𝐋𝐀 𝐋𝐄𝐓𝐓𝐄𝐑𝐀

1.7K 172 46
                                    

È difficile scrivere queste parole, perché so per certo che queste saranno le ultime cose che ti dirò. Perciò perdonami se le mani mi tremano e se l'inchiostro verrà sbavato dalle mie lacrime, ma non sono pronto a perdere la mia sorellina tanto quanto tu non sei pronta a perdere il tuo fratellone. E quando leggerai questa lettera io non ci sarò già più, sólnyshko.

Per molto tempo l'odio e la rabbia ti accecheranno, rendendoti quasi impossibile capire la scelta che ho preso. So di starti condannando ad una sofferenza quasi eterna e ad un senso di colpa corrosivo che non ti lascerà in pace finché non sarai pronta a leggere quello che ti sto scrivendo, che è ultima cosa di me che ti rimane. L'ultima cosa che ti ricorda che sono esistito veramente e a cui ti aggrapperai per andare avanti giorno dopo giorno.

Tu non lo sai, ma io sono felice che tu non possa comprendere la mia dura scelta. Soltanto le persone che hanno sofferto molto sanno cosa vuol dire sentirsi perennemente stretti in un vestito di molte taglie più piccole. Guardarsi allo specchio e non riconoscersi più. Sentire la mente piena, così piena di cose da sentirsi sempre di più sull'orlo dell'implosione. Voler piangere, ma aver finito le lacrime a disposizione. Tentare di provare dolore, perché il dolore ti rende vivo, ma percepire il vuoto dentro e fuori. Sentire mille voci dentro la testa, voci che urlano, toni che ti graffiano la pelle, ma renderti conto di essere completamente da solo. Questa è un tipo di sofferenza che, per fortuna, non tutti conoscono. E io sono grato che tu non la conosca e spero che la vita ti permetta di non conoscerla mai.

Per molto tempo ti farai tantissime domande, ti chiederai se avresti potuto fare qualcosa per salvarmi. Ti dirai - e mi dirai, lì sul tavolo dell'obitorio, appoggiata alla bara e distesa sulla mia lapide - che se solo te ne avessi parlato mi avresti aiutato a trovare una soluzione. Che ne saremmo usciti insieme, io, tu e papà. Proverai a convincerti che avrebbe potuto essere diverso il finale della nostra storia e io ti dico che niente avrebbe potuto cambiarlo.

Per molto tempo penserai che la vendetta sia la soluzione giusta, perché la scelta che ho preso è stata condizionata dai detenuti e dalla guardia penitenziaria che mi ha rovinato la vita. Penserai che mi sia tolto la vita perché non volevo stare con loro, ma la verità è che me la sono tolta perché non volevo più stare con me.

I problemi sono iniziati con loro, con le loro sevizie, con gli sputi, con i crampi allo stomaco per la fame, con l'ansia che mi stringeva la gola, con le ossa spezzate, la vista sfocata dal dolore e il corpo con più macchie violacee che altro. Ma non si è fermato a quello, non ha fatto altro che espandersi come un secchio di petrolio in acque cristalline. È cominciata con la fame che stentava ad arrivare e con il dolore che non percepivo più addosso. Con l'insonnia notturna che non mi faceva fare altro che pensare e le loro voci che mi parlavano dentro la testa, anche quando in cella c'ero solamente io. Dicevano cose che non volevo sentire e mettermi le mani nelle orecchie non riusciva ad attutirle. Non bastava più.

Credo di essere arrivato al limite un giorno di inizio marzo, quando il sole iniziava a farsi vedere di più e a scaldare la pelle di tutti, tranne che la mia. Non ricordo di aver fatto qualcosa di sbagliato, o se l'ho fatto non me ne sono reso conto. Forse avevo solo respirato in un modo che a Cairo non andava bene o avevo fatto troppo rumore per i suoi gusti. In ogni caso è andata come tutte le altre volte: mi ha preso per il colletto della divisa, mi ha trascinato in uno sgabuzzino vuoto e mi ha colpito così tante volte, con così tanta rabbia, che il suono sinistro delle mie ossa che si frantumavano non era più così strano. Non mi sembrava neanche più mio quel dolore.

