XXII

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Il libro che mi aveva accompagnato per tutte le vacanze natalizie mi aveva scombussolato e la pressione che mi metteva addosso il capo enfatizzava soltanto il mio nervosismo, mi sembrava di camminare perennemente sul filo del rasoio. Il tempo stava per scadere e ne ero consapevole, non c'era bisogno che il capo me lo ricordasse.

Continuai a sorseggiare la mia cioccolata calda, utile a scaldarmi le mani oltre che la gola, mentre mi dirigevo verso il mio ufficio. Non avevo alcuna seduta nella prossima ora perciò mi ero presa una pausa per fare merenda, cosa che si evinceva dalla busta di carta che tenevo in mano e che conteneva il mio solito cinnamon roll. Con un gesto della testa salutai con distacco l'agente Marvyn che mi passò a fianco, ma subito dopo corrucciai la fronte e mi chiesi da dove venisse visto che in quel corridoio c'era soltanto il mio studio.

In effetti, appena varcata la soglia, ne compresi subito il motivo: Isaiah era pigramente appoggiato sullo stipite lato della porta e sembrava attendere proprio me. Ma io lo sorpassai con noncuranza e scelsi deliberatamente di ignorare la sua presenza, non avevo tempo da perdere con i suoi giochetti. Chiusi la porta e mi appoggiai alla scrivania, porgendogli le spalle per fargli capire che non avevo intenzione di interagire con lui.

«Ciao anche a te, króshka», disse con ironia velata. Mi superò e mi si parò di fronte, a uno o due metri di distanza. «Oh sì, le mie vacanze natalizie sono andate alla perfezione, grazie per avermelo chiesto. Le tue invece come sono andate?».

Presi un lungo sorso di cioccolata e guardai ovunque tranne che nella sua direzione per mostrare il mio disinteresse. «Cosa ci fai nel mio studio senza che io abbia espresso la voglia di vederti?».

«Devo parlarti di una cosa».

«Dai per scontato che mi interessi».

Un ghigno sensuale gli allungò gli angoli delle labbra. «Credi di riuscire a smettere di fare la stronza per dieci minuti?».

«Non ne sono sicura». Stavolta lo guardai, poggiando il bicchiere di plastica per tirare fuori la mia merenda. I suoi occhi scattarono sul mio cinnamon rolls e questo, ovviamente, distrusse in mille pezzi il mio muro di resistenza: lo divisi a metà, lo circondai con un pezzo di tovagliolo e glielo porsi.

Il ghigno si tramutò in un sorriso vero e proprio. «Vedi? Ci riesci eccome».

«Tic tac, tic tac». Imitai il rumore di un orologio per esortarlo a parlare prima che la mia pazienza finisse e addentai un pezzo del dolce alla cannella, godendo internamente per quella bontà. Certo, avrei di gran lunga preferito gustarmelo da sola, ma non potevo di certo cacciarlo via in modo maleducato.

Mi studiò. «Oggi sei più antipatica del solito, che ti è successo mentre eri in ferie? Hai scopato poco e sei in astinenza? Se lo desideri-».

«Isaiah!», lo ripresi a voce alta.

Spazzolò via la sua metà con due morsi e agguantò la mia bottiglietta d'acqua dalla scrivania, svuotandone praticamente la metà con un solo sorso. Lo guardai male, non aveva neanche avuto la decenza di chiedermi il permesso di bere dalla mia bottiglia, ed ero pronta a rimproverarlo nuovamente poco prima che vuotasse il sacco.

«Avevi ragione. Quello che mi hai raccontato, la questione su tuo padre e mio padre, era vera. Non hai mentito e non hai un secondo fine, come invece credevo inizialmente». Si schiarì la voce e storse il naso, quello che stava per dire doveva non andargli a genio. «Spero tu possa scusarmi per aver dubitato di te».

Assottigliai lo sguardo. «E cosa ti ha portato a credermi?».

«Ho chiesto al mio uomo di fiducia di fare delle domande in giro su di te e di indagare sul periodo della mia carcerazione».

The Not HeardOù les histoires vivent. Découvrez maintenant