla».

Ok, è finita davvero. Fox pare stremato. Non oso immaginare cosa accadrebbe a lui, alla sua famiglia e alla sua casa se davvero perdesse il lavoro. Anche io, comunque, mi sento come svuotata. Come se mi fossi liberata di un peso che mi premeva sullo stomaco. Così stringo la mano di Danny sotto il tavolo e mi preparo ad ascoltare la confessione del reo.

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