VI

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Lui era lì, a pochi passi da me.

Mentre con gli occhi setacciavo il bancone pieno di croissant e di dolciumi vari con cui fare colazione, scegliendo quello che più mi appetiva, lui era al mio fianco a fare lo stesso.

Con la coda dell'occhio lo vidi circondare il bicchiere fumante che la cassiera gli porse con le dita, vedendole sporche di un sangue che stavo soltanto immaginando. La stessa donna di mezza età mi passò una busta di carta con all'interno un croissant ai frutti di bosco e un bicchiere uguale a quello suo, contenente una quantità di caffè adeguata a tenermi vigile per tutta la giornata.

Camminando nella direzione di Daneen in qualche modo me lo sentii che avrebbe provato ad approcciarmi, era un predatore alla perenne ricerca di vittime da masticare come gomme.

«Ehi, biondina!». La sua voce era come la immaginavo, profonda e sgradevole, ti si appiccicava addosso e ti faceva sentire in difetto.
Mi voltai lentamente verso di lui, inarcando un sopracciglio per quel soprannome poco carino.

«Sì?». Lo vidi squadrarmi dal basso all'alto, soffermandosi con lo sguardo sul mio petto fasciato da una camicia bianca infilata dentro dei pantaloni neri.

«Hai perso qualcosa per caso?». Lo rimbeccai.

Sorrise quando notò di essere stato beccato. «No, in realtà sono solo curioso. Ho sentito molto parlar di te ma non avevo ancora avuto il piacere di conoscerti, Nicole». Mi porse la mano ed io fui costretta a stringerla, sapendo bene che quelle mani dalla pelle ruvida avevano causato non pochi problemi a mio fratello.

«Mi chiamo Cairo».

Sì, anch'io ho sentito parlare di te.

«Non serve che io ti dica il mio, a quanto pare sono l'oggetto delle conversazioni di tutti qui dentro». Storsi il naso. Mi osservò dall'alto al basso una seconda volta, rischiando di beccarsi un ceffone in pieno viso.

«Non è difficile immaginarne il motivo, tesoro».

Mi ero stufata di essere soltanto un corpo in bella vista, ero più di quello che loro credevano che io fossi. «Se mi fissi un'altra volta in quel modo darò spettacolo davanti a tutti e in quel momento il mio nome girerà fra i corridoi per un motivo ben diverso. Io non ti conosco e tu, soprattutto, non conosci me. Sono una tua collega, Cairo, ed esigo lo stesso rispetto che doneresti ad un tuo collega maschio». Sibilai infastidita, provocando la sua sorpresa.

La mascherò in fretta. «Eppure mi avevano detto che eri simpatica».

«Le voci che avevo sentito su di te sono tutte vere invece». Non attesi la sua risposta, gli voltai le spalle e, ignorando le mani che mi tremavano, mi allontanai in fretta da quel demone travestito da umano.

Mi aveva appena rovinato l'intera giornata e ne ero consapevole.

«Nicole!». Mi sentii chiamare da Daneen quando sorpassai il tavolo che aveva occupato per noi due senza neanche pensarci. «Non fai colazione con me oggi?». Mi sembrò delusa ed io mi sentii molto in colpa.

Mi fermai al suo fianco e fulminai con lo sguardo l'artefice del mio brutto umore. «Mi dispiace Daneen, oggi non sto bene. Non ho molta fame».

«Oh... non preoccuparti». Mi sorrise. «Qui i brutti giorni pesano di più, lo capisco. Ci vediamo a cena».

Inarcai un sopracciglio. «Hai da fare a pranzo?».

Sbuffò. «Purtroppo sì, dovrò fare da interprete fra Theodore e un uomo russo. Che palle».

«Un uomo russo? Hai idea di chi sia?».

«No, so soltanto che non parla inglese o perlomeno non abbastanza da riuscire a mantenere una conversazione con il direttore. Probabilmente c'entrerà con Isaiah, Kurtis o Rem, sono gli unici russi qui dentro».

The Not HeardWhere stories live. Discover now