Capitolo diciassette - Occhi Color Pece

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In macchina c'è così tanto silenzio che riesco a percepire il pompare furioso del mio cuore dentro al petto, e ho paura che riesca a sentirlo anche Nikolas, seduto al mio fianco che ispeziona e segue con gli occhi ogni mio movimento

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In macchina c'è così tanto silenzio che riesco a percepire il pompare furioso del mio cuore dentro al petto, e ho paura che riesca a sentirlo anche Nikolas, seduto al mio fianco che ispeziona e segue con gli occhi ogni mio movimento.

Alzo gli occhi al cielo.

Gli uomini, e la convinzione che le donne non riescano a guidare.

Il nervosismo riaffiora come una spugna sul pelo di una vasca, e stringo il volante cercando di far sembrare il gesto casuale, anche se Nik è preso da tutt'altro con sguardo fisso nel vuoto.

Magari sta pensando anche a quello che penso io...

No, non è così. Mi autoconvinco.

Cerco di analizzare ogni singolo dettaglio, vedendolo da più punti di vista.

Nikolas ci ha provato, di nuovo.

Non che mi dispiaccia, sia chiaro, ma diciamo che... Non fa per me, ecco.

Lo conosco da quanto, tre settimane? E in questi giorni mi ha fatto capire in poche parole e gesti, la prospettiva di una sua relazione tipo, ovvero sesso occasionale e qualche bacio a qualsiasi essere di sesso femminile che lo attragga anche un minimo, e solo Dio sa cos'altro.

Penso che sarebbe capace di baciare pure un muro se avesse qualche caratteristica femminile.

Però, perché baciarmi nuovamente se ha considerato la nostra prima effusione – mi scappa una risatina – una cosa da niente, soprattutto, perché riprovarci?

Oh, Santo Cielo!

La prima domanda che dovrei pormi dovrebbe essere il perché cerco di entrare nella testa di un infantile/lunatico/motociclista dalle sembianze a volte minacciose, a volte innocue. Come quando l'ho beccato con le mani nel sacco anzi, con le mani dentro lo scatolo.

La sua espressione era quella uguale ad un bambino intimorito dalla reazione della madre, con la differenza che la sua paura non era una di quelle più ingenue.

Lo avevo capito subito, dalla piccola luce di preoccupazione nei suoi occhi che stranamente, non mi ha infastidito.

Fin da sempre, fin dal funerale chiunque nominasse Kyle in mia presenza mi rivolgeva uno sguardo di pietà, come a dire "Oh poverina, deve essere brutto perdere il gemello così." E cercava di sviare il discorso, come si fa quando vedi per strada un cane morente e distogli lo sguardo, negando la realtà.

E lui non lo ha fatto.

Forse sarà stata la mia immaginazione, forse sarà perché da quando ha avuto quella telefonata in mia presenza mi è sembrato più umano di come lo avevo dipinto all'inizio, ma non ha negato la realtà, non ha distolto gli occhi, non ha cercato di sviare l'argomento come chiunque avrebbe fatto.

Ed io mi sono sentita per la prima volta spaesata, incapace di articolare qualsiasi frase.

Dentro la mia testa, avevo già iniziato a parlare di lui, a riportare a galla ricordi felici e legati a quelle foto che custodisco gelosamente, ma poi mi sono bloccata ritornando alla realtà.

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