Quando mi sono rialzato, anche se a fatica e mi sono dovuto sorreggere sulla parete per non svenire, deve aver visto i miei occhi spenti, privi di qualsiasi scintillo di sofferenza o di rabbia, perché la sua lingua biforcuta non ha perso tempo a sputare veleno. Non sapevo neanche in che direzione stessero andando i suoi pensieri quando l'ho visto agguantare distrattamente qualcosa dalla parte degli attrezzi. Ero così stanco, ma di una stanchezza che non aveva nulla a che fare con il mio fisico e che non avrei potuto saziare neanche se avessi dormito per ventiquattro ore. Non sapevo più cosa fare con me stesso, volevo solo scappare, in qualunque modo, da me stesso.

Perciò quando Cairo mi ha dato quella corda e mi ha detto "puoi sempre suicidarti se preferisci, così non sentirai più alcun dolore", in quel momento, sai, mi è parsa proprio una buona idea. E lo è anche in questo momento, che ti sto scrivendo gli ultimi pensieri che mi passano nella testa prima di farlo.

Perché sì, sólnyshko, i miei ultimi pensieri sono tutti dedicati a te.

Ti auguro una vita luminosa come il sole che hai portato nella mia vita il giorno in cui sei nata, con quella testolina piena di sottili capelli biondi e le paffute guance rosee che ho baciato milioni di volte. Dio sa quanto vorrei avere la possibilità di riempirti di baci un'ultima volta prima di andare, ma non ce la faccio più a resistere. Ti auguro qualcuno che possa stringerti forte il dito come te l'ho stretto io per tutto questo tempo, sorreggendoti e accompagnandoti nella vita di ogni giorno senza mai fartelo pesare. Ti auguro qualcuno che ami tutte le sfumature che porti dentro, perché tu non sei un solo colore, sei un arcobaleno di colori e porti fortuna nella vita di chiunque.

Sai cosa mi farebbe veramente felice? Sapere che hai incontrato di nuovo quel bambino con cui avevo fatto amicizia e che tu mi hai, furbamente, rubato. Ma a me non andava fastidio, perché vedevo che l'affetto che provava lui nei tuoi confronti era sincero e puro come quello che provavo io. Sì, se dovessi decidere una persona a cui lasciarti, sicuro che si prenderebbe cura di te come me ne sono preso cura io per tutti questi anni, sarebbe proprio lui. Airton Parisi.

Spero che un giorno tu possa non capire la mia scelta, quello no, ma almeno accettarla. E in qualche modo esserne contenta, anche se ti sembrerà una cosa incomprensibile da leggere, perché la sofferenza che proviamo ci aiuta a sfiorare il mondo con più delicatezza. A non fare quello che ci è stato fatto.

Non vederla come una condanna, ti prego. Magari un giorno salverai altri detenuti al posto dell'unico che non sei riuscita a salvare. In ogni caso sarò fiero di te, ovunque sia il posto in cui finirò.

Ecco, a proposito di questo... in quel caso una cosa te la chiedo, se mi permetti. È l'unica che ti chiedo. Abbi un occhio di riguardo per Isaiah Sokolov, se mai vorrai ottenere vendetta e farai un lavoro che ti porterà a stretto contatto con i detenuti. È un criminale spietato e calcolatore, ma ha un cuore e un'etica come pochi. Mi ha difeso spesso ed è riuscito a dimostrarmi che non tutti, qui dentro, sono mele marce da gettare via. Se mai ti capiterà di incontrarlo digli che mi dispiace di andare via senza salutarlo. E che spero che la vita gli riservi un futuro migliore del passato che ha avuto.  

Questo è tutto, sorellina. Mi duole dirti che se sei sei arrivata fino a qui é perché sei finalmente pronta ed è  il momento di dirci addio. Probabilmente è perché hai trovato qualcuno che è stato in grado di farti tornare a vedere il mondo a colori, che hai imparato di nuovo a gioire delle conversazioni con la gente, che svegliarti non è più un peso e che ricordarmi non ti genera più dolore, ma solo un sorriso.

Che sei tornata a riconoscere il suono dolce della tua risata e che il calore delle lacrime sul tuo viso sono, ora, un ricordo lontano. E nel mio cuore, il cuore di un fratello maggiore che vorrebbe il meglio per la sua sorellina, germoglia la speranza che lo diventi anche io.

Sólnyshko, spero tu possa perdonarmi per averti lasciato da sola. Dai un bacio a papà da parte mia. Vi amo con tutto il mio cuore.

Con amore,
il tuo fratellone.

The Not HeardOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz