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Arriviamo a 120 stelline e 10 commenti per il prossimo capitolo!

Posai i piatti nel lavandino e pensai per la terza volta nella stessa sera come uccidermi con le cose che toccavo. L'imbarazzo nella stanza mi teneva quasi ferma, legata con delle catene. Percepivo il suo sguardo in ogni piccola mossa che facevo e non sapevo se rompermi il piatto in testa o lanciarlo sulla sua faccia.

«Possiamo parlare?» domandò di nuovo Paulo, affiancandomi. Sospirai, asciugandomi le mani e annuii, seguendolo sul divano. «Da dove iniziamo?» continuò e cercai di rilassarmi. Mi presi qualche secondo di pausa prima di rispondere perché ero presa dai suoi occhi e perché non sapevo cosa dire. Da dove dovevamo iniziare?

«Per quanto tempo mi hai cercata?» domandai poi, puntando lo sguardo sul pavimento, che era diventato quasi interessante.

«Allora, bene.» sorride incrociando le braccia, forse era semplicemente felice che avevo detto qualcosa. «Tre mesi sui social, anche con i miei amici. Poi altri due mesi sono venuto a casa tua una volta ogni due settimane, a volte anche più spesso, poi l'ultimo mese ho cercato di chiamarti in ogni modo, ovviamente eri irraggiungibile in ogni caso quindi poi mi sono dedicato al calcio, e poi ho conosciuto Oriana.» mi spiega, come se fosse la cosa più normale del mondo, io invece mi sentivo a nudo davanti ai suoi occhi.

«Ti sei arreso dopo sei mesi?» domandai ancora, facendo un calcolo veloce con le dita e lui dopo poco annuisce.

«Arreso nel senso che sembravo pazzo a continuare? Assolutamente si. Oppure finivo dallo psicologo e non mi sembrava il caso.» ammise ridendo amaramente, e mi sentii ancora più colpa per tutto.

«Oriana dov'è?» domandai, sorvolando quello per qualche secondo quello che mi aveva detto.

«Sai, questa parte è divertente. Sono un ragazzo così fortunato che le ragazze che mi vogliono, decidono di allontanarsi da me perché sanno che desidero solo una ragazza, ma lei non mi vuole.» disse semplicemente, puntando lo sguardo nei miei occhi e mi sentii quasi morire dentro.

«Non è vero.» dissi sospirando, riportando lo sguardo per terra. Non volevo e non ce la facevo a guardarlo, era così triste e veramente dispiaciuto che ormai non ci parlavamo più e mi sentivo la causa di tutto. Lo avevo rifiutato così tante volte, l'ho odiato per tutto questo tempo e invece il problema ero solo io.

«Non è vero che le altre mi vogliono oppure che tu non mi vuoi?» domanda avvicinando il viso al mio. Alzai lo sguardo su di lui, sapendo cosa voleva fare.

«Non è vero che io non ti voglio.» sussurrai non riuscendo a staccare gli occhi dai suoi. Perché sono così belli? E soprattutto perché era così vicino?

«Allora dimostramelo.» continuò, lasciandomi intendere precisamente cosa voleva che facessi. Portai la mano sul suo petto e lo spinsi di nuovo al suo posto.

«Non possiamo passare dal litigare e passare poi al letto.» dissi incrociando le braccia al petto, ma lui non lasciò la presa e si spinse di nuovo contro di me.

«Io in realtà pensavo a questo meraviglioso divano, no?» domanda lasciandomi un bacio sulla guancia.

«Paulo, per cortesia.» sussurrai allontanandomi. «Non possiamo, risolviamo questo problema e poi facciamo altro.» continuai tenendo la mano ben salda sul suo petto, per tenerlo lontano.

«Quindi se risolviamo possiamo farlo di nuovo?» domandò spingendosi su di me, facendomi così stendere sul divano. «Risolto, passiamo oltre.»

«Non è così che si risolve.» dico mentre mi sistemo meglio, cercando un posto per le braccia. Cercare di tenerlo lontano è abbastanza complicato, soprattutto quando è steso completamente su di me.

«Secondo me si, il sesso ripara tutto.» mi contraddice e alzo gli occhi al cielo. «Di cosa dobbiamo parlare ancora? Ti prego, basta.»

«Okay lo facciamo, ma poi dopo che si fa?» domando alzando i toni e lui resta confuso. «Facciamo sempre la stessa cosa?»

«Voglio stare con te, ma come te lo devo far capire?» domanda puntando i gomiti di fianco alla mia testa, così da essere molto vicino al mio viso. «La vera domanda forse è, tu vuoi stare con me?»

«E sopportarti? Non lo so, sinceramente.» dissi seriamente e Paulo quasi sbiancò alle mie parole. Si allontanò di poco e mi fece scoppiare a ridere. «Sei un tale idiota.»

«Non sto capendo.» dice guardandomi confuso, ancora. Scoppio a ridere di nuovo mentre poggio le braccia dietro il suo collo. «Non mi interessa, sei pazza.» dice scuotendo la testa e si avvicina per baciarmi, ma lo fermo.

«Ah, io sarei pazza?» domando portando la mano sulle sue labbra. Lui annuisce e mi morde la mano, così da farmela spostare e poggiare velocemente le labbra sulle mie. Inizialmente la sensazione è strana quasi nuova, ma appena riconosco i suoi soliti movimenti, la sensazione di casa e di benessere cresce dentro di me, facendomi sorridere e lasciarmi andare alle sue carezze.

Ammore scumbinato; Paulo DybalaWhere stories live. Discover now