Capitolo 2: Il Re Degli Alpha (✅)

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Le due parole uscite dalle sue labbra sembravano essere state pronunciate per caso, senza che sapesse a cosa avrebbero portato. Poco dopo accostò una mano sulla bocca, come se volesse cancellare quello che aveva pronunciato. Scosse la testa, ormai affranta. Sarebbe dovuta andare, lo aveva promesso a Elisabeth. Chiuse gli occhi e cercò di pensare a quello che i suoi genitori avrebbero fatto se fossero stati nella sua situazione. Sono sempre stati più coraggiosi di me, loro avrebbero affrontato il problema senza pensarci, meditò, mentre sentiva una strana sensazione dentro di sé, quella che non voleva abbandonarla da quella mattina.

Si affacciò velocemente alla finestra, notando l'anziana camminare lungo la via innevata. I suoi occhi poi si puntarono sulla foresta, in attesa che qualcosa si muovesse o che tentasse di aggredire l'anziana. Sarebbe ovviamente intervenuta, anche se l'avessero scoperta, la vita di quella donna era stata la ragione della sua. Senza di lei non sarebbe mai sopravvissuta a quei giorni in cui piangeva ininterrottamente. Ricordarsi del corpo di suo padre riverso sul pavimento non era una memoria che una bambina dovrebbe conservare nella mente. Quando quella fatidica notte scappò dal suo villaggio e corse nella foresta, alzò la testa al cielo e guardò la luna, quella che avrebbe sempre dovuto proteggerla e che invece le aveva tolto le due uniche persone che l'amavano.

Dare la colpa a un satellite però non aveva molto senso. Ma una bambina come poteva odiare? Come poteva nutrire quel sentimento tanto oscuro? Il rancore trovava sempre una strada per infiltrarsi nel cuore, e con quella bambina indifesa c'era riuscito, o almeno all'apparenza sembrava così. Il crepuscolo stava per avvicinarsi sempre di più, così come una velata voglia di scappare da lì e non farsi più trovare da nessuno. Ma non era una codarda, suo padre gliel'aveva insegnato. I codardi sono peggio degli ignoranti. Ricorda che c'è una sottile linea a dividerli, le aveva detto molti anni prima, mentre lei mangiava avidamente molte caramelle. A quel pensiero ridacchiò, mentre le riaffiorava l'espressione divertita di suo padre.

Avrebbe pagato qualsiasi prezzo per riaverlo al suo fianco; erano sempre le persone buone ad andarsene. Sbuffò e decise di coprire il contenitore del pasticcio con del cellofan che le era avanzato da tempo. Si passò una mano tra i capelli, guardando fuori. Era ora di andare e lei aveva una paura immensa, tanto che le gambe iniziarono a tremare. Poggiò una mano sul tavolo, cercando di mantenersi in equilibrio, anche se non era una buona idea visto che traballava molto. Dopo essersi abbastanza ripresa, guardò il cappotto che aveva usato la mattina e che si era praticamente asciugato.

Si avvicinò e lo prese svogliatamente con una mano, per poi metterselo lentamente. Andò alla volta del lavello e riempì un bicchiere d'acqua, poi spense il fuoco, poggiando il recipiente sul tavolo. «Bene Katherine, è ora di andare incontro al tuo destino, o alla tua morte» borbottò, prendendo la foto dei genitori e mettendosela nella tasca interna nel cappotto. Non seppe perché lo fece, anche perché non aveva senso portarsela via, poi sarebbe tornata. Ma forse voleva avere i suoi genitori vicini; anche se non erano fisicamente insieme a lei, le bastava solamente avere qualcosa che li rappresentasse. Tirò su la cerniera e strinse la cornice.

Camminò fino alla porta, poi se la richiuse alla spalle e lasciò che questa cigolasse. Voleva imprimersi ogni cosa nella mente visto che non sapeva cosa sarebbe accaduto tra pochi minuti. Scese lentamente, stando attenta a non sprofondare molto nella neve, anche se era quasi impossibile. Aveva nevicato fino a quel momento, e la coltre fresca era una gran brutta bestia, per quanto potesse essere bella, ovvio. Una ventata di aria fredda la destabilizzò, tanto che cadde e sprofondò nella neve. Ringhiò per la seconda volta quel giorno, lasciando che alcune lacrime scivolassero lungo le sue guance.

È un segno, non devo andarci, rifletté, anche se dopo poco si rialzò e si avviò, con i pantaloni e mezzo giubbotto bagnato, lungo la via del villaggio. Era uscita poche volte di sera in tutti quegli anni, e ancora la notte la meravigliava, così come la luna che splendeva alta nel cielo. Pareva la controllasse, la seguisse, ma forse era solo un'impressione della giovane. Però non era una considerazione da pazza, in fondo quel satellite era la madre di tutti i lupi. Quella sera sembrava splendere più di tutte le altre volte che l'aveva vista, e forse era un buon segno. La giovane continuò a guardarla, mentre arrivava sempre più vicino alla sua meta.

The Alpha KingWhere stories live. Discover now