#quattro #giulia

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«Urla, maledetta!»

Nessun suono. Né tantomeno urlo. Tutto pare immerso in uno stato di afonia distribuita.

«Urla brutta figlia di puttana se vuoi che non ti tagli la gola!»

Silenzio che continua a espandersi sulle tracce di un'entità entropica non ancora definita.

Giulia osserva la tela.

La donna sulla tela osserva Giulia.

Un urlo fatto di silenzio. Un silenzio in grado di inghiottire un urlo straziante emesso da una mente instabile.

Giulia si passa la mano sulla fronte, dando vita a una striscia rosso porpora che le riempie i pori della pelle con agenti chimici in grado di avvelenarle il sangue.

Rosso porpora.

Veleno.

Urlo.

Idea.

Rapporto di causa effetto.

Giulia recupera il pennello dalla tavolozza. «Un'ultima dose di veleno stronza.» Sussurra, poi con un gesto rapido e preciso va a tracciare una linea alla base del collo della donna. Una linea in grado di squarciarle il collo. Una linea capace di separare la vita dalla morte.

«Ti avevo avvertita.»

Giulia si concede un paio di passi all'indietro. La tela rimane ferma al suo posto. Fissata al cavalletto. La donna sgozzata continua a fissarla nonostante sia già morta.

«Ti avevo avvertita.» Ripete Giulia, che poi aggiunge. «Donna avvisata...» Ma la frase viene interrotta dal suono del cellulare.

Notifica di messaggio.

«Ero convinta di averlo spento, quel cazzo di aggeggio.» Commenta Giulia «Sei stata tu a riaccenderlo?» Chiede alla donna immortalata sulla tela.

Nessuna risposta.

«Sei stata tu a riaccenderlo?»

Di nuovo nessuna risposta.

Giulia getta in terra il pennello che una volta raggiunta la superficie del pavimento, genera una macchia rosso porpora dal profilo molto simile a quello di una piccola esplosione nucleare vista dall'alto.

Il laboratorio è un vero e proprio casino. Ci sono tele e colori sparsi dappertutto. Quadri incompiuti. Disegni solo abbozzati. Giochi di colore che hanno il potere di far perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Una sorta di mondo parallelo generato da un'implosione cromatica di natura anarchica.

Giulia la visionaria.

Giulia la maga del colore.

Giulia la pazza.

Il led di notifica del cullare emette il suo richiamo periodico fatto di luci e ombre.

Leggimi. Leggimi. Leggimi.

Una litania dal fronte sinusoidale che si propaga tra le onde visive fatte di mille colori, in grado di dettar legge all'interno del laboratorio.

Giulia si avvicina. Poi si blocca a circa un metro dal telefono.

Non ti leggerò. Non ti leggerò. Non ti leggerò.

La sua mente cerca di opporre resistenza, come se uno strano presentimento le si fosse materializzato nella mente.

Leggimi. Leggimi. Leggimi.

Il richiamo del telefono assume i tratti di una spirale psichedelica che va a colpire le sinapsi del cervello di entrambe le donne. Giulia e la donna sgozzata sulla tela. Se fossi in te non lo leggerei. Le sussurra la donna morta.

Giulia chiude gli occhi.

Fottiti!

Ora più che mai convinta di fare ciò che sa di non dover fare, ma che farà solamente per zittire la stronza sulla tela, Giulia recupera il telefono dal tavolo. Le sue dite sporche di colore vanno a violentare i sensori di contatto dello schermo retina, e un attimo più tardi, i suoi occhi vengono rapiti da una successione di parole che non trovano alcun riscontro con il mondo reale.

Ma che cos'è davvero reale?

Reale è ciò che può uscire da una tela e acquisire le due dimensioni mancanti.

Z e T.

Terza dimensione spaziale e tempo.

Einstein Docet.

Ammesso e non concesso che le dimensioni siano davvero solamente quattro. Ammesso e non concesso che tutta la stramaledetta faccenda non si riduca solamente nell'individuazione di una matrice tetradimensionale in grado di rappresentare gli alti e i bassi di una vita.

Giulia osserva la data.

Sorride.

«Tutto qui?»

Nessuna risposta.

Così come il pennello, anche il cellulare ritrova la superficie del tavolo, sfidando suo malgrado le leggi della gravitazione universale, con l'aggiunta di urti anelastici. Un'equazione per nulla banale da risolvere.

«Tutto qui?» Ripete Giulia ad alta voce.

Questa volta però è lei quella che viene colta di sorpresa.

«Proprio così stronzetta...» Recita la voce «...tutto qui.»

Giulia si gira in direzione della tela.

La donna (morta) sta ridendo, mentre la linea rossa che le ha squarciato la gola poco prima, ora non c'è più. La donna sulla tela ora è viva e vegeta.

«Tutto qui.» Ripete accentuando il sorriso oltre il limite consentito dai confini del viso.

Giulia la pazza urla.

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