#ventisei #anna#contraction#1

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Il dolore al basso ventre la colpisce con violenza e in maniera del tutto inaspettata. Anna si lascia scappare il martello di mano, che cadendo in terra produce un rumore sordo in grado di amplificare ancora di più il suo disagio. Al momento la scultura rivela piedi, gambe e una piccola parte del bacino di un neonato. Il tutto è ancora piuttosto grezzo, come se l'artista avesse voluto prima creare una base su cui sviluppare la propria visione, per poi ritornare in un secondo momento a curare i dettagli con la dovuta attenzione.

Anna si porta la mano sulla pancia. Si piega in avanti. La sua pelle viene contaminata da gocce di sudore che si moltiplicano alla velocità della luce, e he altrettanto velocemente si gettano in caduta libera nel vuoto, andando a morire sulla superficie del pavimento senza lasciar traccia di sé.

«Oh cazzo!» Esclama.

Il dolore cresce di intensità, raggiungendo picchi mai provati in precedenza. E' come se qualcosa dentro di lei la stesse dilaniando a morsi.

«E solo l'inizio, mia cara.»

Anna alza lo guardo verso Mister G. che ancora una volta non è altro che una voce.

«L'ini-zio di c-cosa?» Riesce a malapena a sussurrare.

«L'inizio.» Ribatte Mister G. con un tono che rende evidente ciò che di evidente non c'è.

Nel frattempo Anna è in ginocchio e sta utilizzando lo scalpello come sostegno.

«Questa è la fine.» Bisbiglia.

«Ti sbagli mia cara. Questa non è per nulla la fine.» Mister G. si concede una pausa durante la quale Anna continua a soffrire in silenzio. «Fa molto male?»

«Tu che dici?»

«Bene.»

«Bene?! E' tutto quello che sai dire? Un merdosissimo bene?!»

«Se fa molto male, allora vuol dire che siamo già a buon punto.» Commenta Mister G. senza prestare troppa attenzione alle parole di Anna. «Se fa molto male, allora vuol dire che devi terminare il lavoro il prima possibile.»

«Il lavoro?» Anna chiude gli occhi cercando di attraversare indenne un nuovo picco di dolore. «Che diavolo vai blaterando?»

«Termina il bambino.» Ordina Mister G.

Non appena l'eco di quelle parole si spegne a fuoco lento nella mente di Anna, lei comprende il significato di quello che le sta accadendo. La ragazza alza lo sguardo, poi si porta una mano sulla fronte e con un gesto sofferto, rimuove la patina di sudore che la ricopre.

«Non vorrai dirmi che...»

«Oh sì, è proprio quello ti sto dicendo.»

«Cazzo.»

«Mi aspettavo qualcosa di più profondo, tuttavia mi accontento.»

Nel frattempo il dolore sembra essersi parzialmente attenuato. Anna tira su con il naso, poi con movimenti calcolati cerca di rimettersi in piedi. L'operazione le riesce anche perché, così come sono arrivati, i dolori stanno svanendo nel nulla.

«Contrazioni.» Sussurra.

«Esatto mia cara, contrazioni.»

Anna recupera il martello dal pavimento, poi si avvicina di nuovo al blocco di marmo.

«Contrazioni.» Ripete.

Un secondo più tardi lo scalpello è di nuovo a contatto con un punto ben definito del monolite dal quale sta nascendo una nuova vita.

La mano destra si alza verso il cielo.

Anna colpisce con violenza.

Il travaglio è in atto.

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