▫️1. Pericolo

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Odio questo dannato lavoro

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Odio questo dannato lavoro.
Sbuffo e prendo in mano il vassoio pieno di bicchieri da cocktail. Giuro che sono a tanto così da versarli in testa a qualcuno.
Il puzzo di alcool, fumo e sudore mi fa bruciare gli occhi e riempie le mie narici a ogni fottuto respiro.

«Signorina!»
La mano di un uomo di mezza età si alza facendo segno di avvicinarmi a lui.
Alzo gli occhi al cielo, questa è almeno la quinta volta che mi chiama nell'arco della serata.
«Arrivo» urlo per farmi sentire oltre la musica a volume alto.
Solo gli Dei sanno quanto odio questo dannato posto.
Sempre pieno di uomini, quasi tutti ubriachi e dalle mani lunghe.
E che non si pensi che non l'abbia fatto presente al proprietario, semplicemente a lui non frega proprio niente dei suoi dipendenti, sa molto bene che se si viene a lavorare qui al Diablo è perché si ha un bisogno lercio, perciò se ne approfitta.

Ad ogni modo, mi avvicino di mala voglia a questo tavolo pieno di vecchi bavosi e inizio a posare i vari bicchieri, cercando in tutti i modi di ignorare le loro mani che distrattamente sfiorano ora qua e adesso là. Reprimo un conato di vomito stringendo talmente forte le labbra da ferirmi con i denti. Meglio, il dolore mi aiuta a mantenere la calma, ripeto dentro di me.

Uno di loro mi ferma per il polso prima che abbia il tempo di allontanarmi dal tavolo, i suoi occhietti piccoli mi scrutano maliziosi e compiaciuti per avermi appena messo in mano un rettangolo di carta piuttosto rigido, poi mi tira giù finché il mio orecchio non arriva all'altezza della sua bocca schifosa.

«Tieni, se vuoi guadagnare qualcosa extra dopo il turno puoi venire da me. Con quelle treccine sembri proprio una bambina cattiva.»
Che cosa mi impedisce di spaccargli sulla testa il vassoio che ancora tengo in mano, di sbatterglielo sul cranio finché uno dei due non si fracassi sull'altro?
Semplice: che con la rabbia che ho in corpo non saprei calibrare la forza e finirei per fargli male sul serio.
E diciamo la verità , anche perché questo schifoso lavoro mi serve più dell'aria che respiro.

Sbuffo dal naso.
«Okay, ci penserò» lo liquido liberandomi dalla sua presa e tornando dietro al bancone.
Guardo ciò che mi ha dato.
Ovviamente un biglietto da visita.
Lo fisso con un sorriso ironico sulle labbra.
«Dottor Renato Marconi,
specialista in odontoiatria.»
Leggo con un sogghigno.
Me ne ricorderò quando avrò bisogno di una pulizia dei denti.

«Hey, cos'hai lì?»
Una voce allegra e un po' beffarda arriva alla mie spalle, sorrido e mi volto verso la ragazza alta e piena di curve, che mi fissa con un sorrisetto malizioso sulle labbra tinte di un rosa glitterato.
Lidia, la mia collega nonché vicina di casa insieme alla sorella Susanna.
Una figa come poche se ne vedono in questa landa desolata.
È una lap dancer, sì perché il Diablo tra le altre cose è anche un night club. Lei è fin troppo per questo posto disgustoso.
Le porgo il bigliettino e fa da prima una smorfia, poi rilassa le labbra in un sorriso.
«Ci vado io se per te non è un problema» dice arricciando distrattamente una lunga ciocca rosa tra le dita.
Alzo le spalle. Lei è piuttosto ambiziosa, a differenza mia, ciò implica che è disposta a tutto pur di arrivare ai suoi scopi.

I'm Not YoursWhere stories live. Discover now