21 • MASCHIO DA EXPO

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«Perché non mi sembri per niente convinto?» domando a Danny, mentre sfrecciamo per la brughiera a bordo del suo pick-up.

«Perché non lo sono» risponde. «Conosco Raisa da tantissimi anni. Non è un'assassina».

«Conosci tutti loro da tantissimi anni» preciso. «Eppure, tra di loro, un assassino c'è di sicuro».

«Ma non posso credere che sia Raisa» insiste. «E, di sicuro, non per un motivo del genere».

«Guarda che qui non si tratta solo di una scaramuccia amorosa» dico, offesa. «Raisa vive la fine della relazione con Wendy come un vero e proprio fallimento personale. E non stai neanche considerando il fatto che Suzy era fidanzata con suo fratello. Deve essersi sentita doppiamente tradita».

«Non sappiamo neanche se Raisa lo abbia effettivamente scoperto, Peppa» mi contraddice Danny, molto calmo.

«Certo che lo ha scoperto!» esclamo, e gli sventolo di nuovo la foto davanti alla faccia. «Perché mai credi che Suzy mi abbia lasciato un messaggio del genere? Perché sapeva che avrei indagato!»

Solo dopo averlo detto ad alta voce mi rendo conto di cosa significhi. Suzy sapeva che avrei indagato. C'è addirittura la possibilità, dopo tutti quegli anni di silenzio, che mi abbia invitata di proposito. Ma significa anche che...

«Susan sapeva che la serata sarebbe finita in tragedia, secondo te?» mi chiede, con lo sguardo fisso sulla strada, dando voce ai miei pensieri non ancora formulati.

Sì. Evidentemente Suzy lo sapeva. O, quantomeno, aveva considerato la possibilità.

«Non si è buttata!» mi affretto a precisare, perché temo di sapere dove voglia andare a parare.

«Certo che no» risponde Danny. «Non era quello che intendevo. Ma, prima che andasse via la luce, stava per dirci qualcosa. Evidentemente temeva che qualcuno di noi potesse provare a chiuderle la bocca».

«Sì, è una possibilità» ammetto. Di sicuro, di motivi per farsi odiare ne aveva forniti tanti a tutti.

Siccome siamo arrivati, Danny ferma il pick-up proprio davanti all'officina.

«Wow» dico, osservando il grande spazio man mano che il cancello automatico si apre.

Si trova sulla cima di un modesto rialzo, così come quasi tutte le costruzioni da queste parti, ed è un massiccio complesso in mattoni grigi e ferraglia per me non altrimenti identificabile, composto da un hangar dal soffitto altissimo e da una adiacente struttura più bassa e con i fiori alle finestre che presumo sia un ufficio. È del tutto circondata da un ampio parcheggio pieno zeppo di macchine delimitato da una recinzione dipinta di blu.

Danny salta giù dalla macchina e si affretta ad aprire la porta di ferro della rimessa, poi torna a prendermi con un ombrello. E io vorrei che la nonna lo vedesse mentre si passa una mano tra i capelli bagnati e continuasse a pretendere che non maturi fantasie sessuali su di lui.

«Ecco le chiavi» mi dice, prendendole da una bacheca appesa al muro, proprio all'ingresso. «Ma devi dire a tua nonna di farla camminare ogni tanto, anche quando tu e Luigino sarete andati via».

Su questa affermazione cala il silenzio. Perché, in realtà, ci siamo già trattenuti fin troppo. Luigino, deve studiare e io devo... io cosa devo andare a fare a Londra?

«Vuoi qualcosa da bere?» mi domanda.

«Sì, grazie» bofonchio. Tanto sono già alticcia.

Mi guardo intorno alla ricerca del calendario con la donna nuda, sperando almeno che la donna nuda non sia Tender Molle, mentre Danny raggiunge un frigo del tutto mimetizzato nel mezzo dei suoi consueti macchinari incomprensibili e ne estrae due birre.

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