XVIII

3.5K 219 122
                                    


Prestate attenzione al contenuto di questo capitolo, capisco che la storia che racconterò oggi é un bel po' intrecciata e potrebbe suscitare confusione.
Dovreste conoscermi ormai...
attenzione alle persone di cui diffidate!

Della sera prima avevo ricordi sfocati, ma se mi concentravo riuscivo ancora a sentire il buco allo stomaco, l'odore forte del caffè che sorseggiavo per rimanere sveglia che impregnava l'aria e i mille fogli sparsi per tutto il letto come se qualcuno avesse buttato giù la mia stanza per cercare qualcosa. E invece ero stata io, mentre cercavo di trovare l'anello mancante che univa il mio passato con quello di Isaiah Sokolov.

Mio padre aveva sempre avuto una vita difficile, anche mio nonno era un affiliato della mafija e questo voleva dire, probabilmente, che non avrebbe mai potuto avere una vita diversa da quella che aveva avuto. Mio nonno si era spostato dalla Russia in Sicilia solo quando aveva dato le "dimissioni" dal suo lavoro, trasferendosi in un piccolo paese che sembrava l'angolo di un paradiso terreste in cui passare il resto dei giorni che gli rimanevano.

Meno di quello che tutti si sarebbero aspettati probabilmente, solo pochi anni dopo la mia nascita - forse il vero motivo per cui aveva deciso di abbandonare quello stile di vita pericoloso - il suo passato aveva nuovamente bussato alla porta. Lo avevano brutalmente ucciso con un solo colpo di pistola alla nuca, minacciando mio padre di fare lo stesso con lui se non avesse continuato le attività illecite che portava avanti per conto dell'organizzazione di cui faceva parte.

Forse era in quel momento che mio padre si era reso conto che non c'era altro modo di uscire dalla Solncevskaja bratva se non dentro una bara di legno massiccio. Eppure aveva scelto il silenzio e non lo aveva confessato a nessuno.

Verso le cinque del mattino avevo finalmente uniti tutti i puntini, il mio passato mi era finalmente interamente chiaro e non avevo più alcun dubbio su come fossero realmente andate le cose. Con gli occhi gonfi dalla stanchezza e rossi dalle lacrime mi ero lasciata scivolare sui cuscini, sognando avvenimenti di cui ero a conoscenza ma che non avevo vissuto in prima persona.

Mio padre era un architetto di Mosca affiliato alla mafija che veniva utilizzato dalla sua organizzazione per riciclare il denaro sporco che proveniva da altre attività illecite, come traffico di armi, organi e droga. Attività che venivano svolte proprio da Isaiah e che, a sua volta, venivano ordinate e gestite da suo padre e dalla sua cosca, i vory v zakone. Mio padre e Isaiah si conoscevano, era a lui che consegnava i soldi una volta ripuliti, era con lui che si incontrava una volta a settimana quando lo vedevo uscire e tornare la sera con una faccia distrutta, piena di sensi di colpa mentre mi guardava e mi mentiva affermando che un cliente aveva avuto bisogno di lui più del previsto.

Mentre io andavo alle medie e alle superiori, mentre prendevo lezioni di pianoforte e facevo i miei primi lavoretti per avere dei soldi miei da spendere, mentre cucinavo con mio fratello e uscivamo insieme il sabato sera, dall'altra parte c'era Isaiah, alla mia stessa età, che incontrava mio padre e insieme si accordavano per riciclare denaro frutto del dolore e della morte di altri essere umani, parlando di cose terribili che a quel tempo neanche potevo comprendere.

La cardiomiopatia dilatativa di mio padre era spuntata un sabato di novembre, dove fuori la pioggia scivolava sul vetro delle finestre allo stesso modo in cui le lacrime mi scivolavano sulle guance, mentre il medico spiegava, a me e mio fratello, da dove provenisse quell'acuto dolore al petto che aveva piegato in due nostro padre. C'era poco da fare per salvare il suo cuore, questo ci aveva detto il medico, l'unica soluzione rimasta era un trapianto.

Eravamo tornati a casa di corsa, cercando all'interno della cassaforte la somma che ci avevano richiesto per un trapianto di cuore urgente che non necessitasse più tempo di quello che mio padre aveva disponibile, ma eravamo rimasti esterrefatti: non c'era più nulla. Nè gioielli da rivendere, né mazzette di soldi, né carte di credito da cui prelevare. Eravamo poveri da chissà quanto tempo, pieni di debiti da chissà quanti mesi, senza saperlo.

The Not HeardWhere stories live. Discover now