Capitolo diciannove - Incubi

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"Karol hai un aspetto orribile."

Sbuffo, nascondendomi ancor di più sotto la coperta rosa shocking.

"Grazie per il complimento." Gracchio sarcasticamente, stringendo gli occhi.

"Non cambia molto se ti copri, hai delle occhiaie di qualche tonalità più scura della coperta che hai addosso, viola o porpora?."

Il mio migliore amico si prende gioco di me, sorseggiando una coca cola con la cannuccia sorridendo, sornione.

"Vuoi adularmi per caso?" Ironizzo velenosamente, stanca delle sue battutine stupide.

Affermare che James mi ha torturata durante questa lunga ed estenuante settimana è un eufemismo. Se Vanessa – il nostro capo – non fosse una bacchettona zitella di suo, penserei che si fossero messi d'accordo per rendermi la vita un inferno, più di quanto lo sia effettivamente.

Sono passati esattamente sei giorni da quando Fredrik e gli altri sono venuti a casa mia; sei giorni esatti durante i quali non ho avuto un attimo di pace o di serenità.

O meglio, durante i quali non riuscivo a rilassarmi in nessuna occasione, troppo tesa e impaurita da qualcuno o qualcosa potesse riuscire ad entrare a casa mia e rapirmi, o peggio uccidermi.

Stessa cosa durante il tragitto casa-lavoro, lavoro-casa.

Perché in questi sei fottutissimi giorni, ho messo piede fuori dal mio appartamento solo per andare a lavoro, troppo spaventata dall'idea di ritrovarmi sotto un camion; con la costante sensazione sulla pelle di essere pedinata.

In più avendo lo stomaco totalmente chiuso per la tensione, non ho mangiato più di tanto e sono quasi sicura di aver perso uno o due chili.

Ma questa non è la cosa più importante.

Lancio un'occhiata guardinga al cuscino di Kyle, abbandonato a terra accanto all pouf su cui è quasi disteso il mio migliore amico.

Alla fine ho avuto il coraggio di aprire quel fascicolo e Dio, non l'avessi mai fatto.

Ero così convinta di trovare qualcosa di diverso da quello che mi avevano detto Fredrik e il Troglodita che inizialmente lessi ciò che volevo leggere.

Ma in realtà, vi era tutt'altro.

Il caso era ancora aperto, e da ciò che c'era scritto temporaneamente sospeso.

La cosa che mi lasciò senza respiro per qualche secondo fu la scritta "omicidio".

Qualcuno aveva ucciso mio fratello, e quel qualcuno aveva provato ad uccidere me.

Ed oltre alla dettagliata descrizione medica del corpo, vi erano anche informazioni personali spillate sopra alla normale cartella medica.

A quanto pare un certo Dennis Brown, un agente dell'FBI ingaggiato a posta da mio padre aveva fatto qualche ricerca in più sul suo conto scoprendo effettivamente – stando al fascicolo – dopo due mesi dalla sua morte che mio fratello faceva parte della Brigata Del Sole, e che ad ucciderlo era proprio stato uno di quei furgoni bianchi con una targa falsa.

SorridimiWhere stories live. Discover now