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Lysander aveva già il viso sporco di fuliggine e respirava a fatica, l'aria attorno a noi si faceva sempre più pesante ma non ci era possibile abbandonare l'interno della prigione prima di esserci assicurati che quasi tutti i detenuti fossero fuori. Avevamo passato al setaccio ogni cella, ogni stanza e ogni angolo, liberato chiunque fosse rimasto chiuso, bloccato o impaurito, e li avevamo scortati all'esterno nella speranza che potessero nascondersi fino all'arrivo dei soccorsi.

Un agente si era parato di fronte l'entrata principale e aveva segnato il nome di chiunque uscisse da lì, così da tenere il conto e tentare di non perdere nessuno. Molti erano dispersi per l'isola, ma perlomeno fuori dalla prigione che presto sarebbe diventata una gabbia di fuoco.

Adesso, a parte noi due, il fumo, la cenere e un caldo anomalo, sembrava non esserci più nessuno. Presi il walkie-talkie dalla divisa di Lysander e me lo avvicinai alla bocca, sperando di ricevere una risposta dall'altro capo.

Schiacciai il pulsante PTT. «Victor, Victor da November». Attesi.

Proprio quando stavo perdendo le speranze, qualche minuto dopo, e Lysander era pronto a scavalcare la finestra per andare a cercarli, un rumore elettronico mi fece sospirare di sollievo. Erano vivi.

«Qui Victor in ascolto», rispose la voce di Vince dal dispositivo.

«Codice SINPO?».

Rispose pochi secondi dopo. «3».

Lysander annuì, era abbastanza per avere una conversazione quantomeno comprensibile. Non diceva nulla per non disturbare la frequenza, ma soprattutto per non confondere Vince all'altro capo.

«Vieni avanti, November».

Annuii, più a me stessa visto che non poteva vedermi. Mi accertai di aver premuto il PTT e attesi un secondo prima di parlare. «Tutti i detenuti sono fuori, interrogativo».

«Correzione», rispose lui e il mio cuore sussultò. Il mio sguardo si unì spontaneamente a quello di Lysander, che aveva la fronte corrucciata come me. «All'appello ne mancano due».

Il silenzio che ne conseguì non fu programmato, ma il frutto della preoccupazione che ci colpì. Avevamo controllato in ogni punto della prigione, non avevamo idea di dove potessero essere e che fine avrebbero potuto fare se non li avessimo trovati in tempo.

Il walkie-talkie ci riportò alla realtà. «Copi?».

«Forte e chiaro». Deglutii un sapore amaro, un presentimento che non mi piaceva affatto. «Chi sono i due assenti?».

La sua risposta tardò ad arrivare, come se stesse cercando il modo migliore per formularla. Il respiro veloce di Lysander si infrangeva sul mio viso tanto era vicino e alzando lo sguardo su di lui trovai lo stesso presentimento nei suoi occhi. Poi Vince rispose, usando lo spelling dell'alfabeto ICAO per comunicarci i loro nomi.

«Romeo. Echo. Mike». Ci fu una pausa. «Alpha. India. Romeo. Tango. Oscar. November». In quel momento il mio cuore sprofondò nella paura e il walkie-talkie mi venne strappato di mano, Lysander prese il mio posto perché ero troppo sconvolta per rispondere.

Le iniziali formavano "Rem" e "Airton". Loro due mancavano all'appello e Dio solo sapeva dove si fossero cacciati.

Lysander chiuse la conversazione rapidamente, utilizzando una parola in codice che facesse capire all'interlocutore che doveva interrompere il dialogo per occuparsi di qualcosa di più urgente.

«Rompere!». Non attese una risposta, tornò ad agganciare il dispositivo alla divisa e si piegò sulle ginocchia per starmi davanti.

Mi costrinse a guardarlo, poggiando due dita sotto al mio mento per alzarlo nella direzione del suo viso. «Non sono arrivato all'istante all'ufficio di Theodore quando mi hai chiamato perché ho seguito Kurtis e il suo gruppo di scagnozzi. Ma poi li ho persi una volta entrato in prigione e lì ho trovato Airton, era con Vince e stava per essere scortato in cella. Ho visto Cairo permettere a Kurtis di usare il bagno del personale ed è lì che ho ascoltato la conversazione fra lui e i suoi scagnozzi, dove annunciava il piano che aveva organizzato per ammazzare Airton».

The Not HeardWhere stories live. Discover now