VII

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Non avevo idea di che tipo di patto volesse stringere uno come lui con una come me. Ne ero quasi timorosa. «Che tipo di patto?». Lo fissai sospettosa, attenta a non cadere in nessun tranello.

«Una confessione per una confessione».

«Una confessione per una confessione?». Ripetei confusa e lui annuii.

«Per ogni cosa che mi dirai di te io te ne dirò una di me. E viceversa ovviamente».

«Avevi detto che non ti piace parlare di te». Lo guardai cercando di nascondere la mia sorpresa.

«Sì».

«Allora perché mi stai proponendo questo patto che va contro i tuoi interessi?».

«Perché ho diciotto anni da recuperare con te, diciotto anni di cose da sapere e di avvenimenti a cui non sono stato presente».

Tornai ad appoggiare la nuca al muro, vagando con lo sguardo per tutta la stanza, abbastanza piccola e del tutto vuota. «Beh, direi che adesso il tempo è dalla nostra parte. Non abbiamo molto da fare».

L'ombra di un sorriso ironico gli curvò le labbra, prendendo le mie parole come una conferma al fatto che avessi accettato le condizioni del suo patto. Appoggiò la nuca alla parete e i gomiti alle ginocchia, cercando di mettersi comodo. «Come ti ho detto l'altra volta, ho vissuto a Santa Monica dai miei cinque anni con mio padre. Sono figlio unico, perciò siamo sempre stati solo io e lui sfortunatamente».

«Io sono nata in Sicilia durante una vacanza a Taormina. Non era previsto, ma è successo. Sin dalla nascita di Norman, e poi della mia, abbiamo vissuto in tante cittadine diverse della Russia per seguire il lavoro di mio padre e alla fine ci siamo stabilizzati a Mosca».

«Mia madre è morta a causa di mio padre. Il proiettile che le ha reciso l'arteria era indirizzato a lui, non a lei. È successo in Sicilia, dopo la partita di tuo fratello e dopo averti visto per l'ultima volta anche se non ne avevo idea. Ecco perché mi ha portato via». La sua voce si abbassò di qualche tono, come se stesse rivivendo la scena nella sua mente tramite i ricordi. Mi accadeva spesso.

Dischiusi la bocca, sorpresa dalla sua prima confessione seria e così personale.Aveva sempre detto poco e niente di sé. «Perché me lo stai dicendo?».

«Te l'ho detto, una confessione per una confessione. Se voglio una cosa da te devo dartene una di me». Il suo sguardo si fissò sul tetto sopra le nostre teste, incredibilmente crepato e rovinato dal tempo oltre che sporco. «E poi, sai, accade una cosa strana quando stai per così tanto tempo in silenzio. Una volta che torni a parlare ti esce tutto di botto, diventa un flusso che non riesci ad arrestare».

Mi morsi l'interno della guancia. «Non so chi sia mia madre, ci ha abbandonati dopo avermi partorito. Norman mi ha sempre raccontato che un giorno, durante quella vacanza a Taormina, ci siamo svegliati e lei non c'era semplicemente più. Era partita e aveva fatto perdere le sue tracce, lasciando soltanto una lettera che mio padre ha sempre nascosto».

«L'avete mai letta tu e Norman?».

«Ovviamente, la curiosità ci ha sempre fottuto. Diceva che era tutto troppo per lei, che quella non era la vita che voleva e che non si era mai immaginata in un futuro che comprendesse due bambini, una casa da gestire e un marito che lavora troppo. Aveva scritto che se fosse stato solo Norman avrebbe anche potuto farcela, ma con me e Norman insieme non poteva».

Mi parve di vederlo irrigidirsi. «Poteva pensarci prima di aprire le gambe una seconda volta».

«Hai ragione». Una risatina amara lasciò la mia bocca, i miei occhi erano offuscati da un velo di tristezza che non avrei saputo neanche spiegare. La rabbia e il dolore tornarono più forti delle ore precedenti. «Mi sono sempre chiesta come sarebbe andata se non fossi nata. Forse senza di me mio padre avrebbe avuto ancora una moglie e mio fratello avrebbe avuto una mamma». Abbassai anche io il tono, tanto da ridurlo in un sussurro. «Forse Norman adesso sarebbe felice».

The Not HeardHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin