Chapter 4

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"Someone told me I'm just insane."
Someone told me, Jake Bugg

Stringevo le chiavi della scuola fra le mani come un prezioso tesoro e sembrava quasi surreale.

Erano le sei del mattino quando infilai la piccola chiave argentata nella toppa della porta che si aprì sulla mia amata sala prove.
Ero riuscita ad ottenere nuovamente l'accesso a quel luogo solo grazie a mio zio che, come se non potessi volergli più bene, aveva anche fatto in modo che la mia punizione nelle cheerleader finisse lì.
I benefici di avere uno zio il cui migliore amico é il preside della Roosevelt.

Mi dispiaceva abbandonare gli allenamenti, non erano così male in fin dei conti.
Era però anche un bene poiché la stagione di football stava per iniziare e ciò implicava fare il tifo alle partite, cosa che avrei preferito evitare.
Inoltre, mancavo alla maggior parte degli allenamenti penalizzando soltanto la squadra.

Sospirai accendendo la luce e ruotando su me stessa al centro della sala.
Non potei evitare il sorriso che si aprì sul mio viso.

Ero consapevole che fosse mattina presto e che in un paio d'ore la scuola di sarebbe riempita, ma in quel momento ero solo felice di essere lì e non potevo aspettare la fine delle lezioni per entrare nel mio piccolo nascondiglio.

Mossi un passo nel silenzio sentendo l'eco dei miei movimenti rimbalzare sulle pareti.
Accennai mosse leggere pensando alle parole del giorno precedente e prima di accorgermene stavo creando una coreografia su un ritmo che proveniva solo dalla mia testa.

Così come nella danza non esistono passi giusti o passi sbagliati, non esistono parole giuste o sbagliate.
Esistono le parole e speravo di averle usate nel modo giusto.

"Allora é finita?" Domandò.

Lo superai e, aprendogli la porta, pronunciai in modo deciso si.

Avevo chiuso un capitolo ed ero pronta a darne inizio ad un nuovo.


*


Avevo perso la cognizione del tempo e mi ritrovai a correre per i corridoi vuoti in ritardo per la prima lezione della mattina.

Entrai nell'aula di matematica e gli occhi dei miei compagni si puntanrono su di me.

"La lezione é iniziata mezz'ora fa, Martin. Non credo sarà un problema per te passare il resto dell'ora fuori." Disse la professoressa in tono severo stringendosi con rabbia nella giacca del tailleur troppo stretto.

"Certo che no." Risposi rassegnata e, una volta chiusa la porta alle mie spalle, alzai gli occhi al cielo.

Mi diressi verso la caffetteria per aspettare l'inizio della seconda ora e, con mia sorpresa, vi trovai Paige.

Indecisa se parlarle o meno, feci avanti e indietro, per poi decidere di sedermi al suo stesso tavolo, a debita distanza.

"Non hai lezione?" Domandò distaccata prima di prendere un sorso del suo caffè.

"Sono arrivata tardi per la prima ora. E tu?"

"Manca il Professor Porter. Ora buca." Rispose con un'alzata di spalle.

Annuii semplicemente ed i secondi che susseguirono erano intrisi di nervosismo, imbarazzo e scelte sbagliate.

Non ero davvero convinta di aver sbagliato con Paige. Avevo cercato di aiutarla, seppur in modo brusco.
Mi mancava parlare con lei, ma non per questo mi sarei scusata per qualcosa che non avevo fatto.

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