IV

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Rem Ivanov, accusato di omicidio di primo grado ai danni di più di dieci persone e considerato omicida seriale prima che si costituisse di sua spontanea volontà alle forze dell'ordine, è stato condannato a ventun anni di carcere. È riuscito a salvarsi dalla condanna alla pena di morte solo perché gli omicidi che aveva commesso erano stati svolti nel New Hampshire, dove essa è stata abolita nel 2019.

Osservai le immagini dei cadaveri delle vittime con un'espressione priva di qualsiasi emozione, spostai gli occhi sulle parole fatte di inchiostro contenenti la  sua deposizione senza sentire il minimo accenno di sdegno.

Aveva rapito le sue vittime per torturarle con una crudeltà disumana, fisicamente e psicologicamente, tagliando la loro pelle in ogni angolo del loro corpo e lasciandoli morire di ipotermia nei casi migliori, a causa dell'aria condizionata che teneva sempre accesa per non mandare in decomposizione i cadaveri delle vittime precedenti. Nei casi peggiori morivano dissanguati.

Costringeva le sue vittime a mangiare la carne derivata dalle vittime precedenti e li osservava mentre lo facevano. Secondo un'autopsia più dettagliata, alcuni erano morti a causa del loro stesso vomito, che aveva ostruito le vie respiratorie nella posizione in cui lui li costringeva a stare. Eppure si era costituito, perciò non provava piacere in quello che faceva, non lo aveva fatto perché nutriva un godimento nel dolore altrui.

"Perché lo hai fatto?", mi chiesi mentre lo osservavo.

Ad occhio e croce era il più giovane lì dentro, per qualche motivo mi ricordò molto mio fratello. Aveva gli occhi più gentili e le movenze più docili che avessi visto in quella prigione, mi domandai che cosa ci facesse lì dentro uno come lui e come avesse fatto quello che aveva fatto.

Quando entrai nel mio studio e mi chiusi la porta alle spalle, i suoi occhi di una chiara tonalità di marrone mi osservarono con molta curiosità, ma una genuina e non maliziosa come molti altri. Era del tutto rilassato, con la schiena poggiata sullo schienale e le gambe allungate di fronte a sé, leggermente divaricate.

Considerando il suo aspetto apparentemente genuino e la calma sul suo volto, decisi di usare un approccio più diretto e dargli del tu piuttosto che del lei. «Ciao, Rem».

«Ciao, Nicole». I suoi occhi brillarono.

Mi sorprese, ma evitai di mostrarglielo. Mi sedetti di fronte a lui, all'altro capo della scrivania, e poco dopo una musica rilassante si espanse per tutta la stanza, coprendo le nostre voci e distorcendo le nostre conversazioni. Nessuno ci avrebbe potuto sentire con facilità da fuori, né ci avrebbero potuto registrare.

«Immagino che tu sappia il mio nome a causa di Parisi». Aprii il suo fascicolo solo per rinfrescarmi la memoria, anche se forse non c'è ne sarebbe stato bisogno. «Siete molti amici?».

«Non direi. Airton è l'unica persona che mi sta vicino per quello che sono e non per chi sono, in questi anni è diventato il fratello che non ho mai avuto». Chiusi il fascicolo e mi sistemai in una posizione più comoda, ma mantenendo lo sguardo puntato su di lui.

«Ci sono delle persone che ti trattano in maniera diversa a causa dell'importanza del tuo cognome e della tua dinastia? Se non erro sei russo, gli Ivanov sono una delle più importanti famiglie che supportano il Paese e tuo padre è un magnate».

«Sì, mio padre è molto... influente». Calcò la parola usando un tono di voce aspro.

«Non hai risposto alla prima domanda, Rem». Lo incoraggiai.

Sospirò. «Qui dentro l'unica cosa che ci rimane è il controllo che possiamo esibire sugli altri detenuti e i soldi. Gira tutto attorno al potere che si è creato fra queste mura e, anche se non sembra, in questo esatto momento, secondo dopo secondo, c'è una dinastia in espansione. Questo ha creato una sorta di frattura».

The Not HeardWhere stories live. Discover now