12 • RODEO

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Adoro l'appartamento di Peter. Si trova nel cuore del paese ed è un graziosissimo bilocalino soppalcato, con il pavimento di parquet chiaro e arredato con pochi e selezionatissimi pezzi di design bianchi e neri, dalle linee pulite e minimali.

Non proviamo per niente a riprendere il discorso del mio libro, per fortuna. Perché, non appena varchiamo la soglia, io gli salto letteralmente addosso.

«Hai il piercing sulla lingua» dice, ansimando per riprendere fiato.

«Ah, sì» rispondo.

E anche un gufo sulle mutande.

«Sai cosa mi fa venire in mente?» mi sussurra, e intanto mi stringe tre le sue grossa braccia muscolose e tatuate.

Beh, sì. In realtà lo so. È la stessa cosa che viene in mente a tutti.

«Ho una mezza idea» bisbiglio. «Vogliamo scoprire se ho capito bene?»

Peter non mi risponde, si limita a sfoderare uno dei suoi sorrisi sconcertanti. Certo che vuole scoprirlo. Non è mica uno qualsiasi, lui. È Peter Potato in persona. Lo stesso Peter Potato che ho visto esibirsi in decine di concerti, in mezzo alla folla urlante, lo stesso Peter Potato che ha scritto Vegetables in the Wind. Mi sembra piuttosto normale che sia abituato a mettersi seduto comodo e a lasciare che le donne lo adorino. Immagino che, a Londra, persino attrici, cantanti famose e super modelle debbano mettersi in fila per provare a indovinare cosa gli fa venire in mente il piercing sulla lingua. Anzi, è addirittura possibile che ci sia un sistema di prenotazione online per questo genere di cose, magari una categoria dedicata in Eventi su TicketOne.

«Posy?» mi richiama, preoccupato, inclinando la testa da un lato per guardami in faccia. «Ti sei offesa?»

«Non mi sono offesa» mi affretto a rispondere. «Anzi, mi piacciono gli uomini decisi».

Ed è vero. Siccome non sono mai stata brava a fare niente, sono abituata ad accontentarmi. Ma, almeno nel sesso, l'unica sfera della mia vita esente dal giudizio di mia madre, so quello che voglio. E sono poco disposta a scendere a compromessi.

«Bene» mi sussurra nell'orecchio. «Allora andremo d'accordo».

Gli lancio un sorriso seducente che confermi quanto ho appena detto, lo spingo sul divano e, molto lentamente, inizio a sbottonargli i pantaloni. Scarto febbrilmente quella sorpresa agognata per tantissimo tempo, immaginata e meticolosamente descritta tante di quelle volte che, ormai, dovrebbe quasi risultarmi familiare, credo.

E, infatti, quando mi compare davanti alla faccia, ho come l'impressione di trovarmi di fronte a un vecchio amico. Un vecchio amico decisamente molto d'ispirazione. Visioni confuse e affannose di Ronja e Percival che si dimenano uno sopra l'altro nel fienile si agitano nella mia mente mentre comincio a darmi da fare.

Sono piuttosto brava, in questo. Simon era molto soddisfatto quando gli dedicavo questo genere di attenzioni, nonostante fosse... sì, insomma, nonostante fosse omosessuale. O forse proprio per quello? Perché poteva reclinare la testa, chiudere gli occhi e immaginare che in ginocchio tra le sue gambe ci fosse il suo contabile con la barba?

Ma non è il momento di pensare a Simon, comunque.

Riprendo la concentrazione e alzo uno sguardo seducente sul volto di Peter. Ma anche lui ha la testa reclinata e gli occhi chiusi. Forse, a giudicare dallo stato di totale abbandono del suo corpo sul divano, addirittura ribaltati all'indietro.

Cazzo. Forse non sono così brava, alla fine, se sembra che Peter si stia appennicando.

«Perché ti sei fermata?» mi domanda, socchiudendo appena gli occhi.

MUDDY PUDDLE Where stories live. Discover now