#ventotto #newborn#inutero

72 14 1
                                    


Magia.

Tutto è successo in una frazione di secondo, e ora si ritrova di nuovo al calduccio. Protetto da quel mondo esterno che, anche se per un periodo di tempo relativamente breve, non gli ha regalato altro che sofferenze. E' una sensazione magnifica. Nutrimento che torna ad alimentare ogni atomo del suo corpo tramite un collegamento diretto con colei che lo aveva abbandonato.

Non è lei.

Gli suggerisce qualcuno.

Sono loro.

"Loro chi?" Vorrebbe ribattere, ma in fondo la questione è di scarsa importanza. Lei oppure Loro non cambia granché. Quello che conta, è che tutto ciò che gli era stato tolto con violenza e senza troppi convenevoli, ora è tornato al suo posto. Magari non esattamente nella stessa configurazione, ma comunque in una situazione di gran lunga migliore di quanto non lo sia stata negli ultimi minuti. Non c'è più ragione di piangere. Non c'è più ragione di attirare l'attenzione di qualcuno. Tutto ciò che vale la pena di fare ora, è continuare a fluttuare. Sì, proprio così, fluttuare. Un parolone con coefficiente di difficoltà molto elevato per un neonato (ora) non ancora nato.

Il fu un neonato.

Il bambino prima messo al mondo, e poi tornato tra le calde mura di casa per ritentare il miracolo della nascita. Ma come spesso accade in questi casi, casi nei quali si tenta un "qualcosa bis", non tutto va per il verso giusto come in occasione della prima esperienza.

Ancora una volta tutto accade improvvisamente. Una delle pareti della sua confortevole casetta gli finisce addosso. Difficile descrivere come possa essere accaduto. Un attimo prima tutto andava a meraviglia, poi è come se lo spazio vitale all'interno del suo piccolo mondo, si fosse contratto. Proprio così. Contratto. Ancora una volta una parola difficile che tuttavia descrive in maniera perfetta la situazione.

Contrazione uterina.

Non esageriamo. Questa padronanza linguistica, non gli appartiene per nulla. E come potrebbe del resto?

Ora la sua fa faccia è schiacciata contro la parete dell'utero. Fa male. Senza darsi per vinto, tenta di riappropriarsi del suo spazio.

Hai già vissuto tutto questo.

La solita voce impicciona.

E se anche fosse? Il fatto (seppur contestabile) di aver già vissuto questi momenti, dovrebbe in qualche modo garantirgli uno stato di non sofferenza? No. Non funziona così. Non è che se prendi un pugno sul naso per la seconda volta, questa risulti meno dolorosa della prima. Provare per credere.

Creando uno schermo protettivo fatto di mani e piedi, spinge lontano la parete deforme dell'utero. Dapprima questa oppone resistenza, poi si allontana dalla sua faccia. In quel preciso istante, percepisce dolore. Un dolore non associabile a una qualsiasi parte del suo corpo, ma piuttosto a qualcosa di distribuito su tutto ciò che gli sta intorno. Tutto ciò che lo contiene.

Attento, così farai male a tutte e due!

Senza far troppo caso al commento fuori campo, continua a estendere braccia e gambe fino al massimo consentito, riappropriandosi, anche se a piccoli passi, del proprio spazio vitale. Sono forse urla quelle che sente provenire dall'esterno? Difficile dare una risposta.

Lo senti? Soffrono di felicità.

La vuoi piantare!

Chi delle due hai scelto?

Non so di cosa tu stia parlando.

Solamente una delle due potrà...

Stufo di questo pseudo-dialogo, si rigira su un fianco, cercando di isolare se stesso da tutto. Un tutto che, suo malgrado, si trova alle prese con il nulla.

Reset TotaleDonde viven las historias. Descúbrelo ahora