▫️11. Piena di aspettative

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Si allontana da me privandomi improvvisamente del suo calore. So di essere in condizioni pietose, ma spero che la mia disfatta -oltre all'enorme frustrazione che mi pervade- non sia così evidente.

«Cesare?»

«Sì, sono io, Gabriele»
Il suo tono è scocciatonma quando si volta per guardare il fratello, che scende gli ultimi scalini, la sua espressione e il suo portamento sono composti, come se non fosse successo niente.
Penserei di essermelo solo immaginato se io non fossi ancora così scossa e a malapena in grado di respirare.

«Scusate, ho... interrotto qualcosa?»

L'imbarazzo è chiaramente visibile sul suo viso arrossato. Passa gli occhi da me al fratello accorgendosi lui stesso, con ogni probabilità, che tra i due sono io quella messa peggio.

«No.»
Quindi Cesare le risposte secche non le utilizza solo con me.

«È che...» Gabriele si gratta la nuca, mi sembra un po' a disagio. «...avevo sete e quindi sono... sceso.»

«Massì, certo. Vado a prenderti dell'acqua.»

Onestamente colgo la palla al balzo per allontanarmi da entrambi. L'aria dentro al salotto è irrespirabile. Sento addosso il profumo di Cesare e la situazione non migliora una volta arrivata in cucina.
Ne approfitto per appoggiarmi al tavolo e prendere un paio di respiri profondi.
Non è il massimo, ma quanto meno mi aiuta a ristabilire i pensieri.
Forse dovrei ringraziare Gabriele per avermi appena impedito di commettere un grave errore.
Mi viene da ridere, scuoto la testa e mi tappo la bocca per non farmi sentire.

Mi basta davvero così poco per cedere alle carezze di un uomo?
Io che per ventitré anni ho snobbato ogni essere umano di sesso maschile mi si presentasse davanti agli occhi.
Che cos'ha di speciale lui?
Voglio dire è il tipico ragazzo da cui ogni madre mette in guardia la propria figlia.
Uno di quelli che non porteresti mai a casa per farlo conoscere a tuo padre.

Verso l'acqua in due bicchiere, ne butto giù uno tutto d'un fiato e l'atro lo porto a Gabriele.

«Che cosa stai combinando, Cesare?»
Sento sussurrare appena metto piede fuori dalla cucina. Rallento il passo e affino l'udito.

«Niente. Non impicciarti nelle mie cose» risponde in un tono che non ammette repliche.

«Niente?» Gabriele allarga le braccia. «Quello che ho visto non mi è sembrato niente» dice in tono concitato scuotendo la testa un paio di volte.

«Non devi mischiare i tranquillanti con l'alcool ti fanno vedere cose che non esistono. Ne riparleremo quando sarai in condizioni migliori.»

«Non trattarmi con sufficienza, non sono un cazzo di bambino. E non sono neanche un pazzo visionario. Devi smetterla di usare le persone per i tuoi scopi. Non siamo marionette nelle tue mani.»

Gabriele si avvicina a Cesare fronteggiandolo con la sua altezza pari a quella del fratello. Quest'ultimo non si scompone minimamente.

«Prendi le tue cose e andiamo a casa» gli ordina anzi.

Il ragazzo si allontana di un paio di passi.
«Non ci torno a casa. Voglio restare qui per stanotte.»

La sua risposta risoluta fa sospirare Cesare, che infila le mani nelle tasche dei pantaloni.
«Non la conosci neppure questa ragazza, è assurdo che cerchi di proteggerla in questo modo.»

«Neanche tu la conosci eppure hai cercato di baciarla.»

Cesare fa un sorriso piatto.
«Le due cose non sono paragonabili.»

«Sì, ma...»

«Lo sai che anche origliare le conversazioni altrui può essere definito scortese?»

Quasi non mi casca il bicchiere dalle mani. Gabriele guarda verso la cucina, facendomi capire che non si era accorto di me, Cesare invece non mi degna neanche di uno sguardo.
È di udito fine ma come comportamento lascia molto a desiderare.

I'm Not YoursWhere stories live. Discover now