Psicologia

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Alex ~ 17 Marzo 2015, ore 11:30

Mi butto all'indietro sul cuscino, seguita da Emmett che non smette di baciarmi il collo.

«Soddisfatta, stavolta?» mi chiede, e assume quell'espressione imbronciata che non so se odiare o... adorare.

Ah, lo sapevo io a cosa mi avrebbe portato il sesso con lui! Pian piano, quasi mio malgrado, sto imparando ad apprezzarlo e, grazie al mio "potere", ho anche compreso perché ha baciato Isabelle. Forse è proprio per questo che mi ha proposto una scopamicizia. Perché, volente o nolente, è sempre solo come un eremita.

«Ehi! Terra chiama Alex!»

«Soddisfatta appieno non direi, ma mi sento meglio. Dopo due settimane passate a leggere e rileggere e friggere e rifriggere i fascicoli scritti da Stephen Herondale, avevo proprio bisogno di distogliere la mente.»

«Alexandra, siamo andati a letto insieme almeno altre dieci volte, tranne questa. Mi stai dicendo che le precedenti non hanno sorbito alcun effetto su di te?»

«Esattamente. Ti sopravvaluti, Emmett.»

Lo sento sbuffare; il letto cigola mentre si mette seduto e inizia ad infilarsi i pantaloni. «Come vuoi tu, Rockhead

«E no! Un altro soprannome no!» urlo, esasperata. «Già ne ho abbastanza di Lex, e ora...!»

«Ma è quello che sei. Una testa di roccia che prende la Legge alla lettera. Sei proprio rompiscatole.»

«Ah sì? Sono rompiscatole? Allora fuori dalla mia stanza» grido, e inizio a picchiarlo con il cuscino.

«Così potrai... tu-sai-cosa pensando a Simon?» ribatte, abbottonandosi la camicia. «Mi rimproveri perché ho continuamente Isabelle nella mente, e poi tu sei la prima a farti i film mentali.»

«Bah...»

Non arrossisco. Non gli darò la soddisfazione di avermi vista senza difese, senza barriere. Per cui, preferisco non rispondere.

Come se il modo in cui penso a Simon fosse identico a quello in cui lui vede Isabelle. La mia è solo una fantasia, una dura ma dolce tortura a cui mi sottopongo quotidianamente. Lui, invece, non vuole altro che avere Iz tutta per sé.

«Emmett, vai via. Te lo dico per l'ultima volta.» Gli lancio uno sguardo di fuoco, sbuffando.

«No, Rockhead.» Ricambia l'occhiata. «Non uscirò da qui finché non mi dirai perché prendi la Legge così sul serio. Se ti chiamano Lex c'è un motivo, no?»

Prendo un respiro profondo e mi preparo a mentire, ma lui mi sgama. «Alexandra, dimmi la verità. Sennò non ti lascio in santa pace.»

«E va bene.» Alzo gli occhi al cielo. «In realtà mi hanno affibbiato quel soprannome non perché sono una che conosce il Codice a memoria oppure perché voglio che la Legge sia rispettata e non ammetto infrazioni.» Mi scappa un sorrisetto imbarazzato. «Da piccola avevo una tazza con su scritto il mio nome. Una volta, lavandola in lavastoviglie, si sbiadì tutta la stampa tranne le tre lettere L, E ed X, che erano rimaste "al sicuro" dietro una pentola. Così mio fratello, che aveva da poco iniziato a parlare, cominciò a chiamarmi Lex. E questo è tutto. Il fatto che lex in latino significhi legge è solo una pura coincidenza.»

Emmett scoppia a ridere senza ritegno, facendomi incazzare come una belva.

«Vedi perché non lo dico a nessuno? Ridete tutti, sempre.»

Sghignazza un'ultima volta, poi si asciuga una lacrima. «No, in realtà ridevo perché siete stati tanto stupidi da mettere una tazza stampata in lavastoviglie.»

Shadowhunters ~ Living the PresentWhere stories live. Discover now