14.

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Arriviamo a 75 stelline per il prossimo capitolo e 10 commenti.

Ci rivestiamo accompagnati da un silenzio imbarazzantissimo, tra le mura di questa stanza echeggia solo il rumore di zip e il nostro respiro affannato.
Sospiro ancora una volta mentre mi guardo nella fotocamera del telefono, cercando di aggiustarmi i capelli e il trucco, ringraziando la mia maglia a collo alto che copre i numerosi nuovi succhiotti.

«Alessia.» mi richiama Paulo mentre cerco di aprire la porta e fuggire da questa situazione imbarazzante.
L'altra volta eravamo ubriachi, ora che scusa avevamo?
«Alessia.» mi richiama ancora Paulo con un tono freddo e mi giro sbuffando.

«Che c'è?» domando allargando le braccia e lui alza semplicemente la mano, mostrandomi una chiave. Cazzo, è vero, la aveva chiusa. Abbasso la testa imbarazzata appena si avvicina a me e mi immobilizzo appena porta la mano sulla mia guancia.

«Non doveva succedere.» afferma e annuisco, tenendo gli occhi bassi. Ha ragione, non doveva assolutamente succedere, abbiamo perso il controllo nuovamente e non possiamo più permettercelo. «Eppure mi è sembrato così giusto.» sussurra portando di nuovo le labbra sul mio collo, mordicchiandolo. Sussulto, portando le mani sul suo petto, allontanandolo.

«No, abbiamo sbagliato. Non doveva succedere.» dico ferma guardandolo negli occhi. Distolgo lo sguardo dopo una piccolissima frazione di tempo, non riuscendo a sostenerlo.

«Eppure mi hai supplicato tu, di farlo.» ammette portando la fronte contro la mia.

«Non rendiamo questo ancora più imbarazzante. Ora torniamo di là e facciamo finta che non è successo assolutamente nulla. Torniamo come prima, ok?» dico allungandogli la mano e lui dopo pochi secondi di esitazione, la stringe. Si allontana da me, dandomi subito una sensazione di vuoto e freddo, aprendo finalmente la porta.
Sospiro, guardandolo un'ultima volta, con ancora il mio segno sul collo e cerco di nasconderlo, alzandogli il colletto della felpa.

«Ti accompagno a casa dopo?» domanda, ritornando il ragazzino spensierato che è stato in questi giorni e annuisco, uscendo da quella stanza.
Mi dirigo velocemente verso il giardino esterno e prendo una boccata d'aria fredda. Il gelo mi pizzica la pelle ma sento di averne bisogno, l'aria con Paulo era troppo viziata, troppo calda anche per i miei standard. Mi poggio con la schiena al muro, ispirando a pieni polmoni, tanto quasi da sentire freddo anche dentro e mi rilasso.

«Ti prenderai la febbre!» urla Miralem portandomi un giubbotto e sorrido per la sua preoccupazione.

«Non preoccuparti, sto bene.» dico fermandolo e lui mi guarda confuso. Si poggia poi con la schiena contro il muro come me e lo sento rilassarsi. Finalmente è uscito il sole, ma il freddo si sente comunque ed è proprio questa tranquillità a farmi pensare ad altro, allontanandomi dal mio pensiero ormai fisso: Paulo.

«Lo avete rifatto, vero?» domanda dopo pochi minuti di silenzio e mi giro sorpresa. «Paulo ha un enorme succhiotto sul collo e tu sei quasi rilassata. Non sei mai rilassata!» dice risponde e gli lascio un pugno sulla spalla, ridendo anche io. «Non voglio farmi i fatti vostri eh!» continua poi alzando le mani e alzo le spalle incurante.

«Se Paulo te l'ha detto significa che si fida di te.» dico semplicemente, tornando a guardare le foglie degli alberi muoversi.

«Paulo non mi ha detto nulla, l'ho scoperto da solo. Si vede da come vi guardate, almeno vi siete baciati. Almeno.» dice ridendo e io sorrido, abbassando la testa. «Hai appena ammesso che vi siete come minimo baciati, ma so che siete andati molto oltre. A me non interessa, ripeto. Però dovreste prendere una decisione.» mi spiega con calma e sospiro.

«Facciamo finta di nulla, lui per la sua strada e io per la mia. Non ho bisogno di altre complicazioni ora, che non riesco a capire che gira nella testa della mia amica.» spiego e lui annuisce. Restiamo in silenzio forse per altri 15 minuti e in quel momento mi sentii meno sola al mondo.

Paulo's pov.

Torno dai ragazzi sorridendo mentre mi sistemo la felpa. Lo abbiamo fatto e non eravamo nemmeno ubriachi, mi ha pregato lei di farlo, di andare avanti, di non fermarmi in nessun modo e per nessuna ragione.
Ora vuole che ci comportiamo come amici? Lo farò, ma tanto so che finiremo a farlo di nuovo, o almeno lo speravo.
Il suo profumo è bloccato nella mia mente e sui miei vestiti, la sua pelle così delicata e morbida, sento quasi la sensazione come se potessi toccarla ancora, sento ancora il suo sussurrare ripetutamente il mio nome e sorrido alla sua timidezza nel dirlo e supplicarmi, ricordando le sue guance completamente rosse e il suo sguardo fuggitivo.

«Paulino, ti vedo soprappensiero, tutto bene?» domanda Miralem sorridendo portando il braccio sulle mie spalle mentre annuisco, cercando di comportarmi in modo normale. «Io non voglio entrare nei tuoi affari, non mi permetterei mai, lo sai. Ma ti ho visto mezz'ora fa e il segno sul collo, che hai ora, non lo avevi prima.» dice sospettoso e alzo le spalle, incurante. «Tu e Alessia non me la raccontate giusta.» dice e rido, spingendolo.
Ormai perché negarglielo? Era evidente avessi fatto qualcosa con Alessia, e per i segni sulla schiena sicuramente non avevamo giocato a briscola o abbiamo imparato a suonare qualche opera di Mozart.
Appena arrivo in bagno controllo il segno citato da Miralem e noto un enorme macchia viola sul collo, che si collega ad un'altra macchia precedente. Sospiro, ricordando le sue mani e le sue labbra su di me.
Mi farà uscire pazzo.

Ammore scumbinato; Paulo DybalaWhere stories live. Discover now