Capitolo sedici - Puzzle

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Ringrazio mentalmente Robert per avermi ricordato dell'esistenza delle scarpe da tennis nel portabagagli della mia auto, perché i miei piedi – dopo tutto questo camminare - sarebbero stati solo una poltiglia indefinita e dolorante.
Da circa 10 minuti buoni che cammino a passo spedito, scaricando sul terreno attraverso lo sbattere furioso della pianta dei piedi il mio nervosismo. Da quando ho lasciato la macchina, e ho scoperto di non essere poi così tanto lontana dal mio piccolo appartamento, non ho fatto altro che arrovellarmi il cervello con pensieri sconnessi, ma tutti collegati ad una sola persona: Nikolas, o meglio, il Troglodita Motociclista.
Sbuffo per l'ennesima volta, attirando la perplessità di una signora che passeggia col proprio figlioletto mano nella mano.
Di certo, il mio aspetto composto da un vestito - più o meno succinto - e scarpe da tennis non è uno dei più normali, e sicuramente a rendere il tutto più bizzarro è la mia espressione, che sono riuscita a scorgere attraverso i finestrini di alcune macchine posteggiate, e posso confermare che mai in vita mia, ho avuto una reazione così esagerata.

Oltre a James, nessuno e dico mai nessuno aveva avuto la faccia tosta di rinfacciare i miei comportamenti, rimproverandomi come se fossi una bambina di cinque anni.

Per di più sbraitando come se mi conoscesse da una vita, come se se lo potesse permettere.

Ma chi si crede di essere?!

Prendersi gioco di me in quel modo, per quell'insignificante bacino come ha detto lui. Avrei dovuto stampargli la mano sulla guancia, invece di tentennare come una sciocca e farmi baciare.

Santo cielo, un bacio non è poi così importante! E non so per quale motivo continuo a dargli tutta questa importanza.

Il quasi incidente avrà mescolato troppo velocemente i miei neuroni, e sarà per questo che non riesco a ragionare con lucidità. E sarà stata anche la causa della mia improvvisa – quasi ossessiva – preoccupazione per Nikolas.

Un moto d'imbarazzo mi fa sbuffare ancora una volta.

Ammetto che non so cosa mi sia successo di preciso, ma in tutto quel trambusto l'unica cosa che riuscivo a percepire era la paura di vedere con i miei occhi ciò che è realmente successo a mio fratello, riflesso sul corpo del Motociclista.

Un brivido misto a paura e freddo mi fa stringere i pugni dentro le tasche del giubbotto.

Il mio cervello – ovvero la parte più razionale e forse più fifona – mi intima di non dare per verità ciò che ha insinuato Nikolas, anche se è una probabilità molto elevata.

E in tal caso, se fosse come il Motociclista sostiene: per quale motivo dovrebbero uccidermi?

Non ci credo che sto pensando come loro, adesso.

E in tutto ciò fa un freddo cane, e le calze non mi coprono abbastanza.

Una giornata splendida direi!

Decido di conservarmi per dopo una volta arrivata a casa, i metodi per poter recuperare l'auto e andare a casa dei miei, entro oggi per evitare di rinchiudermi in casa come una codarda che non accetta la realtà.

Dovrei anche avvertire Robert e James, ma se lo facessi mi beccherei la ramanzina via telefono di Rob perché non ho voluto farmi accompagnare da lui. E una seconda ramanzina più carica, da parte di Jamie per averlo fatto ubriacare, lasciandolo solo con Rob nella casa del Motociclista, senza dirgli dove e con chi andavo.

Finalmente svolto per la via del mio appartamento con gli occhi sulla punta delle scarpe, ma mi blocco a qualche metro di distanza, quando vedo la mia auto posteggiata accanto al marciapiede e Nikolas appoggiato ad essa, con le mani dentro le tasche dei jeans.

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