Discorsi e rivelazioni indesiderate

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Certo che quello Stregone è un osso duro. Per tutto il giorno i suoi hanno provato ad insinuarsi nel suo corpo, approfittando di un momento di debolezza, e non ci sono riusciti. Non ci sono nemmeno andati vicini.

Ah, ma ce la faranno. Anche perché, in caso contrario, Asmodeo gli farà pelo e contropelo.

E non ha alcuna intenzione di farsi sopraffare da quell'insulso Principe dell'Inferno che si veste peggio di Enzo Miccio.


"Sii breve, che un discorso lungo non può mai dar piacere."

[Miguel de Cervantes]


Isabelle ~ 18 Marzo 2015, ore 17:00

Staziono di fronte alla porta dello studio di Simon, una tazza di cioccolata calda in mano. Non ho il coraggio di parlargli di ciò che gli sta succedendo, non riuscirò a chiedergli perché si sta comportando così. Temo che la causa di tutto questo sia io. Ma Alexandra mi ha rassicurato che non è vero, quindi perché mi sto preoccupando in tale maniera? Sto esagerando. Basta, Isabelle.

Prendo un profondo respiro e spingo la maniglia in avanti, poi oltrepasso la soglia ed entro nella stanza. «Ehi.»

«Ehi.» Simon è il modello perfetto per una pubblicità di antidepressivi: prima della cura. Gli occhiali gli sono scivolati sulla punta del naso e pendono verso sinistra, la camicia è spiegazzata e ha una macchia d'inchiostro nero sul polsino destro. I capelli sembrano un cespuglio di rovi; i riccioli, di solito definiti e gentili, sono ormai un ammasso di curve severe e nette.

«Devi smetterla di ridurti così.» Copro lo spazio che ci separa in pochi secondi e mi lascio cadere sulla poltrona all'altro lato della scrivania. Gli allungo la tazza di cioccolata, che afferra nemmeno fosse una bottiglia d'acqua in un deserto. «Sì, ti serve un bel po' di serotonina.»

«Sbagliato.» Tira un lungo sorso. «Me ne serve una fornitura industriale.» La cioccolata gli lascia uno spesso baffo sul labbro superiore, e avverto il bisogno impellente di baciarlo per rimuovere quel segno. Sfortunatamente, però, lui lo cancella con la lingua prima che io possa muovermi.

Con uno sbuffo mi accascio contro lo schienale della poltrona. «Prima la serotonina non ti faceva alcun effetto. Ti bastava guardarmi, o abbracciarmi, per sentirti meglio. Che cosa ti succede, Simon? Perché sei così distante?» Mi sporgo in avanti e agguanto il foglio su cui sta scribacchiando. «Finiscila. E rispondimi.»

«Isabelle, io...»

«Non posso risponderti, vero? Non puoi capire? Ti amo, coglione, e non sopporto di vederti giù! Vuoi parlarmene, dannazione?» urlo, al limite dell'esasperazione. «È perché tra un mese partorirò e non sopporti l'idea di diventare padre? Perché non vuoi sposarti? Dimmelo! Non fa nulla se dovremo rimandare la data del matrimonio oppure io sarò costretta ad affrontare parto e travaglio senza di te, ma per favore apri bocca e confidati. Se non con me, con chi?»

«Iz, non...» Il solo suono del mio nome pronunciato dolcemente da lui è sufficiente per farmi calmare. «Non è per questo.»

«E allora per cosa?»

Sospira, le spalle curve. «Leggi quel foglio che hai in mano» sussurra, abbandonando la testa all'indietro. «Ad alta voce.»

Gli lancio un'occhiata preoccupata, poi apro il pugno e stendo la carta. «Mamma, Rebecca, non avete mie notizie da mesi. Oh, Dio.» Scuoto la testa. «Simon, perché io non ne ero al corrente?»

«Ssh.» Deglutisce. «Continua.»

«Non vi ho scritto prima perché non potevo farlo. Mi era impedito da qualcosa di più forte di me. La paura, forse. O il senso di colpa. Non lo so neanch'io. Ma devo rivelarvi cosa è successo in questi ultimi tempi, nell'ultimo anno. Avete il diritto di conoscere. Sono riuscito a racimolare abbastanza coraggio – e una bella dose di sfrontatezza condita con un gran vaffanculo – per dirvi ciò che sono, chi sono, ormai da Settembre.» Mi mordo il labbro. «Simon, è proibito. Sono mondane.»

Shadowhunters ~ Living the PresentWhere stories live. Discover now